tag:blogger.com,1999:blog-80991313662661963232023-11-15T14:40:42.718+01:00Pillole di Scienza<i>« L'unico scopo della scienza è l'onore dello spirito umano »</i><br>Carl Jacobialdoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.comBlogger51125tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-36116955737277979982019-07-15T17:19:00.020+02:002011-12-29T08:18:31.220+01:00Presentazione<p align="right"><i><a href="#100">(vai alla cronologia degli argomenti trattati)</a></i></p><b>Un approccio inusuale</b><br /><br />In rete è frequente trovare testi di divulgazione scientifica a livello molto elementare, oppure articoli rigorosi che spesso diventano molto difficili da leggere: per "eccesso di matematica", o perché approfondiscono molto i dettagli facendo perdere la visione d'insieme.<br /><br />Per un autodidatta come me, i due generi di articoli di cui sopra sono un po' frustranti: mi capita di leggere solo cose che so già, oppure di imbattermi in articoli che mi risultano assolutamente ostici per la loro difficoltà.<br /><br />La mia passione per la scienza ormai dura da vari decenni, e sempre più mi colpisce la grandezza intellettuale dei personaggi che l'hanno esplorata. Mi vengono in mente nomi noti come Galileo o Newton, ma anche meno noti come Thomas Young o Otto von Guericke. Soprattutto trovo interessanti le interazioni fra questi personaggi, e scoprire come certe idee si sono sviluppate nel tempo, qualche volta nel corso di vari secoli.<br /><br />Scrivo i miei articoli assecondando il mio modo di godere della scienza: cercando di unire il rigore alla completezza, il contesto storico alla presentazione dei personaggi notevoli. Ma senza inoltrarmi in troppa matematica: solo il minimo indispensabile! <br /><br /><i>Aldo Cavini Benedetti</i><br /><br />---------------------------------------------------------------------------------<br /><br /><a name="100"></a><b>Cronologia degli argomenti trattati</b><br /><br /><b>29 dicembre 2011</b>: Aggiunta <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/moltiplicazione.html#100">qui</a> la moltiplicazione con la tecnica del "raddoppio".<br /><br /><b>30 luglio 2011</b>: Iniziata la sistemazione della <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/12/geometria-classica.html">Geometria Classica</a>, in parte già pubblicata altrove sul web.<br /><br /><b>22 luglio 2010</b>: Una panoramica della teoria degli insiemi, con particolare riguardo agli insiemi infiniti, i <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/numeri-transfiniti.html">numeri Transfiniti</a> e l'ipotesi del Continuo. Da non perdere le notizie storiche!<br /><br /><b>19 luglio 2010</b>: <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/collana-democrito.html">La collana di Democrito</a>. Ovvero: quanto è piccolo un atomo? <br /><br /><b>16 luglio 2010</b>: una storia dell'<a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/aritmetica.html">aritmetica</a>, dall'antichità alla scoperta dei numeri irrazionali e complessi. Questa storia è completata con la spiegazione dei logaritmi e del loro uso più clamoroso: il Regolo Calcolatore.<br /><br /><b>05 luglio 2010</b>: un'esposizione sistematica dell'<a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/ottica-unesposizione-informale.html">ottica classica</a> e dei fenomeni legati alla luce, a partire dai miti degli antichi per finire alle scoperte dell'inizio del XIX secolo. Per il momento non mi inoltro nell'elettromagnetismo e nelle teorie moderne come la Relatività o la teoria Quantistica, che pure occorrerebbe citare: saranno oggetto di pubblicazioni future.aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-27057121512664836412011-09-11T08:32:00.011+02:002017-12-15T15:10:30.799+01:00Euclide: Il Quinto Postulato<a name="index"></a><b>Sommario:</b><br /><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/12/geometria-classica.html">+ Elementi di Euclide: Riga e Compasso</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2011/08/euclide-punti-linee-e-superfici.html">+ Euclide vs. Hilbert: Punti, Linee e Superfici</a><br /><a href="#100">– Euclide: il Quinto Postulato</a><br /> <i><a href="#100">Cenni storici</a></i><br /> <i><a href="#200">Tre ipotesi</a></i><br /> <i><a href="#300">Tempi moderni</a></i><br /> <i><a href="#400">Dunque?</a></i><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2011/07/euclide-costruzioni-elementari.html">+ Elementi di Euclide: Costruzioni elementari</a><br /><br />In questo capitolo mi occupo delle idee che si sono succedute nei secoli a proposito del Quinto Postulato di Euclide, a partire dai (vani) tentativi per dimostrarlo, all'investigazione di ciò che sarebbe accaduto provando a negarlo, fino alla creazione di quelle che vengono chiamate Geometrie non Euclidee (delle quali fornirò qualche accenno). Ma prima di cominciare, è bene ripetere il testo di Euclide:<br /><blockquote><i>Se una retta (<b>c</b> nel disegno sotto) taglia altre due rette (<b>a</b> e <b>b</b>) determinando dallo stesso lato angoli interni (indicati in rosso) la cui somma è minore di quella di due angoli retti, prolungando le due rette, esse si incontreranno dalla parte dove la somma dei due angoli è minore di due retti.</i></blockquote><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4061190638/"><img alt="Parallele" height="194" src="https://farm3.static.flickr.com/2759/4061190638_4d416cb097.jpg" width="500"></a><br /><a name="100"></a><b>Cenni storici</b><br /><br />Fra tutte le Definizioni, i Postulati e le Nozioni Comuni di Euclide, questo Quinto Postulato è di gran lunga il più complesso: il suo enunciato infatti sembrerebbe più adatto a un Teorema (o Proposizione) che di un Assioma; ma se fosse un Teorema, dovrebbe poter essere "dimostrato": e su questo i matematici di tutti i tempi si sono accaniti con tutte le loro forze. Euclide stesso avrebbe preferito poterlo ricavare dagli altri postulati; ma non riuscendoci, e avendo bisogno di questa "verità" per dimostrare alcuni dei teoremi che costituiscono i suoi Elementi, decise (provvisoriamente?) di dargli il crisma di "postulato", cioè di verità assoluta.<br /><br />Nel corso dei secoli i matematici (greci, arabi, rinascimentali) si sono sempre occupati di questo postulato, in qualche caso sostituendolo con altri (anche se si dimostra che queste nuove formulazioni sono sempre equivalenti a quella di Euclide, cioè consentono tutte di giungere alle stesse conclusioni). Ecco la prima, che ci ricorda la faccenda delle rette parallele tagliate da una trasversale che abbiamo studiato a scuola:<blockquote><i>Date due rette parallele tagliate da una trasversale, la somma dei due angoli coniugati interni (indicati in rosso nel disegno sotto) è pari ad un angolo piatto.</i></blockquote><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4078708432/"><img alt="Parallele2" height="107" src="https://farm4.static.flickr.com/3428/4078708432_264bca5fa5.jpg" width="500"></a><br />Ma questo enunciato coincide con la Proposizione 29 del libro I degli Elementi di Euclide: in effetti, Euclide dimostra la Proposizione 29 a partire dal suo Quinto Postulato, mentre altri matematici preferiscono dimostrare il Quinto Postulato partendo dalla Proposizione 29, semplicemente scambiando i ruoli fra il Postulato e il Teorema.<br /><br />A proposito: abbiamo appena visto comparire il termine "parallela". Per i discorsi che seguono, ci atterremo alla seguente definizione:<br /><blockquote><b>Parallele</b>: <i>due rette nel piano che non si intersecano in nessun punto.</i></blockquote>La formulazione forse definitiva del quinto postulato di Euclide è dovuta allo stesso David Hilbert che ha scritto i suoi <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2011/08/euclide-punti-linee-e-superfici.html#200">Fondamenti di Geometria</a>. Eccola:<blockquote><i>Data una qualsiasi retta <b>a</b> ed un punto <b>P</b> non appartenente ad essa, è possibile tracciare per <b>P</b> una ed una sola retta parallela (in rosso nel disegno sotto) alla retta <b>a</b> data.</i></blockquote>In realtà si tratta di due affermazioni insieme: quando dice che di rette è possibile tracciarne <i>"una"</i>, postula che questa retta esiste; quando dice <i>"e una sola"</i>, postula che non possono essere più di una. Di queste due affermazioni, quella che ha valore di Assioma (o Postulato) è solo la seconda: la prima (di esistenza) si riesce a ricavare dagli altri suoi Assiomi. Hilbert stesso spiega la cosa nel seguente modo:<br /><br />Dal punto P si tracci una linea trasversale che intersechi la retta r in qualsiasi punto A. Si costruisca un angolo in P uguale a quello formato fra la retta r e la trasversale: la retta che si ottiene sarà senz'altro parallela alla retta r data.<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6131925429/" title="Parallele Hilbert 1 di aldoaldoz, su Flickr"><img src="https://farm7.static.flickr.com/6179/6131925429_a89a18490c_o.gif" width="500" height="117" alt="Parallele Hilbert 1"></a><br />Se così non fosse, allora la nuova retta dovrebbe intersecare la retta r in un qualche punto: diciamo nel punto B. Si trovi allora il punto C tale che la distanza PB sia uguale ad AC, e si congiungano i punti P e B.<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6132473040/" title="Parallele Hilbert 2 di aldoaldoz, su Flickr"><img src="https://farm7.static.flickr.com/6176/6132473040_36f46464ea_o.gif" width="500" height="118" alt="Parallele Hilbert 2"></a><br />I due triangoli PAB e PAC sono congruenti, in quanto hanno il lato PA in comune, i lati BP e AC anch'essi congruenti, come pure sono congruenti (per costruzione) gli angoli compresi fra dette coppie di lati (PAC e APB, indicati in azzurro).<br /><br />Ora gli angoli in A (indicati in verde e in azzurro) sono supplementari; e per via della congruenza fra i triangoli, gli angoli corrispondenti in P saranno anch'essi supplementari. Ma quando due angoli sono supplementari e consecutivi, determinano un angolo piatto: quindi i due segmenti BP e PC dovrebbero essere allineati, e dovrebbero fare quindi parte di un'unica linea retta. Ma è impossibile che due rette distinte si intersechino in due punti diversi, B e C!<br /><br /><i>Questa costruzione potrebbe sembrare del tutto superflua, dato che basta un'occhiata per rendersi conto che c'è qualcosa che non va. Bisogna considerare però che il punto B di "intersezione fra le parallele" potrebbe trovarsi anche a una distanza enorme dal punto A; e a questo punto una semplice occhiata non sarebbe più sufficiente.</i> <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="200"></a><b>Tre ipotesi</b><br /><br />Il problema del quinto postulato di Euclide può essere affrontato in un altro modo, mettendolo sotto forma di domanda: <blockquote><i>Data una retta r ed un punto P fuori di essa, quante rette si possono tracciare che siano parallele a r e passanti per P?</i></blockquote>Le ipotesi possibili sono tre:<br /><br />[a] — una ed una sola (come nel caso descritto sopra).<br />[b] — nessuna.<br />[c] — infinite (vedi disegno sotto):<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4080075954/"><img alt="Parallele4" height="103" src="https://farm3.static.flickr.com/2466/4080075954_7a0ef1da43.jpg" width="500"></a><br /><br />Se fosse vero che le due linee segnate di rosso sono entrambe parallele alla retta r (nel senso di non incontrarla), allora sarebbe parallela anche qualsiasi altra retta passante per P che cada all'interno della zona grigia. <i>Nota: di fatto nel disegno sopra le linee rosse <i>non</i> incontrano quella nera, perché l'area visualizzata è limitata a destra e a sinistra (cioè non è infinita): la difficoltà nell'affrontare il tema delle parallele risiede proprio nel fatto che qualsiasi ragionamento in proposito deve comprendere il concetto di infinito.</i><br /><br />L'ipotesi [a], una e una sola parallela, è ovviamente equivalente all'Assioma delle Parallele di Euclide / Hilbert. Ma le altre due? Molti hanno cercato di dimostrarne la condraddittorietà (se ci fossero riusciti avrebbero ottenuto una dimostrazione cosiddetta "per assurdo"). Ma neanche questa via ha portato ai risultati sperati. <br /><br />Un personaggio notevole è Giovanni Girolamo Saccheri (1667-1733), un gesuita che insegnò filosofia, teologia e soprattutto matematica in vari collegi del suo ordine. Egli volle dimostrare per assurdo il famoso postulato, partendo dal quadrilatero che porta il suo nome:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4082750156/"><img alt="Saccheri" height="192" src="https://farm3.static.flickr.com/2505/4082750156_1354851a88.jpg" width="500"></a><br /><br />Il quadrilatero di Saccheri ha due lati opposti <b>a</b> e <b>b</b> di uguale lunghezza, entrambi perpendicolari al lato <b>c</b>. Saccheri prende in esame tre ipotesi sugli altri due angoli (indicati in verde), ossia quelli opposti ai due costruiti retti:<br /><br />[a] — Gli angoli sono entrambi retti (ciò equivale ad accettare il V postulato)<br />[b] — Gli angoli interni sono entrambi ottusi (in questo modo si nega il V postulato)<br />[c] — Gli angoli interni sono entrambi acuti (anche in questo modo si nega il V postulato).<br /><br />Saccheri riesce a dimostrare correttamente che l'ipotesi degli angoli ottusi è falsa (più o meno con lo stesso procedimento con cui Hilbert dimostra che almeno una parallela deve esistere); per quanto riguarda invece l'ipotesi degli angoli acuti, non riuscì nell'intento: ottenne una dimostrazione che lui stesso riteneva debole, e infatti successivamente ne è stata dimostrata l'inconsistenza. Ma i suoi studi sulle conseguenze della negazione del quinto postulato lo portarono a dimostrare, contro le sue intenzioni, una serie di teoremi che appartengono a sviluppi molto più moderni, riguardanti proprio le Geometrie non Euclidee (di cui mi occupo nei prossimi capitoli). <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="300"></a><b>Tempi moderni</b><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6134978913/" title="Carl Friedrich Gauss di aldoaldoz, su Flickr"><img src="https://farm7.static.flickr.com/6074/6134978913_a493457fe3_m.jpg" width="187" height="240" alt="Carl Friedrich Gauss"></a><br /><br />A cavallo fra '700 e '800 diventava più "di moda" che mai cercare la dimostrazione del quinto postulato. Carl Friedrich Gauss (1777-1855, nel ritratto), uno dei più importanti matematici di tutti i tempi, se ne era occupato a partire dai quindici anni di età (!). Nel corso degli anni era passato dalla convinzione della sua validità alla comprensione che geometrie basate sulla sua negazione potevano essere coerenti; però tenne queste considerazioni per sé stesso, senza comunicarle a nessuno. Anche perché...<br /><br />... il mondo scientifico dell'epoca era sotto il potente influsso di Immanuel Kant (1724-1804) e della sua "Critica della ragion pura". In questo trattato, Kant parla della geometria come di qualcosa che esiste "a priori", cioè ha leggi proprie che non dipendono dall'esperienza, quindi immutabili e assolute. Anni prima Isaac Newton (1643-1727), nei suoi "Principa Mathematica", aveva invece scritto che la geometria era "quella parte della meccanica universale che propone e dimostra l'arte di misurare accuratissimamente", quindi scaturirebbe dall'esperienza più che essere una verità esistente a priori. Anche Gauss la pensa come Newton, ma sa benissimo che molti scienziati e soprattutto filosofi del XIX secolo avrebbero preso per pazzo chiunque sostenesse che esistono geometrie diverse da quella euclidea, proprio per via delle tesi di Kant (a quei tempi andava di moda dire che negare i postulati di Euclide era <i>"commettere un crimine contro l'intelligenza"</i>...). Proprio a proposito di questi signori, in relazione ai suoi studi nella geometria non euclidea, Gauss scrive in una lettera del 1829:<blockquote><i>... non mi deciderò ancora per molto tempo a elaborare per una pubblicazione le mie molto estese ricerche sull'argomento, e ciò forse non avverrà mai durante la mia vita, perché temo le </i>strida dei beoti<i>, qualora volessi completamente esprimere le mie vedute…</i></blockquote>Gauss aveva un amico ungherese, Farkas Bolyai (1775-1856), che aveva dedicato gran parte della sua vita a cercare di dimostrare il quinto postulato. Il figlio di Bolyai, János (1802-1860), si interessò anch'egli all'argomento, tant'è che il padre gli scrisse:<blockquote><i>Per amor del cielo, ti imploro di desistere dal tentativo. Il problema della parallele è una cosa da temere ed evitare non meno delle passioni dei sensi, poiché anch'esso può rubarti tutto il tuo tempo e privarti della salute, della serenità di spirito e della felicità.</i></blockquote>Come spesso accade, i figli non danno ascolto alle raccomandazioni dei padri; e infatti János prosegue le sue ricerche giungendo alla conclusione che il postulato non è dimostrabile e che diverse geometrie coerenti possono essere costruite sulla sua negazione. Scrisse al padre: <i>"Dal nulla ho creato un altro, nuovo universo"</i>. Tra il 1820 e il 1823 preparò un trattato su un sistema completo di geometria non euclidea, che fu pubblicato nel 1832 come appendice ad un libro di testo di matematica del padre, con il nome "Appendice che espone in maniera assoluta la vera scienza nello spazio".<br /><br />Gauss, dopo aver letto quest'appendice, scrisse all'amico Farkas dicendo: <i>"Stimo questo giovane geometra Bolyai un genio di prim'ordine"</i>; ma aggiunse che non avrebbe potuto lodare pubblicamente questo lavoro perché questo sarebbe equivalso a... lodare se stesso, dal momento che lui era arrivato alle stesse conclusioni da molti anni! Il povero János ci rimase malissimo, vedendo sfumare la possibilità di vedersi riconosciuto il merito di queste scoperte. Per giunta...<br /><br />... negli anni 20 del XIX secolo Nikolaj Lobačevskij (1792-1856) stava compiendo studi sugli stessi argomenti. Anche lui, cercando di dimostrare il postulato delle parallele, arriva invece a costruire un'armoniosa struttura geometrica, assolutamente priva di contraddizioni; e la sua architettura risulta essere più organica e completa di quella del Bolyai. La prima pubblicazione di questi risultati da parte di Lobačevskij precedette quella di Bolyai: ecco com'è che proprio Lobačevskij è considerato il "Copernico della geometria", ovvero colui che scardinò definitivamente la "verità assoluta" della geometria euclidea... con buona pace dei kantiani!<br /><br />Gauss venne a conoscenza anche dei lavori di Lobačevskij, e lo elogiò ripetutamente... ma solo in privato. Per via della sua paura delle <i>strida dei beoti</i> e dell'avversione di essere trascinato in sterili polemiche, omise di sponsorizzare i lavori di questi due matematici; se lo avesse fatto, le teorie di Bolyai e Lobačevskij si sarebbero diffuse molto più velocemente... insomma alla fine il riconoscimento del loro lavoro è sì arrivato, ma postumo! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="400"></a><b>Dunque?</b><br /><br />Dunque il Quinto Postulato di Euclide si è rivelato essere proprio... un Postulato! È un enunciato che <i>definisce</i> il modo in cui gli enti geometrici (punti, linee) interagiscono fra loro: la sua negazione dà luogo a mondi diversi, ma sicuramente coerenti.<br /><br />Torniamo un momento alla due concezioni antitetiche di Kant e Newton riguardo alla geometria. Secondo Kant la geometria è qualcosa che esiste a priori, ed è governata da leggi immutabili e assolute; per Newton invece la geometria scaturirsce dall'esperienza. Alla fine, chi ha ragione?<br /><br />Nel 1870, parlando dei principi della geometria, Hermann von Helmholtz (1821-1894) si esprime così:<blockquote><i>Immaginiamo che esistano esseri dotati di ragione, bidimensionali, viventi e moventisi sulla superficie di uno dei nostri corpi solidi. Ammettiamo che essi non possano percepire alcunché fuori da questa superficie. Se tali esseri costruissero la loro geometria, attribuirebbero naturalmente al loro spazio due sole dimensioni. Se essi vivessero sulla superficie di una sfera, formulerebbero un sistema di postulati assolutamente diverso da quelli che potrebbero formulare esseri viventi sul piano, o da noi che viviamo in uno spazio a tre dimensioni.</i></blockquote>Henri Poincaré (1854-1912) fa un esempio, che cerco di esprimere così: ammettiamo che il mondo sia un disco in cui la temperatura è massima al centro e diminuisca fino allo zero (assoluto) verso la periferia; se il materiale di cui è fatto il disco si dilata in maniera proporzionale alla temperatura, avremo dimensioni dilatate al centro, e ridotte a zero al bordo. Se su questo disco si muovessero esseri bidimensionali come ipotizzato da Helmholtz, e se essi variassero di temperatura a seconda dei loro spostamenti sul disco, ingrandendosi e rimpicciolendo di conseguenza, avremmo due modi diversi di vedere questo strano mondo: per noi si tratterebbe di un semplice disco; per i suoi abitanti il mondo sarebbe infinito, perché via via che si spostano verso il bordo diventano più piccoli, e questo bordo per loro si allontana sempre più. <br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4092745550/" title="Strani mondi... di aldoaldoz, su Flickr"><img src="https://farm3.static.flickr.com/2798/4092745550_cf49d82b71.jpg" width="500" height="407" alt="Strani mondi..."></a><br /><i>Quest'immagine è stata ottenuta a partire dalla litografia "Limite del Cerchio III" di Maurits Cornelis Escher (1989-1972), che si è ispirato proprio al lavoro di Poincaré:</i><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4052782363/" title="Limite del cerchio III di aldoaldoz, su Flickr"><img src="https://farm4.static.flickr.com/3513/4052782363_974bbaf9c1_m.jpg" width="240" height="240" alt="Limite del cerchio III"></a><br /><br />Come vediamo, ci si allontana sempre di più dalla concezione euclidea e kantiana di uno spazio esistente a priori, per definire vari tipi di spazio secondo "convenzioni" diverse a seconda delle necessità. Questo concetto è stato espresso da Poincaré: <i>Gli assiomi della geometria non sono né giudizi sintetici né fatti sperimentali: sono convenzioni.</i><br /><br />Per Poincaré la scelta fra tutte le convenzioni possibili <i>è guidata da fatti sperimentali, ma resta libera ed è limitata solo dalla necessità di evitare contraddizioni</i>. La domanda sulla verità della geometria euclidea per lui non ha senso: <i>sarebbe come chiedersi se il sistema metrico è vero e gli antichi sistemi di misura falsi...</i>. Insomma non è il criterio della verità che ci deve orientare: <i>una geometria non può essere più vera di un'altra, può essere solo più comoda</i>. <br /><br />Non c'è dubbio che la geometria euclidea sia per noi la più semplice e si accordi bene con la nostra esperienza; ma per spiegare il mondo che ci circonda questa geometria non è sufficiente: gli sviluppi più clamorosi dello studio di geometrie non euclidee convergeranno in una teoria fondamentale come la Relatività generale di Einstein!<br /><br />La perdita di "intuitività" della geometria in un certo senso va di pare passo con la sua "assiomatizzazione": i fondamenti della Geometria di Hilbert iniziano con una frase di Kant:<blockquote><i>Ogni conoscenza umana parte da intuizioni, procede attraverso concetti e culmina in idee.</i></blockquote> che però Hilbert ribalta completamente. I risultati della geometria del XIX secolo, a partire dalla crisi della geometria non euclidea, impongono infatti di abbandonare il livello empirico-intuitivo tipico della geometria classica: punti, rette e piani sono semplicemente <i>elementi di insiemi dati</i>; a tale proposito Hilbert dirà che, <i>al posto di punti, rette e piani, si potrebbe parlare di bicchieri, calici e boccali di birra</i>... <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br />aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-21928946578257015692011-08-06T07:01:00.023+02:002011-09-11T08:45:07.148+02:00Euclide vs. Hilbert: Punti, Linee e Superfici<a name="index"></a><b>Sommario:</b><br /><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/12/geometria-classica.html">+ Elementi di Euclide: Riga e Compasso</a><br /><a href="#100">– Euclide vs. Hilbert: Punti, Linee e Superfici</a><br /> <i><a href="#200">Hilbert: i Fondamenti della Geometria</a></i><br /> <i><a href="#300">Non solo Postulati: le Nozioni Comuni</a></i><br /> <i><a href="#400">Assiomi di Congruenza</a></i><br /> <i><a href="#500">Incongruenze?</a></i><br /> <i><a href="#600">Il nocciolo della questione</a></i><br /> <i><a href="#700">Euclide: la coerenza logica degli Elementi</a></i><br /> <i><a href="#800">Euclide: la Nozione Comune 8 del Libro I</a></i><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2011/09/euclide-il-quinto-postulato.html">+ Euclide: il Quinto Postulato</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2011/07/euclide-costruzioni-elementari.html">+ Elementi di Euclide: Costruzioni elementari</a><br /><br /><a name="100"></a><b>Definizioni</b><br /><br />Nel <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/12/geometria-classica.html">capitolo precedente</a> abbiamo visto alcune Definizioni e Postulati, presenti nel Libro I degli Elementi di Euclide, che specificano il modo d’uso degli strumenti con cui viene identificata la Geometria Classica: la Riga e il Compasso (anche se in realtà Euclide non nomina mai questi strumenti meccanici, dato che si limita a parlare di Linee e di Cerchi).<br /><br />Torniamo ancora su alcune di queste Definizioni:<br /><br />[d. 1] — <i>Un punto è ciò che è privo di parti.</i><br /> <br />[d. 4] — <i>La retta è quella linea che giace sui suoi punti in modo uniforme.</i><br /><br />[d. 7] — <i>Superficie piana è quella che giace ugualmente rispetto alle sue rette.</i><br /><br />Abbiamo già sottolineato al capitolo precedente come queste non siano definizioni facilmente comprensibili. Certo, sono state scritte più di duemila anni fa: proviamo allora a vedere come se la cavano i matematici moderni.<br /><br />Ebbene, anche la Geometria moderna parte da alcune definizioni, o <i>Concetti Primitivi</i>; ma di questi, non viene data nessuna definizione. Infatti se <i>definire</i> significa costruire un nuovo concetto a partire da concetti precedenti già definiti, il continuo <i>tornare all’indietro</i> verso concetti che siano precursori di ciò che vogliamo definire dovrà prima o poi arrestarsi da qualche parte, ovvero su qualcosa che non potrà più essere a sua volta definito.<br /><br />I matematici moderni quindi <i>non definiscono</i> gli enti geometrici primitivi su cui vanno a lavorare, ma definiscono il loro <i>funzionamento</i> attraverso alcuni postulati, o assiomi, che li collegano fra loro. A proposito, prima di andare avanti, sarà forse meglio richiamare il significato delle seguenti parole:<br /><br />Definizione — <i>spiegazione delle qualità essenziali di qualcosa.</i><br /><br />Postulato — <i>enunciato che, pur non essendo dimostrabile, è considerato vero.</i><br /><br />Nozione Comune — <i>verità considerata evidente per se stessa, ovvero che non ha bisogno di dimostrazione.</i><br /><br />Assioma — <i>termine usato per definire sia i Postulati che le Nozioni Comuni. Come vedremo, la distinzione di Euclide fra Postulati e Nozioni Comuni è stata abbandonata dai matematici moderni, che parlano semplicemente di Assiomi.</i><br /><br />Proposizione o Teorema — <i>Risultato matematico dimostrabile sulla base di altre proposizioni precedentemente già dimostrate o assunte come vere.</i><br /><br />Nota: In matematica, quando si ha la trattazione di un argomento che si basa su un insieme di Assiomi, al quale fanno seguito tutti i teoremi che ne derivano, si parla di <i>Teoria Assiomatica</i>. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="200"></a><b>Hilbert: i Fondamenti della Geometria</b><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4817011133/" title="David Hilbert di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4123/4817011133_c6fc83043f_t.jpg" width="74" height="100" alt="David Hilbert"></a><br /><br />David Hilbert (1862 - 1943), nei suoi fondamentali "Fondamenti di Geometria" del 1899 (scusate il bisticcio!), inizia infatti così:<blockquote><i>Consideriamo tre generi di oggetti. Gli oggetti del primo genere saranno chiamati Punti, [...] quelli del secondo Linee Rette, [...] quelli del terzo Superfici Piane [...]<br /><br />Dobbiamo pensare a questi Punti, Linee Rette e Superfici Piane come a oggetti che hanno certe relazioni reciproche, che indichiamo con parole come "Situato", "Compreso", "Fra", "Parallelo" [...] La completa ed esatta descrizione di queste relazioni derivano dagli Assiomi della Geometria [...] che hanno il compito di definire esattamente ciò che altrimenti sarebbero solo delle cognizioni intuitive.</i> <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a></blockquote><br /><a name="300"></a><b>Non solo Postulati: le Nozioni Comuni</b><br /><br />Negli Elementi di Euclide, oltre all’elenco dei Postulati, compare una serie di Nozioni Comuni, come per esempio:<br /><br />[n.c. 1] — <i>Cose che sono uguali ad una stessa cosa sono uguali anche fra loro</i><br /><br />[n.c. 8] — <i>Il tutto è maggiore della parte.</i><br /><br />A un’occhiata distratta potrebbero essere prese come cose un po’ scontate, ma non lo sono affatto: vedremo ad esempio che la Nozione Comune 1 compare anche fra gli Assiomi di Hilbert (per quanto riguarda invece la numero 8, vedere qualche considerazione in fondo a questa pagina).<br /><br />In effetti la critica moderna tende a considerare i Postulati e le Nozioni Comuni di Euclide come fossero un unico elenco (di Assiomi, come accennato all'inizio), senza soffermarsi troppo sulle ragioni per cui sono state suddivise in due elenchi diversi. Piuttosto, i problemi su cui i matematici si soffermano (da sempre), e che sono molto più importanti, sono le seguenti:<br /><br />— Sono tali Assiomi sempre coerenti, o capita che si contraddicono fra loro?<br /><br />— Sono completi, ovvero non è che magari ne manca qualcuno?<br /><br />— Sono indipendenti fra loro, ovvero non sarà che qualcuno di essi possa essere ricavato a partire dagli altri?<br /><br />Nei suoi "Fondamenti di Geometria" Hilbert elenca ventuno Assiomi (quindi in numero maggiore rispetto ai cinque Postulati e alle otto Nozioni Comuni di Euclide). Sono divisi in vari gruppi: Assiomi di Collegamento (relazioni dei punti rispetto alle linee, dei punti e delle linee rispetto ai piani, ecc.); di Ordinamento (relazioni fra i punti di una stessa retta o di uno stesso piano); di Congruenza (criteri di uguaglianza fra segmenti, angoli, ecc.); di Continuità (che per ora non prenderemo in considerazione), e infine l’Assioma delle parallele che, pur se espresso in modo diverso dal famoso Postulato Euclideo delle parallele, definisce lo stesso concetto.<br /><br />Gli Assiomi di Hilbert sono stati dimostrati essere coerenti, completi e indipendenti: ormai non ci si devono più aspettare sorprese di rilievo nel pensiero geometrico. Interessante è piuttosto confrontare gli Assiomi di Hilbert con quelli di Euclide (ricordo che ci sono più di duemila anni di differenza).<br /><br />Per esempio, il primo Assioma di Hilbert e il primo Postulato di Euclide sembrano coincidere:<br /><br />[Euclide, Postulato 1] — <i>Tra due punti qualsiasi è possibile tracciare una ed una sola linea retta.</i><br /><br />[Hilbert, Assioma I, 1] — <i>Due punti distinti definiscono completamente una linea retta.</i><br /><br />In realtà non sono uguali: per Euclide i due punti sono gli estremi di un segmento, mentre per Hilbert ciò che viene definito è una retta illimitata (o infinita). Infatti le cose proseguono così:<br /><br />[Euclide, Postulato 2] — <i>Si può prolungare un segmento oltre i due punti indefinitamente.</i><br /><br />[Hilbert, Assioma I, 2] — <i>Ogni coppia di punti di una retta individua tale retta.</i><br /><br />Già da queste poche righe si intuisce che si tratti di questioni molto sottili, quasi filosofiche. Non voglio ora scrivere qui tutto ciò che ci sarebbe da dire in proposito; mi sembra però molto utile soffermarsi su un gruppo specifico di Assiomi: <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="400"></a><b>Assiomi di Congruenza</b><br /><br />Ovvero: sui criteri di uguaglianza. Iniziamo da Euclide, che dice:<br /><br />[n.c. 7] — <i> Cose che coincidono fra loro sono fra loro uguali</i><br /><br />Hilbert lo sostituisce con due Assiomi:<br /><br />[IV, 1] —<i> Ogni segmento è congruente a se stesso</i><br /><br />[IV, 4] —<i> Ogni angolo è congruente a se stesso</i><br /><br /><i>Sembra che Hilbert si complichi la vita, impiegando due Assiomi per dire la stessa cosa che dice Euclide in uno solo, ma non è così. Infatti Euclide si riferisce genericamente a "cose" che potrebbero essere, oltre che segmenti e angoli, anche poligoni, poliedri, o qualsiasi altro oggetto geometrico. Lo scopo di Hilbert invece è quello di ridurre gli Assiomi al minimo possibile, ovvero di garantirne l'indipendenza; infatti se un Assioma, o una parte di esso, risultasse essere dimostrabile a partire dagli altri, andrebbe annoverato fra i Teoremi. Hilbert giudica invece sufficiente postulare l'auto-congruenza di segmenti e angoli, essendo effettivamente dimostrabile l'auto-congruenza di tutti gli altri oggetti geometrici. Conclusione: i due Assiomi di Hilbert postulano qualcosa di più ristretto rispetto alla singola Nozione Comune di Euclide.</i><br /><br />Analogamente avviene per la proprietà transitiva dell’eguaglianza: alla Nozione Comune di Euclide:<br /><br />[n.c. 2] — <i> Cose che sono uguali ad una stessa cosa sono uguali anche fra loro.</i><br /><br />Hilbert lo sostituisce con:<br /><br />[IV, 2] —<i> Se due segmenti sono congruenti a un terzo segmento, sono congruenti anche fra loro.</i><br /><br />[IV, 5] —<i> Se due angoli sono congruenti a un terzo angolo, sono congruenti anche fra loro.</i><br /><br />Andiamo oltre. Nella Nozione Comune:<br /><br />[n.c. 2] — <i>Se cose uguali sono addizionate a cose uguali, le totalità sono uguali.</i><br /><br />bisogna intendere bene a cosa si riferisce Euclide. Infatti, finché si tratti di segmenti o angoli, l’enunciato potrebbe andar bene; ma se si parla di superfici potremmo avere questi risultati:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6011971593/" title="assioma 2 di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm7.static.flickr.com/6130/6011971593_8abedcc092_o.gif" width="500" height="270" alt="assioma 2"></a><br /><br />come si vede dal disegno, unendo coppie di poligoni uguali <i>non</i> si ottengono sempre poligoni uguali! Infatti, dall’uso che fa Euclide di questa sua Nozione Comune si capisce che alla parola <i>uguali</i> non dà il significato di <i>congruenza</i> (ovvero di uguaglianza in tutti gli aspetti) ma di <i>equivalenza</i>, nel senso di uguale area complessiva.<br /><br />In questo senso Hilbert è ancora più stringato che nei casi precedenti, limitandosi ai soli segmenti:<br /><br />[IV, 3] — <i> Siano AB e BC segmenti su una retta r privi di punti in comune a parte il punto B, e siano DE e EF segmenti su una retta s privi anch’essi di punti in comuniea parte il punto E. Se AB è congruente a DE, e BC è congruente a EF, allora anche AC sarà congruente a DF.</i> <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6011944909/" title="hilbert 1 di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm7.static.flickr.com/6150/6011944909_71f8da7bcd_o.gif" width="500" height="160" alt="hilbert 1"></a><br /><br /><a name="500"></a><b>Incongruenze?</b><br /><br />Per completare il gruppo degli Assiomi di Congruenza di Hilbert, a quelli elencati nel paragrafo precedente bisogna aggiungerne uno:<br /><br />[IV, 6] — <i> Se per due triangoli ABC e DEF si ha che AB è congruente a DE, AC è congruente ad DF, come pure sono congruenti gli angoli BAC e EDF, allora tutto il triangolo ABC sarà congruente al triangolo DEF.</i><br /><br />Detto in altre parole, si tratta del Primo Criterio di Congruenza dei triangoli (che dovremmo ricordare tutti, avendolo imparato alle scuole medie): quello per cui due triangoli sono congruenti se hanno congruenti due loro lati e l'angolo compreso. Lo stesso enunciato, anche se con parole diverse, compare anche negli Elementi di Euclide come Proposizione 4 del libro I:<br /><br /><i>Se due triangoli hanno due lati rispettivamente uguali a due lati, ed hanno uguali gli angoli compresi fra i lati uguali, avranno anche la base uguale alla base, il triangolo sarà uguale al triangolo, e gli angoli rimanenti del primo saranno uguali ai rispettivi angoli rimanenti del secondo.</i><br /><br />Per questa dimostrazione (e per pochissime altre in tutti i suoi Elementi) Euclide ricorre a un sistema di "trasporto meccanico": vediamo come.<br /><br />Siano dati i due triangoli ABC e DEF, in cui le coppie di lati AB e DE, e AC e DF, sono fra loro uguali (congruenti), così come uguali sono gli angoli in A e in D.<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6004529559/" title="Euclide, libro 1, prop 4a di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm7.static.flickr.com/6138/6004529559_ba75481fb7_o.gif" width="480" height="170" alt="Euclide, libro 1, prop 4a"></a><br /><br />Per prima cosa Euclide sposta il triangolo ABC in modo che il vertice A cada esattamente su vertice D:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6005075412/" title="Euclide, libro 1, prop 4b di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm7.static.flickr.com/6142/6005075412_2a5b12cba0_o.gif" width="480" height="170" alt="Euclide, libro 1, prop 4b"></a><br /><br />Poi, dopo aver prolungando i lati DE e DF, ruota il triangolo ABC finché il lato AC sia perfettamente allineato con DF; essendo i segmenti AC DF di uguale lunghezza, ovviamente i punti C e F vengono a coincidere (in effetti non sarebbe stato necessario allungare il segmento DF; ma dato che non si poteva dare per scontato che i punti C ed F sarebbero coincisi prima di averlo verificato, tale allungamento serviva per poter comunque procedere all’allineamento richiesto).<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6004529615/" title="Euclide, libro 1, prop 4c di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm7.static.flickr.com/6005/6004529615_775beb46a2_o.gif" width="480" height="170" alt="Euclide, libro 1, prop 4c"></a><br /><br />Infine, dato che gli angoli in A e in D sono uguali, anche il segmento AB sarà allineato al DE; ed essendo le lunghezze dei segmenti AB e DE uguali fra loro, anche i punti B ed E vengono a coincidere:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6005075468/" title="Euclide, libro 1, prop 4d di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm7.static.flickr.com/6145/6005075468_d629d7577d_o.gif" width="480" height="170" alt="Euclide, libro 1, prop 4d"></a><br /><br />I due triangoli quindi coincidono. E qui entra in ballo la Nozione Comune numero 7 di Euclide, secondo cui cose che coincidono fra loro sono fra loro uguali: si tratta di una sottigliezza notevolissima, degna dei logici matematici moderni! Ricordo infatti che che anche Hilbert enuncia l’auto-congruenza, anche se solo di segmenti e angoli, negli Assiomi IV, 1 e IV, 2.<br /><br />Il problema che forse non è stato notato finora è che questo criterio di congruenza fra triangoli per Hilbert è un Assioma, mentre per Euclide è una Proposizione, ovvero un teorema compiutamente dimostrato. Come sta la faccenda? <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="600"></a><b>Il nocciolo della questione</b><br /><br />Ricapitoliamo il procedimento di Euclide, il quale prende due triangoli con due coppie di lati congruenti, come congruente è l’angolo compreso; <br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6021223797/" title="Congruenza triangoli - 1 di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm7.static.flickr.com/6010/6021223797_7c1634bd60.jpg" width="500" height="264" alt="Congruenza triangoli - 1"></a><br /><br />li sovrappone, e vede che tutto coincide:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6021776506/" title="Congruenza triangoli - 2 di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm7.static.flickr.com/6147/6021776506_794109f01b_m.jpg" width="240" height="228" alt="Congruenza triangoli - 2"></a><br /><br />Disponiamo ora i triangoli in questo modo:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6021775472/" title="Congruenza triangoli - 3 di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm7.static.flickr.com/6145/6021775472_259b5d6d32.jpg" width="500" height="273" alt="Congruenza triangoli - 3"></a><br /><br />Essendo congruenti gli angoli in A e i segmenti AB e AD, ed essendo il segmento AC in comune, allora tali triangoli <i>dovrebbero</i> essere congruenti. Proviamo però ad applicarli a una superficie non piana, ma cilindrica (vedi qui sotto a sinistra):<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6021220383/" title="Congruenza triangoli - 4a di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm7.static.flickr.com/6003/6021220383_dd183c4ecb.jpg" width="500" height="359" alt="Congruenza triangoli - 4a"></a><br /><br />Nel disegno di destra i vertici dei triangoli sono congiunti "in linea d’aria", e le linee punteggiate indicano le distanze fra i vertici. Anche se non sembra (per problemi di prospettiva nella foto), le distanze fra i punti AB e AD sono uguali (dato che i relativi segmenti tagliano la superficie del cilindro con la stessa angolazione), mentre i vertici in A sono congruenti e il segmento AC è in comune: allora i due triangoli dovrebbero essere congruenti. Invece non lo sono: infatti la distanza fra B e C è molto più breve di quella fra C e D, essendo il segmento CD parallelo all’asse del cilindro, quindi perfettamente rettilineo, mentre il segmento BC è ortogonale all’asse del cilindro, quindi descrive un arco di cerchio (la cui corda, ovvero la linea punteggiata che unisce in linea d’aria i suoi estremi) non può che essere più breve dell’arco stesso.<br /><br />Ma se le cose stanno così... vuol dire che né la dimostrazione di Euclide, né l'Assioma di Hilbert sono corretti! Bisogna ricordare però che Hilbert, con i suoi Assiomi non ha mai dichiarato di volersi occupare di <i>triangoli</i>, ma solo di quegli oggetti che ha denominato Punti, Linee Rette e Superfici Piane. Il fatto è che questo Primo Criterio di Congruenza dei triangoli è valido <i>solo</i> in caso di superfici piane; e con questo Assioma Hilbert non si sta occupando specificatamente di triangoli: ci sta piuttosto spiegando come <i>funzionano</i> le sue Superfici piane, ovvero ciò che ha denominato Oggetti del Terzo Genere, all’inizio dei suoi Fondamenti di Geometria. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="700"></a><b>Euclide: la coerenza logica degli Elementi</b><br /><br />Nel corso dei secoli gli Elementi di Euclide sono stati analizzati in lungo e in largo, trovandovi più di un punto critico. Per esempio, già nella costruzione di un triangolo equilatero su un segmento dato (Proposizione 1, illustrata nel capitolo precedente) Euclide utilizza il punto di intersezione fra i due cerchi costruiti con centro sulle estremità del segmento e raggio pari al segmento stesso; ma <i>non</i> postula (o dimostra) precedentemente che tali cerchi si incontreranno.<br /><br />Problemi di coerenza sono stati trovati anche a proposito della Congruenza fra triangoli di cui abbiamo parlato sopra, proprio perché non accenna a requisiti di "indeformabilità". Per questi motivi, le prime quattro Proposizioni del libro I degli Elementi sono oggi considerati alla stregua di Postulati, per cui ne vengono ignorate le argomentazioni dimostrative. E infatti anche Hilbert relega questi enunciati fra i suoi Assiomi. <br /><br />Questi problemi di logica però non inficiano minimamente la validità degli Elementi di Euclide: tutto ciò che viene dimostrato al loro interno è assolutamente rigoroso e valido; l'unico problema risiede nell'esposizione delle Definizioni, Postulati e Nozioni Comuni, che non reggono all'analisi della logica matematica moderna. Ma se al posto di questi concetti di base di Euclide usiamo gli Assiomi di Hilbert, tutto diventa assolutamente corretto e coerente, confermando la validità di un testo fondamentale e bellissimo nella storia del pensiero umano: non per niente è il testo che vanta il più alto numero di edizioni nella storia, secondo solo alla Bibbia! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="800"></a><b>Euclide: la Nozione Comune 8 del Libro I</b><br /><br />"Il tutto è maggiore della parte": sembra un concetto evidente, ma lo è fintanto che si parli di insiemi finiti. Cinque è maggiore di due, un angolo retto è maggiore dell'angolo interno di un triangolo equilatero.<br /><br />L'affermazione cessa di essere vera quando si abbia a che fare con insiemi infiniti: per esempio, rimanendo nell'ambito della geometria, è assurdo pensare che un segmento corto "contenga" meno punti di un segmento più lungo. E in aritmetica: è assurdo pensare che i numeri pari siano meno di tutti i numeri naturali. <br /><br />Per chi fosse interessato agli insiemi infiniti, e ai numeri transfiniti, basta che <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/numeri-transfiniti.html">clicci qui</a>. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-39193255488342634902011-07-31T18:14:00.046+02:002011-09-11T08:44:53.434+02:00Euclide: Costruzioni elementari<a name="index"></a><b>Sommario:</b><br /><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/12/geometria-classica.html">+ Elementi di Euclide: Riga e Compasso</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2011/08/euclide-punti-linee-e-superfici.html">+ Euclide vs. Hilbert: Punti, Linee e Superfici</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2011/09/euclide-il-quinto-postulato.html">+ Euclide: il Quinto Postulato</a><br /><a href="#100">– Elementi di Euclide: Costruzioni Elementari</a><br /> <i><a href="#200">Dividere per metà un angolo dato</a></i><br /> <i><a href="#300">Dividere un segmento in due parti uguali</a></i><br /> <i><a href="#400">Tracciare rette perpendicolari a una retta data</a></i><br /> <i><a href="#500">Trasportare un angolo</a></i><br /> <i><a href="#600">... e poi?</a></i><br /><br /><a name="100"></a><b>Costruzioni Elementari</b><br /><br />Le costruzioni che seguono sono tutte cose che abbiamo sicuramente visto alle scuole medie, ma che probabilmente abbiamo dimenticato: personalmente le considero sufficientemente belle e interessanti da meritare un'occhiata, anche solo superficiale... giusto per guardare le figure! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="200"></a><b>Dividere per metà un angolo dato</b><br /><br />Siano date due rette OA e OB che si incontrano nel punto O. Per dividere in due l'angolo in O (Elementi, Libro I, Proposizione 9) occorre tracciare un arco di cerchio con centro in O e raggio arbitrario, ottenendo i punti A e B sulle rette date. Unendo questi due punti, e costruendoci sopra un triangolo equilatero si ottiene il vertice C: la retta tracciata fra i punti C e O divide l'angolo dato in due metà.<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6032782722/" title="Bisettrice: costruzione di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm7.static.flickr.com/6136/6032782722_74ca858a02_o.gif" width="376" height="360" alt="Bisettrice: costruzione"></a><br />Infatti i due triangoli OAC e OBC sono congruenti in quanto hanno tutti i lati corrispondenti uguali: OA e OB lo sono per costruzione; AC e BC sono lati di uno stesso triangolo equilatero; OC è in comune. Quindi gli angoli AOC e BOC sono uguali.<br /><br />Ovviamente, se lo scopo è solo di dividere l'angolo in due metà, non occorre tracciare i lati del triangolo equilatero. Ecco quindi il procedimento più semplice:<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6032223881/" title="Bisettrice: animazione di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm7.static.flickr.com/6081/6032223881_d456e05fa9_o.gif" width="376" height="360" alt="Bisettrice: animazione"></a><br /><i>Nota: Nel procedimento classico imparato a scuola, così come nella maggioranza di quelli che si trovano in Rete, dopo aver tracciato l'arco AB non si chiede di costruire il triangolo equilatero sul segmento AB; si chiede piuttosto di trovare il punto C tracciando due archi di raggio uguale, ma con apertura del compasso scelta in modo arbitrario. Personalmente preferisco il metodo di Euclide, per due motivi:<br /><br />— L'adozione di un raggio troppo corpo darebbe luogo a due archi che non si incontrano;<br /><br />— Sarebbe necessario "trasportare" il compasso, puntandolo prima nel punto A e poi nel punto B, mantenendolo alla stessa apertura (<a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/12/geometria-classica.html#500">cliccare qui</a> per vedere come Euclide affronta la questione): operazione questa piuttosto delicata, dato che un uso maldestro del compasso potrebbe causare il cambiamento dell'apertura dello stesso, con conseguente perdita di precisione.<br /><br />La costruzione del triangolo equilatero, come mostrato di sopra, consente di risolvere in un colpo solo entrambi i problemi: gli archi si incontreranno sicuramente, e l'apertura del compasso potrà essere verificata due volte a cavallo del suo spostamento, in modo da garantire la maggiore accuratezza possibile. <br /><br />Voglio ricordare che Euclide si occupa di linee e cerchi ideali, e che le sue costruzioni sono da considerarsi assolutamente esatte. L'uso che noi facciamo di riga e compasso, per quanto accurato, ci consente solo di tracciare disegni approssimativi: ecco quindi perché è utile cercare il modo migliore di limitare le inevitabili imprecisioni. </i> <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="300"></a><b>Dividere per metà un segmento dato</b><br /><br />Per dividere in due parti uguali un segmento (Elementi, Libro I, Proposizione 10) occorre prima costruire un triangolo equilatero sul segmento AB dato<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6037158623/" title="Bisezione 1 di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm7.static.flickr.com/6193/6037158623_5c76969b58_o.gif" width="392" height="130" alt="Bisezione 1"></a><br />e poi bisecare l'angolo al vertice C del triangolo ottenuto.<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6037709790/" title="Bisezione 2 di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm7.static.flickr.com/6209/6037709790_8cc8529cae_o.gif" width="392" height="224" alt="Bisezione 2"></a><br />I triangoli ACE e BCE sono congruenti, in quanto hanno i lati AC e BC uguali (lati di un triangolo equilatero), il lato CE in comune, e gli angoli ACE e BCE uguali; quindi anche i segmenti AE e BE sono congruenti.<br /><br />Nota: anche se Euclide non lo dice esplicitamente, il segmento CE risulta essere perpendicolare al segmento AB. Infatti i due angoli AEC e BEC sono congruenti, e secondo la definizione X del Libro I degli Elementi:<blockquote><i>Quando una retta innalzata su un'altra retta forma gli angoli adiacenti uguali fra loro, ciascuno dei due angoli uguali è retto, e la retta innalzata si chiama perpendicolare a quella su cui è innalzata.</i></blockquote>Il procedimento esposto può essere semplificato, tenendo conto che gli archi di cerchio necessari alla costruzione del triangolo equilatero hanno lo stesso raggio che si usa per bisecare l'angolo in C. Considerando inoltre che non è necessario tracciare i lati del triangolo equilatero, il procedimento più semplice per dividere il segmento AB in due parti uguali è il seguente: <br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6037158575/" title="Bisezione di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm7.static.flickr.com/6188/6037158575_ae4c35f28d_o.gif" width="392" height="280" alt="Bisezione"></a><br /><i>Anche in questo caso, come per la bisezione dell'angolo esposta di sopra, uso due archi di cerchio di raggio pari alla lunghezza del segmento AB. Si potrebbe in effetti utilizzare un qualsiasi altro raggio (purché di apertura sufficiente), ma valgono le stesse considerazioni già esposte.</i> <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="400"></a><b>Tracciare rette perpendicolari a una retta data</b><br /><br />Riunisco qui le due costruzioni che Euclide descrive nelle Proposizioni 11 e 12 del Libro I: Tracciare una retta perpendicolare ad una retta data, e passante per un punto della retta data stessa (Prop. 11), o passante per un punto esterno alla retta data (Prop. 12). <br /><br />Le due costruzioni si basano sulla determinazione di due punti ausiliari sulla retta data, ed equidistanti dal punto A (sulla retta stessa) o dal punto B (esterno alla retta):<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6037444277/" title="Bisecante 2, animazione di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm7.static.flickr.com/6140/6037444277_dc6fe023d2_o.gif" width="496" height="320" alt="Bisecante 2, animazione"></a><br />(non credo che siano necessarie ulteriori spiegazioni) <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="500"></a><b>Trasportare un angolo</b><br /><br />La Proposizione 23 del Libro I degli Elementi chiede di "Costruire su una retta data, e con vertice in un punto di essa (D nel disegno sotto) un angolo rettilineo uguale a un angolo rettilineo dato (A)".<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6082639475/" title="Angolo 1 di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm7.static.flickr.com/6205/6082639475_8088fd6132_o.gif" width="480" height="280" alt="Angolo 1"></a><br />Nelle Proposizione 8 del Libro I Euclide ha già dimostrato il terzo criterio di congruenza di triangoli, ovvero quello per cui due triangoli sono congruenti se hanno congruenti i tre lati corrispondenti. <br /><br />Il trasporto dell'angolo, come richiesto, viene semplicemente eseguito costruendo un triangolo arbitrario ABC (è sufficiente tracciare una qualsiasi linea BC che intersechi i due segmenti che definiscono l'angolo A) e poi ricopiando l'intero triangolo ABC a partire dal punto D; in questo modo gli angoli BAC e EDF saranno congruenti, ottenendo proprio ciò che era richiesto:<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6083180656/" title="Angolo 2 di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm7.static.flickr.com/6198/6083180656_f5cde92f93_o.gif" width="480" height="280" alt="Angolo 2"></a><br />Questo procedimento richiede di "trasportare" la lunghezza di tre lati. Ma nessuno impedisce di costruire il triangolo ABC in modo che sia isoscele, con i lati uguali che convergono in A; in questo modo basterà trasportare due lunghezze sole:<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6083180600/" title="Angolo anim di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm7.static.flickr.com/6209/6083180600_a333568e8e_o.gif" width="480" height="360" alt="Angolo anim"></a><br /><i>Nota. In questa costruzione ho usato lo spostamento del compasso ad apertura costante, che non solo (come detto sopra) rischia di compromettere la precisione del disegno, ma è anche "vietato" da Euclide. Ricordo però che Euclide stesso ha già spiegato come "applicare" una distanza evitando di trasportare il compasso aperto. Chi volesse usare il metodo corretto dovrebbe procedere come segue:</i><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6085919753/" title="Angolo Animazione 2 di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm7.static.flickr.com/6193/6085919753_a55c49c9de_o.gif" width="496" height="400" alt="Angolo Animazione 2"></a><br /><br /><i>ma forse, in questo caso... è meglio prendere la "scorciatoia"!</i> <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="600"></a><b>... e poi?</b><br /><br />Interrompo qui l'esposizione delle "costruzioni elementari", dato che quelle che seguono hanno a che fare con le parallele e con le circonferenze (argomenti troppo lunghi per poter essere inseriti in questa pagina) e di cui mi occupo nei capitoli a seguire. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-7116249223371385972010-12-10T17:27:00.032+01:002011-09-11T08:45:17.540+02:00Geometria Classica<i>In questi capitoli vengono presentati in modo informale alcuni argomenti di geometria classica: di quella geometria cioè che riguarda le costruzioni rese possibili dal solo uso di riga e compasso, all'interno di un piano o uno spazio euclideo.</i><br /><br /><a name="index"></a><b>Sommario:</b><br /><br /><a href="#100">– Elementi di Euclide: Riga e Compasso</a><br /> <i><a href="#200">Il Punto e la Retta</a></i><br /> <i><a href="#300">Il Cerchio</a></i><br /> <i><a href="#400">Riga e Compasso</a></i><br /> <i><a href="#500">Applicazione di una distanza?</a></i><br /> <i><a href="#600">Libro I, Proposizione 1</a></i><br /> <i><a href="#700">Libro I, Proposizioni 2 e 3</a></i><br /> <i><a href="#800">Scorciatoia!</a></i><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2011/08/euclide-punti-linee-e-superfici.html">+ Euclide vs. Hilbert: Punti, Linee e Superfici</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2011/09/euclide-il-quinto-postulato.html">+ Euclide: il Quinto Postulato</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2011/07/euclide-costruzioni-elementari.html">+ Elementi di Euclide: Costruzioni elementari</a><br /><br /><a name="100"></a><b>Gli Elementi</b><br /><br />Il merito principale di Euclide (vissuto intorno al 300 a.C.) è stato di codificare in modo organico tutte le conoscenze di geometria (piana e solida), aritmetica (numeri razionali e irrazionali) e altre belle cose note nel mondo antico... insomma ha compilato l'enciclopedia di tutte conoscenze matematiche della sua epoca: stiamo parlando proprio dei suoi "Elementi". Qui ogni argomento è trattato a partire da un certo numero di definizioni e di postulati, per poi proseguire con la dimostrazione di un incredibile numero di teoremi assolutamente validi anche ai giorni nostri (la sua dimostrazione del teorema di Pitagora è di un'eleganza squisita). <br /><br />I paragrafi che seguono non vogliono essere esaustivi dell'argomento, ma dare qualche spunto che possa incuriosire e possibilmente far apprezzare la grandezza dell'opera di Euclide. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="200"></a><b>Il Punto e la retta</b><br /><blockquote>[d. 1] — <i>Un punto è ciò che è privo di parti.</i></blockquote>Credo che sia la più celebre definizione della geometria: è la prima fra quelle elencate da Euclide nei Libro Primo suoi "Elementi". Le successive tre invece sono:<blockquote>[d. 2] — <i>Una linea è una lunghezza senza larghezza.</i><br /><br />[d. 3] — <i>Le estremità di una linea sono punti.</i><br /><br />[d. 4] — <i>La retta è quella linea che giace sui suoi punti in modo uniforme.</i></blockquote>(Se fossi uno che non ne sa niente, non so se da queste definizioni, soprattutto l'ultima, saprei immaginare cos’è una linea retta... meno male che tutti noi abbiamo almeno una volta tracciato una linea con righello e lapis!) <br /><br />Ricapitolando: secondo queste definizioni, una linea non solo "non ha larghezza", ma è fatta da punti "che sono privi di parti". Questi punti sono quindi piccoli, piccolissimi, diciamo pure infinitesimali: se si potesse tracciare una linea ideale, essa risulterebbe assolutamente invisibile. Questo ci deve far riflettere sul livello di astrazione raggiunto dai geometri greci dell'antichità: le loro costruzioni sono solo ideali, in quanto le "figure" che possiamo realizzare con i mezzi grossolani di cui ci serviamo servono solo per rappresentare le cose in modo da rendercele più facilmente comprensibili. <br /><br />Per quanto riguarda la retta, Euclide stabilisce anche due "postulati", ovvero enunciati che, pur non essendo dimostrati, sono considerati veri: <blockquote>[p. 1] — <i>Tra due punti qualsiasi è possibile tracciare uno ed un solo segmento.</i><br /><br />[p. 2] — <i>Si può prolungare un segmento oltre i due punti indefinitamente.</i><a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a></blockquote><br /><a name="300"></a><b>Il Cerchio</b><br /><br />Definizioni (Libro I): <blockquote>[d. 15] — <i>Dicesi cerchio una figura piana delimitata da un'unica linea tale che tutti i segmenti che terminano su di essa a partire da un medesimo punto fra quelli interni alla figura, siano uguali fra loro.</i><br /><br />[d. 16] — <i>Quel punto si chiama centro del cerchio.</i></blockquote>Postulato:<blockquote>[p. 3] — <i>Dato un punto e una lunghezza, è possibile descrivere un cerchio.</i><a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a></blockquote><br /><a name="400"></a><b>Riga e Compasso</b><br /><br />Andiamo a scuola ci diventano subito familiari gli strumenti chiamati Riga e Compasso, che effettivamente servono per tracciare le Rette e i Cerchi definiti da Euclide. Infatti, dati due punti qualsiasi, essi possono essere congiunti con un segmento rettilineo; e si può anche proseguire il disegno prolungando a piacimento il segmento oltre i punti dati:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4288766474/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4011/4288766474_10a9684799_o.gif" width="440" height="150" alt="Euclide: riga" /></a><br /><br />Per quanto riguarda il cerchio, dato un centro e uno dei punti sulla sua circonferenza, con un compasso è possibile tracciare tutti gli altri punti alla stessa distanza dal centro: <br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4288766432/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4066/4288766432_52d0de4b56_o.gif" width="416" height="360" alt="Euclide: compasso" /></a><br /><br />Ecco, per quanto Euclide non li nomini mai, Riga e Compasso sono i due soli strumenti ammessi nelle sue costruzioni geometriche. Detto altrimenti, sono gli strumenti soli e sufficienti che consentono la rappresentazione grafica di tutte le sue dimostrazioni! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="500"></a><b>Applicazione di una distanza?</b><br /><br />nelle costruzioni geometriche capita di dover riportare (o, più esattamente, "applicare") la lunghezza di un segmento a un altro segmento. E qui viene fuori un problema non da poco, in quanto la riga di Euclide NON è graduata. "Misurare" un segmento con un righello e poi riportare quella misura da un’altra parte non è certo un sistema esatto, e infatti non viene mai preso in considerazione da Euclide.<br /><br />L'unica altra possibilità dunque è quella di utilizzare il compasso. Visto che, come abbiamo visto, il compasso è in grado di determinare tutti i punti equidistanti da un punto dato (centro), non è che lo si potrebbe usare anche per applicare una lunghezza, come mostrato qui sotto?<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4288025169/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2738/4288025169_28bb77f2dd_o.gif" width="416" height="320" alt="Operazione vietata!" /></a><br /><br />La risposta è... Nì. Nel senso che questa è una pratica usata continuamente, ma non è giustificata direttamente dai postulati di Euclide; quindi in teoria è un’operazione vietata. Dobbiamo immaginare che il compasso di Euclide abbia la particolarità di richiudersi automaticamente appena viene allontanato dal foglio: proprio come nell’animazione più sopra, quella dove viene mostrato il disegno della circonferenza.<br /><br />Ora è ovvio che Euclide non si poteva arenare di fronte a questa difficoltà, infatti dedica le prime tre proposizioni del Libro Primo dei suoi Elementi proprio al superamento di quest’ostacolo. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="600"></a><b>Libro I, Proposizione 1</b><br /><br />Nella prima proposizione mostra come si costruisce un triangolo equilatero su un segmento dato (equilatero è quel triangolo che ha i tre lati uguali):<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4288766310/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4006/4288766310_cc9708a376_o.gif" width="416" height="240" alt="Costruzione triangolo equilatero" /></a><br /><br />Come si vede dall’animazione, vengono tracciati due archi di cerchio, entrambi di raggio pari al segmento dato; ogni volta il compasso viene richiuso e riaperto: ecco che NON stiamo commettendo l’<i>infrazione</i> di tenere il compasso aperto fra il disegno di un arco e l’altro. Non credo che sia necessario dimostrare che le distanze AB, AC e BC sono uguali: per completare il triangolo a questo punto è sufficiente tracciare i due lati mancanti. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="700"></a><b>Libro I, Proposizioni 2 e 3</b><br /><br />Nelle proposizioni 2 e 3 del Libro Primo, che qui vengono unite insieme in un’unica animazione, Euclide riesce a trasportare (o, più precisamente, applicare) il segmento AB sul segmento CD:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4288765938/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2770/4288765938_935576fbea_o.png" width="432" height="255" alt="Dimostrazione 1" /></a><br /><br />Ecco il procedimento (più in basso l'animazione completa):<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4288024715/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4043/4288024715_8f9db04aa9_o.png" width="432" height="333" alt="Dimostrazione 2" /></a><br /><br />— Si traccia un segmento fra i punti A e C, e su questo segmento si costruisce il triangolo equilatero ACE; i lati AC e AE vengono prolungati adeguatamente (disegnati in viola). <br /><br />— Puntando il compasso in A si riporta la lunghezza di AB in modo da determinare il punto F; il segmento EF è quindi la somma dei due segmenti EA (lato del triangolo) e AF = AB. <br /><br />— Puntando il compasso in E, si riporta la lunghezza EF in modo da determinare il punto G, per cui EF = EG. Ma siccome EA = EC (lati dello stesso triangolo equilatero), CG non può che essere uguale a AF = AB.<br /> <br />— Puntando il compasso in C posso finalmente riportare la lunghezza CG sul segmento CD: ecco che quindi CH = AB.<br /><br />Come promesso, qui sotto mostro la costruzione completa:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4288766184/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4036/4288766184_ca21fe6502_o.gif" width="432" height="465" alt="Trasporto segmento" /></a><br /><br />Ecco dimostrato come una lunghezza può essere trasportata in modo esatto, da un punto a un altro del foglio, senza trasgredire alle "regole" di Euclide. Il fatto che questa operazione sia fattibile basandosi su definizioni e postulati già presenti è il motivo per cui Euclide non ha avuto bisogno di aggiungere, fra i suoi postulati, qualcosa che affermasse la possibilità di trasportare una lunghezza. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="800"></a><b>Scorciatoia!</b><br /><br />Per nostra fortuna possiamo usare il procedimento che avevo dichiarato "vietato" (vedi sopra): possiamo liberamente usare quella scorciatoia per semplificarci il lavoro, ma solo dopo aver dimostrato la fattibilità di questa operazione con i metodi "prescritti". <br /><br />I quali metodi prescritti sono: usare righe non graduate e compassi che si richiudono non appena allontanati dal foglio. Con l'aiuto di questi due soli strumenti Euclide è riuscito a costruire un castello incredibile... che inizieremo ad "esplorare", un po' per volta, a partire dal <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2011/08/euclide-punti-linee-e-superfici.html">prossimo capitolo</a>. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-80473841732589322502010-07-21T19:17:00.008+02:002011-09-03T07:50:14.163+02:00Numeri Transfiniti: il Continuo<a name="index"></a><b>Sommario:</b>
<br />
<br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/numeri-transfiniti.html">+ I numeri Naturali</a>
<br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/aleph-zero.html">+ Ancora Aleph-zero</a>
<br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/contesto-storico.html">+ Il contesto storico</a>
<br /><a href="#100">– Oltre Aleph-zero: il Continuo</a>
<br /> <i><a href="#100">La Linea di Euclide</a></i>
<br /> <i><a href="#200">La Retta dei numeri</a></i>
<br /> <i><a href="#300">I numeri Trascendenti</a></i>
<br /> <i><a href="#400">I numeri Reali</a></i>
<br /> <i><a href="#500">Il "Continuo"</a></i>
<br /> <i><a href="#600">Potenza del Continuo</a></i>
<br /> <i><a href="#900">La dimostrazione di Cantor</a></i>
<br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/ipotesi-continuo.html">+ L'ipotesi del Continuo</a>
<br />
<br /><a name="100"></a><b>La Linea di Euclide</b>
<br /><blockquote><i>Un punto è ciò che è privo di parti</i></blockquote>Credo che sia la più celebre definizione della geometria: è la prima fra quelle elencate da Euclide nei suoi "Elementi". Le successive tre invece sono:<blockquote><i>Una linea è una lunghezza senza larghezza
<br />Le estremità di una linea sono punti
<br />La retta è quella linea che giace sui suoi punti in modo uniforme</i></blockquote>Se fossi uno che non ne sa niente, non so se da queste definizioni, soprattutto la quarta, saprei immaginare cos’è una linea retta... meno male che tutti noi abbiamo almeno una volta tracciato una linea con righello e lapis! Però mi sembrano interessanti un paio di considerazioni:
<br />
<br />— Una linea non solo "non ha larghezza", ma è fatta da punti "che sono privi di parti": questi punti sono quindi piccoli, piccolissimi, diciamo pure infinitesimali; se potessi tracciare una linea ideale, essa risulterebbe assolutamente invisibile!
<br />
<br />— Il fatto che i punti siano privi di parti, fa sì che per costituire una linea continua tali punti debbano essere accostati l’uno all’altro con una densità estrema, pena il veder comparire dei "buchi". Vedremo in seguito ricomparire i concetti di <i>densità</i> e <i>continuità</i>. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>
<br />
<br /><a name="200"></a><b>La Retta dei numeri</b>
<br />
<br />Lavorando con rette e numeri, Richard Dedekind (1831-1916) ha costruito una teoria rigorosa che ci limiteremo a descrivere in modo intuitivo: una retta può essere utilizzata per rappresentare tutti i numeri esistenti. In pratica si prende una retta (di lunghezza infinita), si traccia un punto che sarà l’origine al quale assegnare il valore zero; poi si stabilisce un segmento unitario, e riportandolo sulla retta quante volte su vuole, otteniamo a destra dello zero i numeri naturali positivi, a sinistra i numeri negativi.
<br />
<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/3977838956/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2570/3977838956_b532cedbe1.jpg" width="500" height="96" alt="Retta Numeri" /></a>
<br />
<br />Naturalmente i soli punti identificati dai numeri interi non danno luogo a una linea continua, ma solo a una serie di punti ben spaziati l’uno dall’altro. Allora possiamo aggiungere i numeri razionali: dividendo ogni segmento unitario in n parti uguali, si ottiene la rappresentazione delle frazioni di denominatore uguale ad n; ripetendo l’operazione per ogni n, si ottengono infiniti punti della retta, che rappresentano numeri razionali.
<br />
<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/3977839120/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2591/3977839120_26a8155edb.jpg" width="500" height="73" alt="Retta Razionali" /></a>
<br />
<br />Tali punti sono distribuiti in forma "densa", nel senso che tra due punti razionali qualunque esistono infiniti altri punti di tale tipo; infatti dati due punti P e Q qualunque è sempre possibile trovare un nuovo punto X compreso fra P e Q: basta fare la media: X = (P + Q) / 2. Questa operazione si può ripetere quante volte si voglia, quindi non ha proprio senso chiedere quanti punti razionali esistano nell'intervallo da essi marcato.
<br />
<br />Tuttavia, per quanto densi, i numeri razionali non "riempiono" completamente la retta. Infatti, il punto R = radice di due è bensì rappresentabile sopra la retta (basta portare su di essa, a partire dall'origine, la diagonale del quadrato costruito sul segmento [0-1]. Esso però non è un razionale, come abbiamo dimostrato nei capitoli precedenti.
<br />
<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/3977839210/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2660/3977839210_a118a481b4.jpg" width="500" height="158" alt="Retta Radice" /></a>
<br />
<br />Usando metodi geometrici si possono tracciare sulla retta molti numeri irrazionali, ma non tutti. Per esempio è rimasto irrisolto, dai tempi dell’antica Grecia, il problema della "duplicazione del cubo": per fare questo sarebbe necessario determinare un segmento corrispondente alla radice cubica di due (la cosa si è dimostrata impossibile, almeno con l’ausilio dei mezzi elementari della geometria classica: la riga e il compasso).
<br />
<br /><i>Uno dei miti che circondano il problema della duplicazione del cubo è il seguente. Gli abitanti di Delo, interrogato l'oracolo di Apollo sul modo di liberarsi dalla peste, ricevettero l'ordine di costruire un altare, di forma cubica, dal volume doppio rispetto a quello esistente. Vista l’impossibilità di determinare con riga e compasso un segmento proporzionale alla radice cubica di due, questo altare non deve essere stato mai costruito; chissà allora gli abitanti di Delo come avranno fatto a liberarsi della peste...</i>
<br />
<br />Indipendentemente dal fatto che molti punti non possano essere tracciare con i metodi classici, possiamo immaginare comunque di identificare sulla nostra retta tutti i numeri algebrici, ovvero quelli del tipo di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente: sono quei numeri che si ottengono risolvendo una qualsiasi equazione polinomiale di qualsiasi grado. Ma neanche così riusciamo a coprire tutta la retta, infatti... <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>
<br />
<br /><a name="300"></a><b>I numeri Trascendenti</b>
<br />
<br />... esiste una classe di numeri detti "trascendenti", che sono gli irrazionali non algebrici. Il caso più noto è quello di pi greco: dall’antichità si cercava di capire che razza di numero fosse, e se si potesse fare la quadratura del cerchio (disegnare, con riga e compasso, un quadrato di area pari a quella di un cerchio dato). Ne parla anche Dante nel canto XXXIII del Paradiso:<blockquote><i>Qual è ‘l geometra che tutto s'affige
<br />per misurar lo cerchio, e non ritrova...</i></blockquote>Insomma ce n’è voluto del bello e del buono, ma finalmente (solo!) nel 1882 Ferdinand von Lindemann (1852-1939) dimostrò la trascendenza di pi greco chiudendo definitivamente la questione della quadratura del cerchio. In quegli anni furono trovati molti altri numeri di questo tipo, anche se non è per niente facile dimostrarne la trascendenza. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>
<br />
<br /><a name="400"></a><b>I numeri Reali</b>
<br />
<br />Finalmente possiamo definire una nuova classe di numeri: i cosiddetti numeri reali. È l’insieme di tutti i numeri, naturali, razionali, irrazionali e trascendenti. Come ho accennato, Dedekind ha dimostrato la possibilità di mettere in corrispondenza biunivoca i punti della retta con i numeri reali; siccome i punti della retta costituiscono qualcosa di continuo, anche i numeri reali identificano un insieme che possiamo definire "continuo".
<br />
<br />Rimane però la questione se tutti questi numeri trascendenti, o meglio i numeri reali, possano essere ancora "contati" oppure no, ovvero se l’insieme dei numeri reali abbia cardinalità maggiore rispetto all’insieme dei numeri naturali.
<br />
<br />Il problema è che non si può fare un elenco di tutti i possibili numeri trascendenti; alcuni sono i risultati del calcolo di funzioni trigonometriche, logaritmiche e altre cose del genere, ma a molti, a moltissimi altri non sapremmo neanche dare un significato matematico. Mi spiego meglio: se è vero che a un numero decimale periodico so sempre assegnare una frazione generatrice, quindi riesco sempre a capirne la natura, di un numero reale non posso sapere mai da quale espressione matematica è stato ricavato; per farlo dovrei conoscere tutti, ma proprio tutti i suoi infiniti decimali.
<br />
<br />Faccio un esempio: se vedo il numero 3,14... a me viene subito in mente pi greco. Ma per sapere che questo numero è davvero pi greco dovrei conoscerne tutti i decimali, ma proprio tutti; basterebbe una cifra diversa alla miliardesima posizione decimale per farlo diventare qualcosa di diverso!
<br />
<br />Insomma abbiamo trovato una nuova classe di numeri che è impossibile da catalogare. Saremo mica riusciti a trovare una classe di numeri che non sia più "contabile", ovvero tale da non poter essere messa in corrispondenza biunivoca con i numeri naturali? <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>
<br />
<br /><a name="500"></a><b>Il "Continuo"</b>
<br />
<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/3977839362/" title="Più che infinito! di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm4.static.flickr.com/3534/3977839362_a2726e9b30_m.jpg" width="163" height="240" alt="Più che infinito!" /></a>
<br />
<br />La risposta finalmente è... Sì. Georg Cantor (1845-1918) ha trovato il modo per dimostrare che ci sono numeri che non possono essere contati. La dimostrazione dettagliata la fornisco più sotto, qui mi limito a descriverne il funzionamento. È una dimostrazione per assurdo: si immagina di avere stilato un elenco numerato di tutti i numeri reali compresi fra 0 e 1, ciascuno con i suoi infiniti decimali. Cantor riesce a creare un nuovo numero, diverso da tutti gli altri: in questo modo contraddice l’ipotesi di partenza (quella secondo cui ogni numero reale era rappresentato nell’insieme iniziale).
<br />
<br />Eccoci al punto: abbiamo finalmente un insieme che non può avere cardinalità Aleph-0 perché ha almeno un elemento che sfugge al conteggio. All’insieme di tutti i numeri reali quindi si assegna la cardinalità <b>c</b> (la lettera c è stata scelta perché questo insieme indica il "continuo"). Per ora sappiamo che <b>c</b> è sicuramente maggiore di Aleph-0... ma gli sviluppi che conseguiranno da questa scoperta richiedono un intero capitolo di questa storia (il prossimo). <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>
<br />
<br /><a name="600"></a><b>Potenza del Continuo</b>
<br />
<br />Cominciamo ad analizzare questo <b>c</b>. Intanto proviamo a vedere se un segmento lungo ha più punti di un segmento più corto: la risposta è no, in quanto si può sempre dimostrare la corrispondenza biunivoca fra i punti di due segmenti di lunghezza diversa (ciascun punto <b>a</b> del segmento [0-1] ha il suo corrispondente <b>A</b> nel segmento [0-2]).
<br />
<br />#1
<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/3990187081/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2462/3990187081_7f14d85f4c.jpg" width="500" height="258" alt="segmento doppio" /></a>
<br />
<br />Proviamo ora a vedere se una retta di lunghezza infinita ha più punti di un segmento finito: un’altra volta la risposta è no, in quanto anche in questo caso si dimostra lo stesso tipo di corrispondenza. La dimostrazione si fa con il disegno qui sotto: si mettono in corrispondenza i punti di un semicerchio che ha centro in P con i punti della retta sottostante. A ogni punto del semicerchio corrisponde un punto della retta infinita: <b>A</b>-<b>a</b>, <b>B</b>-<b>b</b>, e <b>C</b>-<b>c</b> con <b>c</b> che evidentemente è ben fuori dal disegno, sulla sinistra.
<br />
<br />#2
<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/3990943600/"><img src="http://farm4.static.flickr.com/3489/3990943600_d0a17d9b62.jpg" width="500" height="261" alt="segmento retta" /></a>
<br />
<br />Ecco un risultato interessante: l’insieme dei punti di un segmento unitario (o l’insieme dei numeri reali nel campo [0-1]) ha la stessa potenza dei punti di una retta infinita (o dell’insieme di tutti i numeri reali).
<br />
<br />Ma non finisce qui: proviamo a vedere se una superficie finita ha più punti di un segmento finito: ancora la risposta è no! Proviamo a considerare i punti di un quadrato unitario. Ogni suo punto può essere identificato da una coppia di coordinate <b>X</b> e <b>Y</b> comprese fra 0 e 1:
<br />
<br />#3
<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/3990187345/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2638/3990187345_466ebe70cf.jpg" width="500" height="228" alt="segmento area" /></a>
<br />
<br />A partire dai numeri che definiscono le coordinate <b>X</b> e <b>Y</b> posso creare un nuovo numero <b>R</b> intercalando le cifre dei decimi, poi quelle dei centesimi, poi dei millesimi e così via. In questo modo avrò un unico numero che esprime la coppia di coordinate, anch’esso compreso fra 0 e 1: c’è quindi una corrispondenza biunivoca fra ciascuna coppia di coordinate e un numero reale. Faccio un esempio pratico:
<br />
<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/3992668567/"><img src="http://farm4.static.flickr.com/3149/3992668567_460ec717ce_o.png" width="268" height="59" alt="xyr" /></a>
<br />
<br />Dal numero <b>R</b> riesco senza problemi a ricavare le due coordinate <b>X</b> e <b>Y</b>: le cifre decimali di ordine dispari di <b>R</b> daranno la coordinata <b>X</b>; le cifre di ordine pari la coordinata <b>Y</b>.
<br />
<br />Ripetendo il metodo descritto dalla figura #2 per le superfici invece che per segmenti/rette posso dimostrare che c’è una corrispondenza biunivoca anche fra i punti di una superficie finita con i punti dell’intero piano infinito. E applicando il sistema dimostrato nel disegno #3 posso definire un nuovo numero <b>R</b> che, invece di partire da una coppia di coordinate <b>X</b> e <b>Y</b>, usi tre coordinate <b>X</b> <b>Y</b> e <b>Z</b> di uno spazio tridimensionale.
<br />
<br />Allora <b>c</b>, il numero cardinale che indica la potenza del continuo, può essere utilizzato per definire la potenza degli insiemi di tutti i numeri reali, dei punti del segmento, della retta, del piano, dello spazio... eccetera eccetera!
<br />
<br /><a name="900"></a><b>La dimostrazione di Cantor</b>
<br />
<br />Descrivo qui la "dimostrazione diagonale di Cantor", con alcune semplificazioni per non appesantirne la lettura. Chi fosse interessato può leggere <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Argomento_diagonale_di_Cantor" rel="nofollow">questo articolo su wikipedia</a>.
<br />
<br />Supponiamo per assurdo che l'intervallo dei numeri compresi fra 0 e 1 sia numerabile. Questo significa che gli elementi dell'intervallo possono essere posti in corrispondenza biunivoca con i numeri naturali dando luogo ad una successione di numeri reali R1, R2, R3, ... che esaurisce tutti i numeri reali compresi tra 0 e 1.
<br />
<br />Possiamo rappresentare ciascun numero della successione in forma decimale e visualizzare la successione di numeri reali come una matrice infinita che avrà più o meno quest'aspetto:
<br />
<br />R1 = 0 . <b>5</b> 1 0 5 1 1 0 ...
<br />R2 = 0 . 4 <b>1</b> 3 2 0 4 3 ...
<br />R3 = 0 . 8 2 <b>4</b> 5 0 2 6 ...
<br />R4 = 0 . 2 3 3 <b>0</b> 1 2 6 ...
<br />R5 = 0 . 4 1 0 7 <b>2</b> 4 6 ...
<br />R6 = 0 . 9 9 3 7 8 <b>3</b> 8 ...
<br />R7 = 0 . 0 1 0 5 1 3 <b>5</b> ...
<br />...
<br />
<br />In questa tabella ho indicate in grassetto le cifre che compaiono sulla diagonale (la prima cifra decimale del primo numero, la seconda del secondo, e così via). Costruiamo ora un nuovo numero reale X che abbia tutte le cifre differenti dalla sequenza sulla diagonale. Si procede nel seguente modo: se una delle cifre che compare sulla diagonale è 5, la sostituiamo con un 4; in tutti gli altri casi la sostituiamo con un 5 (la scelta delle cifre 4 e 5 è arbitraria). Nell'esempio otteniamo:
<br />
<br />X = 0 . 4 5 5 5 5 5 4 ...
<br />
<br />All'inizio dell'argomento avevamo supposto che la nostra lista dei numeri enumerasse tutti i numeri reali compresi tra 0 e 1, quindi dovremmo avere uno dei numeri R, diciamo l'ennesimo, per cui Rn = X. A questo punto emerge una contraddizione: per come abbiamo costruito il numero X, l'ennesima cifra di X dovrebbe essere diversa dall'ennesima cifra del numero Rn. Questo è impossibile, e ne segue che l'ipotesi di partenza è falsa e cioè che l'intervallo dei numeri compreso fra 0 e 1 non è numerabile. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>
<br />
<br /><i>Prossimo capitolo: <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/ipotesi-continuo.html">L'ipotesi del Continuo</a></i>aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-81477097408805880432010-07-21T19:00:00.015+02:002011-09-07T07:47:14.658+02:00Numeri Transfiniti: l'ipotesi del Continuo<a name="index"></a><b>Sommario:</b><br /><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/numeri-transfiniti.html">+ I numeri Naturali</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/aleph-zero.html">+ Ancora Aleph-zero</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/contesto-storico.html">+ Il contesto storico</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/il-continuo.html">+ Oltre Aleph-zero: il Continuo</a><br /><a href="#100">– L'ipotesi del Continuo</a><br /> <i><a href="#100">Numeri transfiniti più grandi</a></i><br /> <i><a href="#200">c & Aleph-uno</a></i><br /> <i><a href="#300">L'ipotesi del Continuo</a></i><br /> <i><a href="#400">Questioni... teologiche!</a></i><br /><br />Riassunto delle puntate precedenti:<br /><br />— La Cardinalità, o Potenza, dell’insieme dei Numeri Naturali si indica con la sigla Aleph-zero.<br />— Aleph-zero è il più piccolo Numero Transfinito.<br />— Esiste un insieme di numeri (i Numeri Reali) che ha Potenza maggiore di Aleph-zero: si tratta del "Continuo", che si indica con la lettera <b>c</b>. <br /><br /><a name="100"></a><b>Numeri transfiniti più grandi</b><br /><br />Georg Cantor, nel Teorema che porta il suo nome, afferma che dato un insieme di qualsiasi potenza (ovvero contenente un numero qualsiasi di elementi), esiste sempre un insieme di potenza maggiore. Quindi da un punto di vista logico non c’è limite alla potenza o cardinalità degli insiemi infiniti: così come nei Numeri Naturali esiste sempre il successore di qualsiasi numero, anche da qualsiasi insieme infinito si riesce a ricavare un infinito "più grande"; e dato che la potenza degli insiemi infiniti viene identificata con i Numeri Transfiniti (Aleph-zero, Aleph-uno, Aleph-due e così via), è logico dedurre che i Numeri Transfiniti... sono infiniti anch’essi!<br /><br />Vediamo da vicino questo Teorema di Cantor. Dato un insieme A, la dimostrazione viene fatta prendendone in esame le "parti", ovvero i possibili sottoinsiemi di A: questi ultimi saranno sempre in numero superiore rispetto agli elementi di A.<br /><br />Iniziamo con un esempio semplice: diciamo che l’insieme A contenga due bocce, una rossa e una blu. Se ci venisse detto di prendere da questo insieme "le bocce che vogliamo", potremmo sceglierne una sola (la rossa o la blu), entrambe (la rossa E la blu), oppure potremmo decidere di non prenderne nessuna. Totale: quattro possibili "parti", o sottoinsiemi, a partire dall’insieme A di due elementi.<br /><br />Allo stesso modo, se le bocce fossero tre, rossa blu e verde, potremmo sceglierne una soltanto (rossa o blu o verde), due (escludendo la rossa, la blu o la verde), prenderle tutte e tre oppure non prenderne nessuna. Totale: otto sottoinsiemi a partire da un insieme contenente tre elementi.<br /><br />Le parti, o sottoinsiemi, di un insieme contenente n elementi, sono quindi sempre in numero di 2ⁿ. Infatti 2² = 4, 2³ = 8 (casi già visti); ma anche 2¹ = 2 (se l’insieme ha un solo elemento, possiamo prenderlo o non prenderlo). Infine 2º = 1: se l’insieme è vuoto, possiamo solo scegliere di prenderne una "parte" costituita da un altro insieme vuoto; comunque è una possibilità reale: insomma, da un insieme che ha 0 elementi si può sempre ricavare 1 sottoinsieme (vuoto).<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6108663634/" title="Sottoinsiemi di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm7.static.flickr.com/6085/6108663634_48778f545c_o.gif" width="460" height="88" alt="Sottoinsiemi"></a><br /><br /><i>In questa immagine sono rappresentati tutti gli insiemi di cui abbiamo parlato, di 0, 1, 2 e 3 elementi, i cui contenuti sono indicati fra le parentesi graffe in nero; il numero in nero alla loro sinistra indica la potenza, o cardinalità, dei rispettivi insiemi. <br />I numeri in grigio a destra della riga verticale indicano il numero delle Parti, o dei possibili sottoinsiemi, degli insiemi suddetti: ciascun sottoinsieme è racchiuso fra parentesi graffe di colore nero, mentre le parentesi graffe di colore grigio indicano che ogni espressione a destra della riga nera verticale rappresenta un insieme di insiemi.</i><br /><br />Ricapitoliamo quanto detto finora: nessun insieme finito può essere messo in corrispondenza biunivoca con l’insieme delle sue parti (sottoinsiemi), poiché le parti sono sempre in numero maggiore degli elementi dell’insieme. <br /><br />Resta ora da capire se questo sia vero anche per gli insiemi infiniti. Sembrerebbe ovvio dire di sì; ma abbiamo già visto come, quando si ragiona di infinito, non si può dare niente per scontato: infatti i soli numeri pari, o i fattoriali e qualsiasi altra serie infinita di numeri apparentemente meno numerosi; e i numeri razionali, i numeri algebrici e altre serie via via "più numerose", hanno tutte la potenza dei Numeri Naturali, ovvero danno tutti luogo a insiemi equipotenti di cardinalità Aleph-zero. Non potrebbe allora essere che abbia la stessa cardinalità anche l’insieme delle parti (sottoinsiemi) dei Numeri Naturali? Ovvero, non sarà che le parti di un insieme di potenza Aleph-zero possano essere tranquillamente contate?<br /><br />La dimostrazione di Cantor è assolutamente simbolica (direi "astratta"): per far capire come funziona ne illustro solo un esempio "pratico", più facilmente comprensibile.<br /><br />Ammettiamo di creare l’insieme B di tutti i possibili sottoinsiemi dei Numeri Naturali A, e di averli messi in corrispondenza biunivoca con i Numeri Naturali stessi. La cosa potrebbe essere così:<br /><br />A — B<br />-----------------------------------<br />1 — { 1, 2 }<br />2 — { 3, 5, 6 }<br />3 — { 7 }<br />4 — { 1, 2, 4, 8, 9 }<br />5 — { 2, 6, 7 }<br />6 — { 5, 6, 7, 8 }<br />....................................<br /><br />A sinistra l’insieme dei Numeri Naturali (identificato in alto dalla lettera A); a destra l’insieme (identificato dalla lettera B) di tutti i possibili sottoinsiemi di A (le parentesi graffe come al solito indicano un insieme); i trattini indicano la corrispondenza biunivoca fra i membri degli insiemi A e B.<br /><br />Possiamo ora creare un particolare sottoinsieme dei Numeri Naturali: questo dovrà contenere solo quei numeri che non sono presenti nel loro sottoinsieme corrispondente. Quindi (vedi la tabella sopra): il numero 1 è presente nell’insieme { 1, 2 } e non ne farà parte, mentre il 2 non è presente in { 3, 5, 6 }; allora i primi numeri di questo nuovo insieme saranno { 2, 3, 5 ... }. <br /><br />Questo nuovo insieme, identifichiamolo con la lettera Z, contenendo solo Numeri Naturali, è un sottoinsieme dei Numeri Naturali stessi, quindi fa senz’altro parte di B (che è l’insieme di tutti i possibili sottoinsiemi dei Numeri Naturali), quindi deve comparire da qualche parte nell’elenco di destra della tabella mostrata sopra; di conseguenza, sarà anche associato a un qualche Numero Naturale, tra quelli presenti nell’elenco di sinistra: diciamo che tale numero sia Y.<br /><br />Ora ci dobbiamo porre la seguente domanda: il numero Y fa o non fa parte dell’insieme Z, ovvero del suo insieme corrispondente?<br /><br />— Se diciamo che Y è compreso in Z, in realtà non dovrebbe farne parte (per come è costruito Z);<br /><br />— Se diciamo che Y non è compreso in Z, in realtà dovrebbe farne parte (per come è costruito Z).<br /><br />Ecco quindi una contraddizione, che ci fa capire che il numero Y non può esistere. Allora esiste almeno un elemento B che non può essere messo in corrispondenza con un elemento di A: l’insieme B quindi ha potenza maggiore dell’insieme A.<br /><br />Questo nuovo insieme ha cardinalità Aleph-uno; e da questo, applicando lo stesso procedimento, potremo ricavare altri insiemi di cardinalità Aleph-due, Aleph-tre... ecc.. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="200"></a><b>c & Aleph-uno</b><br /><br />Ricapitoliamo:<br /><br />— Aleph-zero è la cardinalità dell’insieme dei Numeri Naturali<br />— <b>c</b> è la cardinalità del Continuo<br />— Aleph-uno è la cardinalità dell’insieme delle parti di un insieme di potenza Aleph-zero<br /><br />Domanda: che rapporto c’è fra <b>c</b> e Aleph-uno? Ebbene, si può dimostrare che rappresentano insiemi assolutamente equipotenti, quindi <b>c</b> = Aleph-uno.<br /><br />Riprendiamo in esame gli insiemi definiti più sopra: A (dei Numeri Naturali) e B (delle parti, o sottoinsiemi, dei Numeri Naturali stessi). Ogni elemento di B è un insieme costituito da uno, o più (o tutti, o nessuno) elemento di A. Associando a ciascuno dei possibili elementi di un sottoinsieme di B due valori: 0 – assente, 1 – presente, possiamo tradurre gli esempi mostrati sopra nel seguente modo:<br /><br />{ 1, 2 } — 110000000... (presenti solo primo e secondo elemento)<br />{ 3, 5, 6 } — 001011000... (presenti terzo, quindi e sesto)<br />{ 7 } — 000000100... (presente solo il settimo)<br />{ 1, 2, 4, 8, 9 } — 110100011... (presenti il primo, secondo, quarto, ottavo e nono)<br />................<br /><br />Così come gli elementi di B erano tutte le possibili combinazioni (sottoinsiemi) degli elementi di A, così queste serie di cifre 0 e 1 rappresenteranno tute le possibili combinazione di zeri e uni, impacchettati in "stringhe" di lunghezza infinita.<br /><br />Ora possiamo fare il passo conclusivo: davanti a queste stringhe di zeri e uni mettiamo un "zero-virgola".<br /><br />0,110000000<br />0,001011000<br />0,000000100<br />0,110100011<br /><br />Tutti questi possono essere intesi come numeri frazionari espressi nel sistema binario. A differenza dei numeri in notazione decimale, in cui la prima cifra dopo la virgola rappresenta i decimi, la seconda i centesimi, la terza i millesimi e così via, nei numeri binari la prima cifra rappresenta metà, la seconda un quarto, la terza un ottavo e così via. Quindi i numeri qui sopra valgono:<br /><br />0,110000000 — 1/2 + 1/4 = 0,75 <br />0,001011000 — 1/8 + 1/32 + 1/64 = 0,171875<br />0,000000100 — 1/128 = 0,0078125<br />0,110100011 — 1/2 + 1/4 + 1/16 + 1/256 + 1/512 = 0,818359375<br /><br />Abbiamo convertito quindi tutti i possibili sottoinsiemi dei Numeri Naturali in tutte le possibili stringhe di lunghezza infinita di zeri e uni. Nella loro rappresentazione binaria, queste stringhe di zeri e uni rappresentano ogni possibile Numero Reale compreso fra zero e uno: ecco quindi com’è che la potenza, o cardinalità, dell’insieme delle Parti (sottoinsiemi) dei Numeri Naturali è esattamente la stessa del Continuo, ovvero dell’insieme di tutti i Numeri Reali compresi fra zero e uno. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="300"></a><b>L'ipotesi del Continuo</b><br /><br />Adesso viene una domanda molto interessante. Siamo sicuri che questi numeri trasnfiniti <b>c</b> = Aleph-uno siano l'immediato successore di Aleph-zero? <br /><br />Possiamo porre la domanda in un altro modo. Si potrà mai trovare un insieme infinito che abbia una potenza strettamente compresa fra gli insiemi dei Numeri Naturali e dei Numeri Reali? Ovvero, un insieme che non possa essere contato dai Numeri Reali, ma che non possa a sua volta "contare" il Continuo? <br /><br />Cantor ha passato gli ultimi anni della sua vita a cercare di dimostrare questa che i matematici chiamano "ipotesi del Continuo", cioè che non esista nessun insieme infinito compreso fra quelli dei numeri naturali e dei numeri reali, ma senza riuscirci. E abbiamo già accennato come <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/contesto-storico.html#500">David Hilbert</a> abbia incluso proprio questo teorema al primo posto fra i suoi "23 problemi" al Congresso di Parigi del 1900.<br /><br />Il problema si è rivelato davvero difficile da aggredire, tant’è che solo nel 1940 <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/contesto-storico.html#600">Kurt Gödel</a> (toh, chi si rivede!) ha dimostrato che non è dimostrabile la falsità dell’ipotesi del Continuo. Sembra un passo incoraggiante: se non è possibile che l'ipotesi sia falsa, allora dovrebbe essere vera...<br /><br />... Invece nel 1963 Paul Cohen ha dimostrato che è impossibile dimostrare che l’ipotesi del Continuo sia vera! Ecco quindi saltar fuori un’antinomia, un enunciato che porta a conclusioni contraddittorie! Solo che, a differenza del <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/contesto-storico.html#400">paradosso di Russell</a>, che rivelava un’antinomia in una cosa che sembra (almeno a noi comuni mortali) più una pignoleria che un problema reale, adesso l’antinomia salta fuori dallo studio dei numeri, cioè al livello più basilare di tutto ciò che è matematica.<br /><br />L'unione dei risultati di Gödel e di Cohen diviene un esempio "pratico" di quelle proposizioni indecidibili che Gödel aveva precedentemente dimostrato esistere nel suo Secondo Teorema di Incompletezza. Per il suo risultato, Cohen ricevette nel 1966 la Medaglia Fields, ovvero la massima onorificenza per matematici di età inferiore ai quarant'anni.<br /><br /><a name="wcec"></a><i>A proposito delle dimostrazioni di Gödel e Cohen, ho chiesto lumi a un professore universitario mio amico che insegna proprio questo genere di cose. In sostanza la domanda era se tali dimostrazioni potessero essere comprese anche da uno come me, non del tutto digiuno di matematica, ma pur sempre un dilettante. La risposta è stata le seguente:<blockquote>Le dimostrazioni di Gödel e Cohen sono difficili anche per me... Le idee le conosco, ma certi dettagli tecnici nemmeno io li afferro completamente. Certo, studiandoli per bene, penso che ce la farei!<br /><br />L'idea di Gödel si puo' anche descrivere abbastanza facilmente, ma dimostrarla con tutti i crismi non è una passeggiata. L'idea della dimostrazione di Cohen invece si puo' dare solo vagamente e, per apprezzarla appieno, bisognerebbe entrare in dettagli sofisticati; dare poi la dimostrazione completa... non ne parliamo! </blockquote>Ho deciso di lasciar perdere...</i><br /><br />-------------------------<br /><br />L'insieme di idee che i personaggi di cui ho parlato in queste pagine è riuscito a mettere insieme è una delle vette massime raggiunte dall'umanità. Non ha importanza se il risultato alla fine sia un apparente "nulla di fatto", con queste antinomie che saltano fuori da tutte le parti. Sono assolutamente d'accordo con Carl Jacobi, che scrisse: <blockquote><i>"L'unico scopo della scienza è l'onore dello spirito umano; a questo titolo una questione sui numeri vale quanto una sul sistema del mondo"</i></blockquote>La potenza dei procedimenti logici avviata da Cantor con il suo approccio agli insiemi infiniti si è rivelata davvero formidabile, anche se molti matematici suoi contemporanei non l’hanno subito apprezzata. In mezzo a dispute anche aspre su questo argomento, David Hilbert ebbe a dire: <blockquote><i>"Nessuno ci scaccerà dal Paradiso che Cantor ci ha procurato!"</i> <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a></blockquote><br /><br /><a name="400"></a><b>Questioni... teologiche!</b><br /><br />Voglio finire questa dissertazione con un paio di aneddoti che riguardano Galileo e Cantor alle prese con l'infinito, questo concetto non solo numerico, ma anche filosofico e, soprattutto, teologico.<br /><br />Il concetto di infinito inizia ad essere sfruttato in teologia da Nicola Cusano (1401-1464) che confronta in varie occasioni l’infinità di Dio con la finitezza degli uomini, e l’intelletto (finito) con la Verità (infinita). A lungo andare quindi l’infinito ha condensato un sacco di attributi divini... diventando un termine da usare con le molle. <br /><br />Come abbiamo visto Galileo Galilei si è imbattuto in alcuni ragionamenti logici che riguardano l’infinito; ma la sua mancanza di coraggio nell’arrivare alle loro estreme conseguenze forse è da ascrivere al timore di dare altri argomenti all’inquisizione... con cui aveva già i suoi bei problemi! Non va dimenticato che pochi anni prima, nel 1600, Giordano Bruno era stato condannato al rogo anche per aver detto "È dunque l'universo uno, infinito, immobile...", mentre secondo l’inquisizione (il cardinale Roberto Bellarmino, Dottore della Chiesa, è quello che condannò sia Giordano Bruno che Galileo) l’universo è finito e gira, mentre è la terra a stare immobile.<br /><br />Anche Cantor si pose qualche problema al momento di divulgare le sue teorie sugli insiemi infiniti, soprattutto per quanto riguarda l’esistenza di infiniti di varia grandezza. Da buon cristiano si chiese se usare il termine infinito non avrebbe disturbato la gerarchia ecclesiastica; era la fine dell'ottocento, non c'era più pericolo di andare al rogo, però volle comunque sapere che cosa avrebbe pensato di questo fatto la gerarchia cattolica. Andò in Vaticano, portò i suoi lavori al Santo Uffizio, che era governato da un cardinale tedesco, a cui disse: "Eminenza io ho qui lavori di matematica che mi dicono che ci sono più infiniti, in realtà tanti infiniti". Il cardinale disse: "Insomma io la matematica non la conosco... mi lasci i suoi lavori, che li faccio studiare ai miei segretari". <br /><br />I segretari erano dei domenicani, che si presero due anni, perché ovviamente hanno dovuto cominciare a studiare la teoria degli insiemi da zero. Dopo due anni dissero al cardinale: "Secondo noi non c'è problema, non c'è pericolo per la fede". Allora Cantor venne convocato in Vaticano e il cardinale del Santo Uffizio gli disse: "Guardi lei può parlare di questi infiniti, purché non li chiami infiniti, perché effettivamente questo darebbe una brutta idea teologica, cioè farebbe una connessione con la divinità". Allora Cantor scelse il nome "transfiniti"; ma, per ironia della sorte, i matematici preferiscono chiamarli con il nome di... numeri Cardinali!<br /><br />Il cardinale del Santo Uffizio si era anche fatto l’idea che dopo tutti questi transfiniti, là, alla fine, ci fosse il vero infinito assoluto. Chiese a Cantor cosa ne pensasse: "Per noi matematici quello non c'è. Non esiste un infinito assoluto per i matematici, perché ciò sarebbe contraddittorio". Al che il cardinale rispose: "Va bene: quello lì è nostro!". <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-49930914438897521942010-07-21T17:19:00.019+02:002011-09-05T17:53:01.915+02:00Numeri Transfiniti: il contesto storico<a name="index"></a><b>Sommario:</b>
<br />
<br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/numeri-transfiniti.html">+ I numeri Naturali</a>
<br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/aleph-zero.html">+ Ancora Aleph-zero</a>
<br /><a href="#100">– Il contesto storico</a>
<br /> <i><a href="#100">Rifondare la matematica</a></i>
<br /> <i><a href="#200">Giuseppe Peano</a></i>
<br /> <i><a href="#300">Bertrand Russell</a></i>
<br /> <i><a href="#400">Gottlob Frege</a></i>
<br /> <i><a href="#500">David Hilbert</a></i>
<br /> <i><a href="#600">Kurt Gödel</a></i>
<br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/il-continuo.html">+ Oltre Aleph-zero: il Continuo</a>
<br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/ipotesi-continuo.html">+ L'ipotesi del Continuo</a>
<br />
<br /><a name="100"></a><b>Rifondare la matematica</b>
<br />
<br />Nel XIX secolo la matematica era arrivata a un livello di sviluppo veramente notevole, ed era in continua evoluzione. Qualcuno cominciò ad avere dei dubbi sulla correttezza di tutto ciò, in quanto è bensì vero che da premesse valide, con ragionamenti corretti, si arriva sempre a conclusioni altrettanto valide; ma siamo sicuri che tutte le premesse siano valide, e che da qualche parte non sia stato commesso un qualche errore di ragionamento?
<br />
<br />Si andavano profilando due ordini di dubbi, dei quali il primo era già stato indicato da Kant nella "Critica della ragion pura". Questo era: quanto può il processo di induzione essere portato avanti senza "partire per la tangente"? Il secondo ordine di dubbi invece era: le basi sulle quali si appoggia tutto il castello sono davvero solide?
<br />
<br />L’Analisi Matematica era (ed è) un campo cruciale, in quanto consente di descrivere il funzionamento dei sistemi fisici. In questo campo si gioca abbastanza disinvoltamente con zeri, infiniti e infinitesimi, si fanno addirittura somme di infiniti infinitesimi. Per fortuna l’Analisi ha spesso il modo di confrontarsi con la fisica, per cui storicamente è capitato anche che non sia stata la fisica a essere "capita" dalla matematica, ma la matematica ad essere "convalidata" dalla fisica.
<br />
<br />Certo questo modo di procedere non poteva bastare ai matematici, puntigliosi e perfezionisti come sono: ecco quindi la necessità di fare un ragionamento complessivo sulla materia, cercando di partire dal minor numero di assiomi, per poi arrivare alle questioni più complesse per piccoli passi, incontrovertibilmente dimostrabili. (Gli assiomi, anche detti postulati, sono enunciati che, pur non essendo dimostrati, sono considerati veri; vengono usati per fornire i punti di partenza necessari alla delineazione di un quadro teorico, come può essere quello della teoria degli insiemi). <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>
<br />
<br /><a name="200"></a><b>Giuseppe Peano</b>
<br />
<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4814795659/" title="Giuseppe Peano di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4102/4814795659_8ea0990481_m.jpg" width="168" height="240" alt="Giuseppe Peano" /></a>
<br />
<br />Dovendo iniziare dalle cose più semplici, la cosa ovvia era di partire dai numeri naturali. I quali, pur essendo intuitivi, richiedevano una definizione precisa. Giuseppe Peano (1858-1932), il primo logico matematico italiano della storia, li definì in base a questi cinque assiomi:
<br />
<br />— Esiste un numero naturale zero
<br />— Ogni numero naturale ha un numero naturale successore
<br />— Numeri diversi hanno successori diversi
<br />— Zero non è il successore di alcun numero naturale
<br />— Ogni insieme di numeri naturali che contenga lo zero e il successore di ogni proprio elemento coincide con l'intero insieme dei numeri naturali
<br />
<br />Io li trovo magnifici, ma non tutti la pensano così. Per esempio la definizione di "successore" non è stata considerata sufficientemente precisa, si potrebbe contare di due in due, o di tre in tre... (i logici, coloro che si occupano di logica, riescono ad essere addirittura più puntigliosi e precisi dei matematici!)
<br />
<br />I logici sanno che devono stare molto attenti: non è detto che le loro costruzioni non entrino mai in contraddizione. Lo scoprirono già gli antichi greci, grazie a tale Epimenide di Creta (VI secolo a.C.), il quale, cretese appunto, ebbe a dire che "tutti i Cretesi sono bugiardi". Si capisce bene che si tratta di un paradosso: se egli, cretese, stesse dicendo la verità, allora non sarebbe vero che tutti i cretesi sono bugiardi; se invece fosse bugiardo, starebbe affermando una cosa vera! (*) Contraddizioni di questo tipo, o "antinomie" (le situazioni per cui, posta una questione particolare, se ne possono ricavare due affermazioni apparentemente valide ma che sono in contrasto fra loro) sono sempre in agguato.
<br />
<br /><i>(*) Il paradosso del mentitore, come espresso da Epimenide, non è corretto: basta pensare che almeno un cretese dica la verità. Allora Epimenide sarebbe effettivamente bugiardo dicendo che i cretesi sono tutti bugiardi, perché in realtà ce n'è uno che non lo è. Comunque i logici moderni hanno saputo creare altri paradossi per cui... non c'è scappatoia che tenga!</i> <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>
<br />
<br /><a name="300"></a><b>Bertrand Russell</b>
<br />
<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4815419108/" title="Bertrand Russell di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4143/4815419108_3219503bc8_m.jpg" width="168" height="240" alt="Bertrand Russell" /></a>
<br />
<br />Insomma, i logici ci pensano un po’ su, trovano che i numeri naturali non sono la base giusta da cui partire, e cercano qualcosa di più potente e versatile: inventano il concetto di Insieme. In effetti si può verificare l'efficacia della Teoria degli Insiemi proprio nel definire la serie dei Numeri Naturali: come vedremo fra poco, si tratta di una costruzione davvero <i>elementare</i> (nel senso che richiede un numero veramente ridotto di concetti di base, anche se non è una cosa affatto semplice).
<br />
<br />Gli insiemi sono collezioni di uno o più elementi distinguibili l’uno dall’altro (esiste anche l’insieme vuoto); il numero di elementi contenuto da ciascun insieme è detto potenza dell’insieme. L’insieme vuoto ha quindi potenza zero, quelli con un solo elemento hanno potenza uno, e così via. Per ottenere l'intera serie dei numeri naturali basta procedere come segue:
<br />
<br />— all’insieme vuoto, che ha zero elementi e quindi ha potenza 0, viene associato il numero zero.
<br />
<br />— si crea la regola per cui il successore B di un insieme A è dato dall’unione degli elementi dell’insieme A con l’insieme A stesso; in questo modo si aggiunge l’elemento costituito dall’insieme A agli elementi già contenuti in A, ottenendo un insieme B che ha una potenza maggiore di un'unità rispetto all'insieme A: assoceremo alla potenza di questo nuovo insieme il numero naturale corrispondente.
<br />
<br />Vediamo meglio come funziona il tutto: agli elementi dell'insieme vuoto (che non ne ha) aggiungo l'insieme vuoto stesso, ottenendo l'insieme uno che conterrà solo un insieme vuoto, e quindi avrà potenza uno; agli elementi dell'insieme uno (che contiene un insieme vuoto) aggiungo l'insieme uno e ottengo l'insieme due (conterrà l'insieme vuoto e l'insieme uno); quello tre avrà tre elementi (l'insieme vuoto, l'uno e il due), e così via: ciascuno con potenza pari al numero di elementi che contiene. Avendo associato ciascuno di questi insiemi ai numeri che esprimono la loro potenza, con questo abbiamo definito l'intera serie dei numeri naturali.
<br />
<br />In sostanza, bastano i concetti di insieme (e insieme vuoto) e di successore per creare l'intera serie dei Numeri Naturali!
<br />
<br />Fra il XIX e il XX secolo gli studi per rifondare la matematica andarono avanti speditamente, <i>con</i> e <i>senza</i> l'uso della teoria degli insiemi (non tutti i matematici la vedevano di buon occhio; ma come abbiamo visto, e vedremo ancora, Georg Cantor la usò in modo spettacolare per aggredire il concetto di infinito). Le basi a quel punto erano davvero solide, e c'era la convinzione diffusa che non si sarebbe mai trovata una contraddizione, non si sarebbe mai trovato un paradosso (o antinomia, come quella del mentitore). <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>
<br />
<br /><a name="400"></a><b>Gottlob Frege</b>
<br />
<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4814796177/" title="Gottlob Frege di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4141/4814796177_e45c05e29f_m.jpg" width="168" height="240" alt="Gottlob Frege" /></a>
<br />
<br />Anche Gottlob Frege (1848-1925), considerato uno dei più grandi logici dopo Aristotele, stava contribuendo alla ricostruzione della matematica. Aveva già pubblicato il primo tomo del suo "Principi di Aritmetica" e stava per andare in stampa con il secondo volume, quando riceve una lettera da Bertrand Russell. Russell affronta la seguente questione:<blockquote>Può un insieme essere elemento di sé stesso, ovvero contenere se stesso?</blockquote>La risposta è sì. Ad esempio, l'insieme di tutti i libri di una biblioteca non è elemento di sé stesso. Invece, l'insieme di tutti gli insiemi con più di 20 elementi è elemento di sé stesso. Allora vediamo quest’altra questione:<blockquote>Che tipo di insieme salta fuori se ne creo uno che contenga tutti gli insiemi che non contengono se stessi?</blockquote>Vediamo per tentativi, provando a considerare o meno questo insieme come elemento di se stesso:
<br />
<br />— se dico che questo insieme non contiene se stesso, fa parte del gruppo degli insiemi che non contengono se stessi, e quindi dovrebbe farne parte (ma l'ipotesi era che non ne facesse parte)
<br />
<br />— se dico che questo insieme contiene se stesso, non fa parte del gruppo degli insiemi che non contengono se stessi, e quindi non dovrebbe farne parte (ma l'ipotesi era che ne facesse parte)
<br />
<br />Ecco il paradosso fatale: alla creazione dell'insieme degli insiemi che non contengono se stessi consegue la comparsa di un'antinomia, ed è quanto basta per smontare l’illusione di un sistema logico completo e coerente. L’esistenza di una contraddizione come questa è la crepa che fa crollare il castello.
<br />
<br />Frege prese atto delle conseguenze distruttive per il sistema che aveva costruito e si rassegnò a scrivere un'appendice ai suoi Principi, in cui confessava il fallimento della sua opera. Le contraddizioni messe in luce dal paradosso di Russell sono insolubili nell'ambito della teoria degli insiemi, e i logici matematici hanno dovuto sudare parecchio per imparare a gestire questo stato di cose. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>
<br />
<br /><a name="500"></a><b>David Hilbert</b>
<br />
<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4817011133/" title="David Hilbert di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4123/4817011133_c6fc83043f_m.jpg" width="178" height="240" alt="David Hilbert"></a>
<br />
<br />... e la Geometria? Nel XIX secolo erano stati compiuti moti sforzi per "assiomatizzare", ovvero riformulare su basi logiche, un po' tutti i campi della matematica. Ma la Geometria, che peraltro aveva avuto sviluppi grandiosi (ad esempio con la nascita delle Geometrie non Euclidee), era stata per lo più esclusa da questo processo.
<br />
<br />La lacuna viene colmata da David Hilbert (1862-1943) il quale, nel 1899, pubblica un testo fondamentale: i Fondamenti della Geometria (di cui <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2011/08/euclide-punti-linee-e-superfici.html">accenno qui</a> qualche dettaglio). Si tratta del primo risultato veramente compiuto di assiomatizzare una parte della matematica senza incorrere in antinomie o contraddizioni. Il testo ebbe successo immediato, spronando ancor di più gli sforzi per arrivare a risultati analoghi negli altri campi della matematica — peraltro potremmo dire che con questo testo Hilbert spronava anche sé stesso, anche se era conscio del fatto che il compito sarebbe stato superiore alle proprie forze (come a quelle di qualsiasi altro <i>singolo</i> matematico), quindi approfittò di una circostanza molto particolare:
<br />
<br />Nel 1900 a Parigi si riuniva il secondo Congresso Internazionale dei Matematici (il primo si era svolto a Zurigo nel 1893). Invitato a intervenire, Hilbert, invece di illustrare qualche proprio risultato già raggiunto, espose un elenco di problemi da risolvere: era una specie di "compito in classe" per tutto il mondo matematico del secolo a venire.
<br />
<br />Nel suo intervento Hilbert elenca una decina di problemi, scelti fra la lista di quelli che saranno poi conosciuti come i ventitré "Problemi di Hilbert" (l'elenco completo compare nella memoria scritta da Hilbert per la pubblicazione negli atti del congresso). Di questi, alcuni furono risolti in breve tempo, altri hanno richiesto vari decenni, mentre qualcosa è stato incluso anche fra i sette "Problemi per il Millennio", un elenco analogo a quello di Hilbert, promosso dall'Istituto Matematico Clay nel "Convegno del Millennio" di Parigi, il 24 maggio 2000.
<br />
<br />Dei problemi di Hilbert, per l'argomento che stiamo trattando in questi capitoli sono di particolare interesse i primi due:<blockquote>1 — Dimostrare l'<i>ipotesi del Continuo</i>;
<br />2 — Dimostrare la validità assoluta degli assiomi dell'aritmetica.</blockquote>Del primo problema ci occuperemo nei prossimi capitoli, mentre il secondo problema chiede di fare proprio ciò di cui ci stiamo occupando qui: dimostrare (come era già stato fatto per la geometria euclidea, proprio a opera di Hilbert) che gli assiomi dell'aritmetica sono anch'essi <i>consistenti</i> e <i>coerenti</i>. Vediamo cosa significano esattamente questi due termini:
<br />
<br />Consistenza — Gli assiomi alla base di una teoria (in questo caso, l'aritmetica) devono essere completi (o sufficienti), in modo da coprire tutti i possibili sviluppi della teoria; inoltre bisogna verificare che non verranno mai in conflitto fra loro, ovvero che non ne possano nascere contraddizioni.
<br />
<br />Coerenza — Garantire che i teoremi che saranno sviluppati a partire dallo stesso insieme di assiomi non saranno mai in contraddizione fra loro.
<br />
<br /><i>(Tutto sommato, sembra il minimo che si possa chiedere a una teoria matematica...)</i>
<br />
<br />Nell'introduzione al suo discorso, Hilbert fa riferimento a due problemi matematici antichissimi: la quadratura del cerchio e la duplicazione del cubo. A seguito di secoli e secoli di tentativi andati a vuoto, finalmente nel XIX secolo si è dimostrata l'<i>impossibilità</i> di risolverli. E questo tutto sommato è un fatto positivo: è sicuramente meglio che un'affermazione sia dimostrata falsa piuttosto che rimanere nel dubbio, o peggio, arrivare a dimostrarne la "indecidibilità".
<br />
<br />Purtroppo nei tentativi di assiomatizzare la matematica i casi indecidibili stavano continuando ad emergere, come l'Antinomia di Russell già citata; ecco quindi il compito assegnato ai matematici: cercare di eliminare questo genere di anomalie. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>
<br />
<br /><a name="600"></a><b>Kurt Gödel</b>
<br />
<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4815419616/" title="Kurt Gödel di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4100/4815419616_266e89d6ae_m.jpg" width="168" height="240" alt="Kurt Gödel" /></a>
<br />
<br />La speranza di costruire un castello interamente coerente della matematica si è infranta definitivamente nel 1931, quando Kurt Gödel (1906-1978) dimostrò il suo Primo Teorema di Incompletezza. Questo dice:<blockquote>In ogni teoria matematica <b>T</b> ... esiste una formula <b>F</b> tale che, se <b>T</b> è coerente, allora né <b>F</b> né la sua negazione sono dimostrabili in <b>T</b>.</blockquote>Questo teorema (semplificando) afferma che in un sistema assiomatico salterà sempre fuori un enunciato non dimostrabile a partire dagli assiomi di partenza, ovvero un caso indecidibile del quale non si può dire se sia vero oppure falso.
<br />
<br />Il Secondo Teorema di Incompletezza recita invece:<blockquote>Nessun sistema coerente può essere utilizzato per dimostrare la sua stessa coerenza.</blockquote>In pratica, se voglio costruire un sistema matematico partendo da qualche assioma di partenza, avrò bisogno di qualche assioma <i>esterno alla teoria</i> per verificarne la validità...
<br />
<br />Questi risultati di Gödel vengono da qualcuno considerati il risultato più decisivo raggiunto nel campo della logica matematica: infatti sembra precludere ogni speranza di arrivare a una <i>certezza</i> matematica. Per fortuna, i matematici non si sono sentiti tarpare le ali da questi teoremi, tant'è che hanno continuato, e continuano, a produrre teoremi su teoremi...
<br />
<br />Insomma, stiamo attenti a dire che la matematica è "tutta sbagliata": rischieremmo di buttare via il bambino con l'acqua sporca! Si è solo scoperto che la coerenza logica, quando si raggiungono certi ragionamenti limite, non è pienamente raggiungibile. Ma quando pagate il conto al ristorante, state tranquilli che nel calcolo del resto non si presenterà mai alcuna antinomia! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>
<br />
<br /><i>Prossimo capitolo: <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/il-continuo.html">Il Continuo</a></i>aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-67146597418347881612010-07-21T07:56:00.010+02:002011-09-03T07:50:20.117+02:00Numeri Transfiniti: Aleph-zero<a name="index"></a><b>Sommario:</b>
<br />
<br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/numeri-transfiniti.html">+ I numeri Naturali</a>
<br /><a href="#100">– Ancora Aleph-zero</a>
<br /> <i><a href="#200">Numeri Razionali</a></i>
<br /> <i><a href="#300">Numeri Irrazionali</a></i>
<br /> <i><a href="#400">Numeri Algebrici</a></i>
<br /> <i><a href="#500">Numeri Negativi</a></i>
<br /> <i><a href="#800">Irrazionalità di √2</a></i>
<br /> <i><a href="#900">Irrazionalità delle radici non intere</a></i>
<br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/contesto-storico.html">+ Il contesto storico</a>
<br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/il-continuo.html">+ Oltre Aleph-zero: il Continuo</a>
<br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/ipotesi-continuo.html">+ L'ipotesi del Continuo</a>
<br />
<br /><a name="100"></a><b>Ancora Aleph-zero</b>
<br />
<br />Nel <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/numeri-transfiniti.html">primo capitolo</a> di questa "scorribanda" fra gli insiemi infiniti abbiamo scoperto che non si trovano, diciamo così, insiemi infiniti "piccoli". Detto in termini più precisi: non esistono insiemi infiniti di cardinalità, o potenza, minore dell’insieme dei numeri naturali; la cui cardinalità si identifica con la sigla Aleph-0. Ora vogliamo vedere se riusciamo a trovare insiemi infiniti più grandi di Aleph-0.
<br />
<br />Per trovare un insieme "più grande" di quello dei numeri naturali bisogna (tenetevi forte!) trovare <i>"un insieme che abbia una funzione iniettiva rispetto all'insieme dei numeri naturali, ma nessuna corrispondenza biunivoca con esso"</i>! Detto in altre parole: occorre scovare un insieme infinito che contenga alcuni membri (in teoria ne basta anche uno solo), che non possa essere messo in corrispondenza con un qualche elemento dell'insieme dei numeri naturali. Si può dire altresì che gli elementi dell'insieme più grande non potranno essere "contati": solo verificando questa condizione saremo sicuri di aver trovato un insieme di cardinalità maggiore di Aleph-0. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>
<br />
<br /><a name="200"></a><b>Numeri Razionali</b>
<br />
<br />Possiamo fare un primo tentativo prendendo in esame i numeri razionali, che sono quelli che si ottengono dal rapporto tra due numeri naturali (il termine "razionale" deriva dal latino "ratio", proprio nel suo significato di rapporto). Ogni numero razionale è il risultato di una divisione a/b in cui a è il numeratore e b il denominatore; b deve ovviamente essere diverso da zero, mentre se abbiamo b=1 il risultato è un numero intero: i numeri interi (naturali) sono quindi un sottoinsieme dei numeri razionali.
<br />
<br />Nell’intervallo compreso fra ogni coppia di numeri interi consecutivi posso inserire quanti numeri razionali voglio; qui sotto vi mostro una rappresentazione grafica di questo concetto:
<br />
<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/3961136239/"><img src="http://farm4.static.flickr.com/3422/3961136239_00cbdb4243_o.jpg" width="500" height="206" alt="razionali" /></a>
<br />
<br />fra i numeri 1 e 2 ho inserito 3/2 (1,5), 4/3 (1,333...), 9/5 (1,8), ovviamente ci sono infinite altre possibilità (ne ho indicate qualcuna con quei punti interrogativi). Calcolando il quoziente fra numeratore e denominatore di ciascuna di queste frazioni si ottiene un numero decimale con un numero finito o addirittura infinito di cifre dopo la virgola (in quest'ultimo caso, come abbiamo imparato alle medie, i decimali saranno periodici).
<br />
<br />Ecco, mi vengono in mente almeno tre motivi per cui i numeri razionali dovrebbero essere in quantità maggiore rispetto ai numeri naturali: il fatto che fra ogni coppia di numeri naturali consecutivi posso inserire infinite frazioni; la presenza di tutti quegli infiniti decimali; infine il fatto che ogni numero razionale viene definito da due numeri naturali (numeratore e denominatore). E invece...
<br />
<br />#1
<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/3958887255/"><img src="http://farm4.static.flickr.com/3466/3958887255_dfae8a41e6.jpg" width="500" height="500" alt="Griglia1" /></a>
<br />
<br />Ecco, in questa griglia ho inserito tutte le frazioni possibili e immaginabili: basta cercare il numeratore sull’asse delle X (orizzontale) e il denominatore sull’asse delle Y (verticale); ovviamente lo schema può essere ingrandito a piacimento. Ho inserito anche dei pallini colorati e numerati: il numero 1 accanto alla frazione 1/1, poi 2 per 2/1 e 3 per 1/2, poi ancora 4 per 3/1, 5 per 2/2 e 6 per 1/3, e così via. In questo modo sto "contando" per diagonali successive tutte le frazioni possibili, anche quelle non ridotte ai minimi termini.
<br />
<br />Eccoci quindi al punto: siccome i numeri naturali sono in grado di "contare" le frazioni, e quindi i numeri razionali (*), vuol dire che i due insiemi (dei numeri naturali e dei numeri razionali) possono essere messi in corrispondenza biunivoca, quindi hanno la stessa potenza: sempre Aleph-0.
<br />
<br /><i>(*) Precisazione: alcune frazioni che compaiono nella griglia #1 danno luogo allo stesso numero naturale (es. 1/1 e 2/2 = 1) o razionale (es. 1/2 e 2/4 = 0,5); per avere numeri razionali tutti diversi l'uno dall'altro dovrei escludere dal conteggio tutte le frazioni non ridotte ai minimi termini.
<br />
<br />Escludere le frazioni non ridotte ai minimi termini è una cosa che si può fare, anche se non è facilissima quando numeratore e denominatore diventano molto grandi. Però si tratterebbe di una fatica inutile:
<br />
<br />— l'insieme dei numeri naturali è un sottoinsieme dell'insieme dei numeri razionali (che comprende tutti i numeri naturali)
<br />
<br />— l'insieme dei numeri razionali è un sottoinsieme dell'insieme delle frazioni, in quanto più frazioni danno luogo allo stesso numero razionale
<br />
<br />— nella griglia #1 ho mostrato la corrispondenza biunivoca fra gli insiemi dei numeri naturali e delle frazioni, che sono quindi equipotenti e di cardinalità Aleph-0.
<br />
<br />— allora anche l'insieme dei numeri razionali, che è apparentemente "compreso", come potenza, fra gli altri due, non può che avere potenza Aleph-0 (ometto la dimostrazione rigorosa).</i> <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>
<br />
<br /><a name="300"></a><b>Numeri Irrazionali</b>
<br />
<br />Facciamo un altro tentativo: proviamo con i numeri irrazionali, come la radice quadrata di due. Questo numero ha una lunga storia: per il teorema di Pitagora la radice quadrata di due coincide con la lunghezza della diagonale di un quadrato di lato unitario:
<br />
<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/3958888695/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2555/3958888695_3bf2a24da7_o.jpg" width="240" height="240" alt="quadratodiagonale" /></a>
<br />
<br />Pitagora era un entusiasta sostenitore della "comprensibilità" dell’universo, nel senso che cercava di "misurarne" i segreti in termini di rapporti. Per esempio aveva studiato le note musicali scoprendo che hanno fra loro delle relazioni "razionali"; aveva anche immaginato il sistema delle "sfere celesti" come supporto per i pianeti e le stelle fisse, sfere sempre in rapporto razionale fra loro; e mescolando le note musicali con le sfere celesti aveva immaginato quella che ancora oggi chiamiamo "armonia delle sfere".
<br />
<br />Insomma Pitagora era felicissimo di avere trovato... proprio il teorema di Pitagora! Però ci rimase molto male quando scoprì che la radice quadrata di due non è un numero razionale. Mettetevi nei suoi panni: vuole capire l’universo mondo, scopre un teorema straordinario che lo può aiutare a capirlo meglio, e il primo risultato che trova sfugge al suo criterio su cosa è razionale e cosa non lo è (per la dimostrazione della non razionalità del numero radice di due, vedi sotto). In altre parole: riesce a dimostrare che la radice di due non può essere definita da nessuna frazione a/b, in cui a e b siano numeri interi.
<br />
<br />In epoca più moderna è stato dimostrato un teorema molto più generale (vedi ancora sotto), che dice che ogni radice di qualsiasi grado, di qualsiasi numero naturale, può dare come risultato o un numero intero o un numero irrazionale; numeri razionali, mai.
<br />
<br />Insomma stiamo scoprendo una quantità enorme di numeri che non sono razionali. Il fatto di non esserlo, vuol dire che la loro rappresentazione decimale non presenterà nessun carattere di periodicità, avendo sequenze infinite di cifre decimali in successione, diciamo così, caotica. Questa cosa trova una facile spiegazione: se ricordate la matematica delle medie, ci avevano insegnato a trovare la "frazione generatrice" dato un qualunque numero decimale periodico, con o senza antiperiodo. Quindi se i numeri irrazionali, come la radice di due, fossero numeri decimali periodici, avrebbero la loro bella frazione generatrice... e allora sarebbero razionali e non più irrazionali.
<br />
<br />Questi numeri irrazionali sono degli ottimi candidati per vedere se possono dar luogo a un insieme infinito più grande, ovvero di cardinalità più grande, rispetto all’insieme dei numeri naturali. Ma come ormai vi aspetterete... non è così! Infatti posso usare lo stesso "trucco" usato per i numeri razionali: invece di mettere nel grafico tutte le frazioni possibili, metto tutte le radici possibili. Quindi avrò la riga delle "radici prime" (di fatto, la riga dei numeri naturali); poi la riga delle radici quadrate, delle radici cubiche, poi delle radici quarte, quinte eccetera. E tutte queste radici le potrò numerare per diagonali, come avevo fatto con le frazioni: quindi neanche in questo caso ho ottenuto il mio scopo!
<br />
<br />#2
<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/3959659504/"><img src="http://farm4.static.flickr.com/3515/3959659504_8e3781808e.jpg" width="500" height="500" alt="Griglia2" /></a>
<br />
<br /><i>Per le radici di numeri che danno luogo a numeri interi, come radice quadrata di 4 o radice cubica di 27, vale lo stesso discorso fatto qui sopra per i numeri razionali.</i> <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>
<br />
<br /><a name="400"></a><b>Numeri Algebrici</b>
<br />
<br />C’è un piccolo problema: il nuovo "conteggio" visto sopra lascia fuori i numeri razionali, per esempio la frazione 2/3 non è compresa. Come fare per mettere insieme le due classi di numeri? Beh, basta fare un doppio conteggio. Nella tabella #1 avevamo contato i numeri razionali: se sostituiamo i numeri sotto radice nella tabella #2 con le loro frazioni corrispondenti, otterremo una tabella in cui compaiono tutte le radici (radici di ogni grado) di tutti i numeri i razionali; quindi:
<br />
<br />— le radici di primo grado delle frazioni con l’unità al denominatore danno luogo ai numeri naturali;
<br />
<br />— le radici di primo grado dei numeri razionali danno luogo ai razionali stessi;
<br />
<br />— tutte le radici di secondo, terzo grado e oltre, danno luogo a tutte le radici possibili, dei numeri naturali come dei numeri razionali.
<br />
<br />#3
<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/3959660122/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2620/3959660122_5437172b32.jpg" width="500" height="500" alt="Griglia3" /></a>
<br />
<br />Possiamo immaginare a questo punto di complicare le cose quante volte si vuole: troveremo sempre il modo di "contare" espressioni algebriche sempre più complicate, senza mai trovare un insieme infinito di cardinalità superiore ad Aleph-0!
<br />
<br /><i>Nella griglia #3 sto mettendo in corrispondenza i numeri naturali con espressioni del tipo radice ennesima di a/b. Anche qui, molte espressioni possono dar luogo allo stesso numero, intero, razionale o irrazionale che sia; vale comunque lo stesso ragionamento già fatto qui sopra.</i> <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>
<br />
<br /><a name="500"></a><b>Numeri Negativi</b>
<br />
<br />Ma ora che mi viene in mente, come la mettiamo con lo zero e i numeri negativi? A questo punto è semplice: basta fare una conversione di questo tipo:
<br />
<br />1 — 0
<br />2 — 1
<br />3 — –1
<br />4 — 2
<br />5 — –2
<br />6 — 3
<br />7 — –3
<br />...
<br />
<br />In sostanza sto mettendo in corrispondenza biunivoca la serie dei numeri naturali (numeri di sinistra) con lo zero e i numeri interi di entrambi i segni (a destra). Naturalmente possiamo sostituire a ogni numero di destra (senza segno) la rispettiva frazione, o radice, o radice di frazione, o qualsiasi altra espressione algebrica che vogliamo!
<br />
<br />Da ciò che abbiamo visto in questa e nel capitolo scorso, gli insiemi dei numeri naturali; gli insiemi apparentemente "più piccoli" come i soli numeri pari, o i quadrati, o i numeri fattoriali; e gli insiemi apparentemente "più grandi" come i numeri razionali, irrazionali, e algebrici, anche considerando il segno... tutti questi insiemi sono equipotenti, e hanno cardinalità Aleph-0! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>
<br />
<br /><a name="800"></a><b>Irrazionalità di √2</b>
<br />
<br />Questa dimostrazione compare negli "Elementi" di Euclide, ed è basata su un ragionamento per assurdo.
<br />
<br />Sia [AB] il lato e [AC] la diagonale di un quadrato, e si supponga che i due segmenti stiano tra loro come la frazione m/n, ridotta ai minimi termini. Allora:<blockquote>[AC]² : [AB]² = m² : n²</blockquote>Ma, per il teorema di Pitagora:<blockquote>[AC]² = 2 ּ [AB]²</blockquote>E quindi:<blockquote>m² = 2 ּ n²</blockquote>Ne consegue che m², e perciò m, è pari. Deve dunque essere dispari il numero n. Poniamo allora<blockquote>m = 2 ּ q</blockquote>Allora<blockquote>m² = 4 ּ q² = 2 ּ n²
<br />2 ּ q² = n²</blockquote>Di conseguenza n² è pari. È quindi pari anche n, che si è dimostrato dover essere dispari. Ne nasce un’incompatibilità che prova l’asserto. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>
<br />
<br /><a name="900"></a><b>Irrazionalità delle radici non intere</b>
<br />
<br /><i> "Siano a ed n due numeri naturali. Se la radice a-ma di n non esiste nel campo nei numeri interi, essa non esiste neppure nel campo dei numeri razionali."</i>
<br />
<br />Lo si dimostra per assurdo. Sia x = p / q un numero razionale tale che xª = n, con p e q primi tra loro. Allora anche pª e qª sono primi tra loro.
<br />
<br />Dovendo essere n = xª = (p / q)ª, risulta pª = n ּ qª e perciò qª è un divisore di pª. Ma pª e qª sono primi tra loro, e ciò può avvenire soltanto se qª = 1. Sarebbe allora x = p / 1, un numero intero, contrariamente all'ipotesi. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>
<br />
<br /><i>Prossimo capitolo: <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/contesto-storico.html">Il contesto storico</a></i>aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-84272248534931585092010-07-20T17:35:00.015+02:002011-09-03T07:50:24.066+02:00I Numeri Transfiniti<i>Comincia qui una spiegazione che inizia con qualche considerazione sui numeri naturali, la loro "quantità" e la ricerca di vari tipi di insiemi infiniti. Il tutto con il racconto dei personaggi, delle conquiste e, purtroppo, dei clamorosi fallimenti: è un racconto a tratti davvero avvincente.</i>
<br />
<br /><a name="index"></a><b>Sommario:</b>
<br />
<br /><a href="#100">– I numeri Naturali</a>
<br /> <i><a href="#100">Insiemi e "corrispondenza biunivoca"</a></i>
<br /> <i><a href="#200">Numeri infiniti</a></i>
<br /> <i><a href="#300">Aleph-zero</a></i>
<br /> <i><a href="#400">Infiniti "più piccoli"?</a></i>
<br /> <i><a href="#500">Numeri Transfiniti</a></i>
<br /> <i><a href="#600">Intermezzo: l'albergo con infinite stanze</a></i>
<br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/aleph-zero.html">+ Ancora Aleph-zero</a>
<br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/contesto-storico.html">+ Il contesto storico</a>
<br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/il-continuo.html">+ Oltre Aleph-zero: il Continuo</a>
<br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/ipotesi-continuo.html">+ L'ipotesi del Continuo</a>
<br />
<br /><a name="100"></a><b>Insiemi e "Corrispondenza Biunivoca"</b>
<br />
<br /><i>La teoria degli insiemi non mi è stata insegnata a scuola: solo quando è diventata "di moda" ho cominciato a chiedermi a cosa servisse. Tutte quelle infinite definizioni come "unioni", "intersezioni", funzioni "iniettive" e "suriettive"... mi sembravano solo un modo di vessare i poveri studenti. Insomma non ne ho vista l’utilità pratica fino a quando non mi sono imbattuto nello studio dell’infinito, per il quale studio in realtà sono sufficienti due soli concetti: quello di insieme, appunto, e quello di "corrispondenza biunivoca".</i>
<br />
<br />Un insieme è una collezione di oggetti di vario genere, tutti diversi (o almeno, distinguibili) l’uno dall’altro. Per fare un esempio, posso considerare che la mia mano sinistra sia l’insieme delle sue cinque dita, e la mano destra l’insieme di altre cinque dita.
<br />
<br />Domanda: come posso fare per stabilire se questi due insiemi (le mani) contengono lo stesso numero di elementi (dita)? Posso contarli:
<br />
<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/3955493640/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2568/3955493640_19914cea57.jpg" width="500" height="295" alt="DueMani" /></a>
<br />
<br />Oppure posso mettere in correlazione ciascun dito della mano sinistra con il rispettivo dito della mano destra:
<br />
<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/3954714179/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2609/3954714179_54ba20f8cf_m.jpg" width="240" height="226" alt="5+5" /></a>
<br />
<br />In quest’ultimo caso ho messo in atto il concetto di "corrispondenza biunivoca": ad ogni elemento (dito) del primo insieme (mano sinistra) corrisponde uno ed un solo elemento (dito) del secondo insieme (mano destra), e viceversa. Avendo unito le dita delle due mani come si vede nella foto, posso affermare senza ombra di dubbio che la "potenza", o "cardinalità", o più semplicemente il numero di elementi contenuto da ciascuno dei due insiemi, è lo stesso. Non occorre contarli, non occorre affatto sapere quanti sono; la domanda era: hanno i due insiemi lo stesso numero di elementi? La risposta è senz’altro: Sì.
<br />
<br />Se invece alla mano sinistra mancassero due dita:
<br />
<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/3954713869/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2537/3954713869_1500ccb200_m.jpg" width="201" height="240" alt="3+5" /></a>
<br />
<br />la corrispondenza biunivoca non ci sarebbe più. Le dita della mano sinistra troverebbero la loro corrispondenza nelle rispettive dita della mano destra, ma qualche dito della mano destra non lo troverebbe più nella mano sinistra: ecco quindi che, anche non sapendo quante dita (elementi) contiene ciascuna mano (insieme), posso affermare che la mano destra ha una "potenza", o "cardinalità", o un numero di elementi, superiore alla mano sinistra.
<br />
<br />Tutto quanto detto finora è intuitivo, direi quasi banale, perché ci siamo occupati di insiemi non solo finiti, ma di insiemi di cui è facile contare il numero di elementi. Facciamo invece un esempio con insiemi più grandi (ma sempre finiti). Ammettiamo di radunare in un una piazza una quantità molto grande di persone, e di voler stabilire se ci sono più maschi o più femmine. Siccome le persone sono tante...
<br />
<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/3954809367/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2474/3954809367_9ba25097bc_m.jpg" width="240" height="240" alt="Folla" /></a>
<br />
<br />... mi è impossibile contarle senza commettere errori, tanto più se, come è probabile, non se ne staranno ferme. Allora posso chiedere loro di mettersi a coppie: ciascun maschio dovrà trovare una femmina con cui tenersi per mano. A questo punto basta vedere se "avanzano" maschi (che quindi risulterebbero essere in maggior numero delle femmine) o femmine (sarebbero in numero maggiore dei maschi); se non ci sono avanzi, vuol dire che il numero dei due gruppi è esattamente lo stesso. Di nuovo: non so quanti sono gli elementi di ciascun insieme (maschi / femmine) ma ho stabilito quale insieme è il più grande, o se hanno la stessa potenza e sono quindi equipotenti. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>
<br />
<br /><a name="200"></a><b>Numeri Infiniti</b>
<br />
<br />Parliamo ora di numeri. Impariamo a contare dalla più tenera età, e scopriamo che esiste sempre un numero "più grande". Quando riusciamo a contare fino a cento, scopriamo subito che c’è anche il centouno. Fino al mille, e c’è il milleuno! Intuiamo presto che non ci sarà mai fine: magari non sapremo "come si chiama", ma ci sarà sempre un numero più grande di qualunque numero riusciamo ad immaginare. Ecco, abbiamo trovato il più classico esempio di "insieme infinito": l’insieme dei numeri naturali.
<br />
<br />E qual è la cardinalità dell’insieme infinito dei numeri naturali? Non posso certo dire quanti numeri contiene, perché sono infiniti; e dire che questa cardinalità è infinito non sarebbe di nessuna utilità, in quanto "infinito" non è un numero. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>
<br />
<br /><a name="300"></a><b>Aleph-zero</b>
<br />
<br />Per risolvere questo problema Georg Cantor (1845 – 1918), il padre della teoria degli insiemi, ha deciso di identificare la cardinalità dell’insieme dei numeri naturali con un simbolo costituito dalla prima lettera dell’alfabeto ebraico, Aleph, e dall’indice 0:
<br />
<br /><img src="http://farm3.static.flickr.com/2425/3956068382_9786d58403_s.jpg" />
<br />
<br />A differenza del nome "infinito", il valore Aleph-zero assume piena dignità di numero, tant’è che su questo e altri numeri del genere si possono fare particolari calcoli aritmetici. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>
<br />
<br /><a name="400"></a><b>Infiniti "più piccoli"?</b>
<br />
<br />Tornando ai nostri numeri naturali, possiamo adesso inventarci un altro insieme infinito, quello che contiene i soli numeri pari. Apparentemente un insieme in cui mancano tutti i numeri dispari dovrebbe avere una potenza minore rispetto all’insieme di tutti i numeri naturali. Ma sarà vero?
<br />
<br />Essendo infiniti, è ovvio che non posso "contare" gli elementi di ciascuno di questi insiemi. Però posso ricorrere al concetto di corrispondenza biunivoca; e grazie a questo stratagemma stabilire se veramente l’insieme dei soli numeri pari sia più piccolo dell’altro, più o meno come avevo fatto con le mie mani di tre e cinque dita.
<br />
<br />Allora scrivo su due colonne i numeri dei due insiemi: a sinistra i numeri naturali, a destra i numeri pari; su ogni riga compare quindi un numero (a sinistra) e il suo doppio (a destra), e il trattino sta a rappresentare la corrispondenza fra gli elementi di ciascun insieme:
<br />
<br />1 — 2
<br />2 — 4
<br />3 — 6
<br />4 — 8
<br />........
<br />
<br />Evidentemente ciascuno dei numeri naturali dell’insieme di sinistra trova il suo corrispondente nel suo doppio nell’insieme di destra; e ciascun numero pari dell’insieme di destra trova il suo corrispondente nel numero metà dell’insieme di sinistra. Fra i due insiemi c’è uno stato di corrispondenza biunivoca, quindi hanno la stessa potenza!
<br />
<br />Posso ripetere lo stesso procedimento con i numeri quadrati, mettendo in corrispondenza i numeri naturali con i loro quadrati:
<br />
<br />1 — 1² = 1 x 1 = 1
<br />2 — 2² = 2 x 2 = 4
<br />3 — 3² = 3 x 3 = 9
<br />4 — 4² = 4 x 4 = 16
<br />........
<br />
<br />I numeri quadrati sono ancora più "radi" dei numeri pari... eppure anche il loro insieme ha la stessa potenza dei numeri naturali. Proprio in questo ragionamento si imbatté Galileo Galilei, che nel <i>"Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo"</i> dice: <i>"nel numero infinito, se concepir lo potessimo, bisognerebbe dire, tanti essere i quadrati tanti i numeri insieme"</i>. In pratica intuisce il principio per cui un insieme infinito ha la stessa potenza di una sua parte, dicendo che <i>"i quadrati non sono in numero inferiore degli interi"</i>; ma non si spinge a dire che siano proprio in numero uguale: infatti conclude <i>"gli attributi di eguale maggiore e minore non hanno luogo ne gl’infiniti, ma solo nelle quantità terminate"</i>.
<br />
<br />Voglio ora fare un altro esempio, che metto solo per cercare di spiegare quanto può essere grande... un numero grande! Creiamo un altro insieme di numeri, non pari, non quadrati, ma neanche cubi o di altre potenze: creiamo l’insieme dei numeri cosiddetti fattoriali. I quali sono il prodotto di tutti i numeri interi compresi fra 1 e il numero dato (i numeri fattoriali si indicano con il punto esclamativo):
<br />
<br />1 — 1! = 1
<br />2 — 2! = 1 x 2 = 2
<br />3 — 3! = 1 x 2 x 3 = 6
<br />4 — 4! = 1 x 2 x 3 x 4 = 24
<br />
<br />I numeri salgono molto velocemente. Facciamo qualche altro esempio:
<br />
<br />5 — 5! = 1 x 2 x 3 x 4 x 5 = 120
<br />6 — 6! = 1 x 2 x 3 x 4 x 5 x 6 = 720
<br />......
<br />59 — 59! = 1 x 2 x 3 x 4 x ... x 58 x 59 = circa 1 seguito da 80 zeri.
<br />
<br />Ecco, quest’ultimo numero, un 1 seguito da 80 zeri... è circa pari al numero totale di atomi che compongono l’intero universo. Cioè stiamo mettendo in corrispondenza il numero 59, un numero semplice, di uso direi quotidiano, con uno dei massimi numeri che abbiano un qualche significato fisico in natura! E andando avanti con numeri maggiori, otteniamo risultati praticamente impossibili da scrivere... riuscite a immaginarli?
<br />
<br /> 60 — 60! = circa 8 seguito da 81 zeri, 80 volte il numero di atomi dell’universo
<br /> 61 — 61! = circa 5 seguito da 83 zeri, 5000 volte il numero di atomi dell’universo
<br /> 100 — 100! = circa 9 seguito da 157 zeri
<br />1000 — 1000! = circa 4 seguito da 2567 zeri
<br />....
<br />
<br />Insomma vengono numeri che non hanno più niente di confrontabile con qualsiasi cosa di reale. Notare che nell’insieme di sinistra siamo arrivati solo al mille; ma se mettessimo un miliardo, questo numero troverebbe tranquillamente il suo corrispondente nell’insieme dei numeri fattoriali... anche se non so neanche immaginare quante cifre possa avere il fattoriale di un miliardo!
<br />
<br />Nonostante questo, gli insiemi dei numeri naturali e dei numeri fattoriali sono indubbiamente equipotenti e hanno quindi la stessa cardinalità. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>
<br />
<br /><a name="500"></a><b>Numeri Transfiniti</b>
<br />
<br />Con questi discorsi abbiamo intuito che non è possibile trovare un sottoinsieme dei numeri naturali che sia infinito ma che abbia potenza minore dei numeri naturali stessi. In pratica l’insieme dei numeri naturali è il più piccolo insieme infinito esistente, la cui cardinalità, come dicevamo è identificata dal simbolo Aleph-0. Aleph-0 è il primo dei numeri cosiddetti "transfiniti". Procederemo nel prossimo capitolo alla (per il momento) vana ricerca di quelli successivi, relativi a infiniti "più grandi"... ma adesso facciamo un intermezzo!
<br />
<br /><a name="600"></a><b>Intermezzo: l'albergo con infinite stanze</b>
<br />
<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/2109994027/" title="L'albergo con infinite stanze di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2028/2109994027_2b0931e35f.jpg" width="500" height="300" alt="L'albergo con infinite stanze" /></a>
<br />
<br />L'altro giorno sono entrato in quest'albergo che vantava di avere... infinite stanze. Quando mi hanno detto che erano tutte occupate, ho chiesto se non si potesse fare qualcosa: il portiere ci ha pensato su, e poi ha chiesto a tutti gli ospiti dell'albergo di spostarsi nella stanza di numero uguale a quella che stavano occupando più uno. Così l'ospite della stanza numero uno è andato nella due, quello della due nella tre e così via: come per incanto è rimasta libera la stanza numero uno, che ho occupato felicemente non senza aver prima elargito un'adeguata mancia al portiere.
<br />
<br />Il giorno dopo è arrivato un pullman con 1000 turisti, ma l'albergo era sempre pieno: il portiere ha ripetuto il giochetto, chiedendo a tutti gli ospiti di spostarsi nella stanza di numero uguale a quella già occupata più mille. Mi sono ritrovato nella stanza 1001.
<br />
<br />Il giorno dopo ancora è arrivato un altro pullman, questa volta con infiniti turisti a bordo. Impossibile trovare alloggio per tutti? Macché: a ogni ospite dell'albergo è stato chiesto di spostarsi nella stanza di numero uguale al doppio di quella occupata. Si sono così liberate tutte le stanze dispari, in cui hanno trovato posto i nuovi arrivati; per quanto riguarda me, mi sono ritrovato nella stanza 2002 (in quest'albergo non si sta mai tranquilli!).
<br />
<br />Il giorno dopo ancora, gli infiniti ospiti del pullman del giorno prima se ne sono andati. A questo punto il portiere (che ho scoperto essere anche il proprietario dell'albergo) si è messo a imprecare, e diceva: "come si fa a mandare avanti un albergo come questo, se metà delle stanze sono vuote?"
<br />
<br />Gli ho suggerito io la soluzione: basta che ciascun ospite torni nella stanza metà di quella che occupava (in pratica tornando alla situazione precedente all'arrivo degli infiniti turisti). Paradossi dell'infinito...
<br />
<br /><i>Per questa storiella mi sono ispirato al racconto "L'hotel straordinario, o il milleunesimo viaggio di Ion il Tranquillo" di Stanislaw Lem, pubblicato nel libro "Racconti matematici" edito da Einaudi. [Lem è anche l'autore del romanzo di fantascienza "Solaris", dai cui è stato tratto l'omonimo film del 1972].</i>
<br />
<br /><i>Prossimo capitolo: <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/aleph-zero.html">Ancora Aleph-zero</a></i>aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-59127104046629513752010-07-20T07:31:00.005+02:002010-07-20T07:42:49.412+02:00Spigolature<i>Una serie di curiosità e argomenti brevi, a cominciare da uno dei problemi più classici della geometria!</i><br /><br /><a name="index"></a><b>Sommario:</b><br /><a href="#100">– Compito in classe</a><br /> <i><a href="#200">Soluzione</a></i><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/collana-democrito.html">+ La collana di Democrito</a><br /><br /><a name="100"></a><b>Compito in classe</b><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4120816747/" title="Compito in classe! di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2736/4120816747_3f1091c9a2.jpg" width="500" height="500" alt="Compito in classe!" /></a><br /><br /><a name="200"></a><b>Soluzione:</b><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4120816495/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2627/4120816495_2bffdc7d92.jpg" width="500" height="500" alt="Soluzione" /></a><br /><br />Non era difficile! :-) <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-50523987681398450502010-07-19T18:02:00.006+02:002010-07-20T09:09:26.005+02:00Spigolature: La collana di Democrito<a name="index"></a><b>Sommario:</b><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/spigolature.html#100">+ Compito in classe</a><br /><a href="#100">– La collana di Democrito</a><br /> <i><a href="#100">Una pagliuzza d'oro...</a></i><br /> <i><a href="#200">... ne farò una collana!</a></i><br /> <i><a href="#300">Quanto sarà lunga?</a></i><br /> <i><a href="#400">Soluzione</a></i><br /><br /><a name="100"></a><b>Una pagliuzza d'oro...</b><br /><br />L'altro giorno passeggiavo lungo il fiume, quando ho visto luccicare qualcosa: era una pagliuzza che sembrava d'oro. L'ho raccolta e, dopo averla fatta esaminare dal mio orafo di fiducia, ho scoperto che si trattava proprio di oro puro, e che aveva un volume pari a esattamente un millimetro cubo. Era una frazione di grammo (circa un cinquantesimo), quindi aveva un valore irrisorio; ma mi sono messo a fantasticare su cosa ne avrei potuto fare. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="200"></a><b>... ne farò una collana!</b><br /><br />Ho pensato a una collana per mia moglie, magari sottilissima. Lavorandoci un po' avrei potuto ottenere un filo tanto più lungo quanto più sottile, e pensavo che in teoria avrei potuto realizzare un filo infinitamente lungo anche se infinitamente sottile: la collana invisibile, però pur sempre una collana!<br /><br />Però poi mi è venuto in mente Democrito, il quale è stato il primo a sostenere che la materia è fatta di atomi: parti piccolissime che non si possono più dividere. Allora la mia collana non avrebbe potuto essere infinitamente sottile, ma avrebbe dovuto fermarsi a uno spessore minimo pari al diametro di un atomo. Allora la domanda: quando sarebbe stata lunga la mia collana, se fossi riuscito a mettere in una singola fila tutti gli atomi di quella pagliuzza d'oro?<br /><br />Pensavo di procedere così: dividendo il mio millimetro cubo in otto parti (due fette alte metà, ciascuna divisa in quattro quadretti - più o meno come si fa con le patate) avrei ottenuto una collana di spessore 0,5mm e lunga 4 mm (8 cubetti da 0,5mm ciascuno). Ripetendo l'operazione avrei ottenuto 64 cubetti da 0,25mm, per una lunghezza di 16mm; poi 64mm, 256mm, 1024mm (che sono già più di un metro)... fino ad arrivare a una collana in cui ciascun cubetto avrebbe contenuto un singolo atomo d'oro. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/2131409314/" title="La collana di Democrito di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2024/2131409314_ff2ba37251.jpg" width="400" height="500" alt="La collana di Democrito" /></a><br /><br /><a name="300"></a><b>Quanto sarà lunga?</b><br /><br />Ho fatto un po' di calcoli e sono arrivato a determinare la lunghezza teorica della mia collana. Per ora vi propongo tre alternative, provate a rispondere: quanto può essere lunga, al massimo, una collana fatta a partire da un millimetro cubo d'oro? <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br />A - 15 chilometri <br />B - 15000 chilometri<br />C - 15 milioni di chilometri<br /><br /><a name="400"></a><b>Soluzione</b><br /><br />Per chi fosse curioso su come ho fatto i calcoli, li inserisco qui. Chi è interessato al solo risultato vada a vedere l'ultima riga...<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/2132166307/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2100/2132166307_c2dea95cbb_o.jpg" width="539" height="398" alt="Formule per la collana di democrito" /></a><br /><br />Nota: ho fatto molti arrotondamenti e semplificazioni; in particolare ho assunto che la distanza interatomica sia pari semplicemente alla radice cubica del volume occupato da ogni singolo atomo. Comunque ciò che volevo mostrare è l'ordine di grandezza, che secondo me ha davvero dell'incredibile: con un millimetro cubo di oro si coprono 15 milioni di chilometri, pari a circa quaranta volte la distanza dalla Terra alla Luna. Con una quantità d'oro solo dieci volte superiore si copre la distanza dalla Terra al Sole...<br /><br />Ultima cosa: la collana è lunghissima, ma il suo spessore? Beh, coincide con la lunghezza di un atomo, quindi circa 0,26 milionesimi di millimetro, ovvero 260 picometri! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-16491918223068941122010-07-16T18:26:00.006+02:002010-07-19T08:41:35.924+02:00Aritmetica: il Regolo Calcolatore<a name="index"></a><b>Sommario:</b><br /><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/aritmetica.html">+ Contare</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/sistemi-di-numerazione.html">+ Sistemi di numerazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/addizione-e-sottrazione.html">+ Addizione e Sottrazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/moltiplicazione.html">+ Moltiplicazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/divisione.html">+ Divisione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/radice-quadrata.html">+ Radice Quadrata</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/elevamento-potenza.html">+ Elevamento a potenza</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/logaritmi.html">+ Logaritmi</a><br /><a href="#100">– Il Regolo Calcolatore</a><br /> <i><a href="#100">Uno strumento magico</a></i><br /> <i><a href="#200">Le origini</a></i><br /> <i><a href="#300">Doppia scala logaritmica</a></i><br /> <i><a href="#400">il Regolo "moderno"</a></i><br /> <i><a href="#500">Calcoli avanzati</a></i><br /> <i><a href="#600">Qualche particolare curioso</a></i><br /><br /><a name="100"></a><b>Uno strumento magico</b><br /><br />Ho sempre pensato che il regolo calcolatore fosse uno strumento di calcolo piuttosto limitato... fino a quando ho trovato nella biblioteca di mio padre questo libro del 1936 che ne rivela tutti i segreti:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4212878330/" title="Uno strumento magico! di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4028/4212878330_8b878bde20.jpg" width="500" height="500" alt="Uno strumento magico!" /></a><br /><br />Ci ho messo qualche giorno a capirli, ma ora posso dire... che era davvero uno strumento portentoso, in grado di fare calcoli di una complessità inaspettata. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="200"></a><b>Le origini</b><br /><br />Prima di iniziare a parlare del regolo calcolatore, riscrivo la definizione di logaritmo (di cui ho parlato <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/logaritmi.html">nel capitolo precedente</a>):<blockquote><i>Il logaritmo decimale di un numero è l'esponente a cui elevare la base 10 per ottenere il numero dato.</i></blockquote>Ecco come si esprime questo concetto in formule per due numeri N1 e N2, ma anche per il loro prodotto:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4207608811/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4063/4207608811_44c2859721.jpg" width="500" height="32" alt="Regolo Logaritmi 1" /></a><br /><br />Fra le proprietà delle potenze (di cui invece ho parlato <a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4181466951/">qui</a>) c'è quella per cui il prodotto di due potenze di pari base è la stessa cosa di una potenza della stessa base con esponente uguale alla somma dei due esponenti di partenza. Quindi:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4208372550/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4063/4208372550_0198c8b63d.jpg" width="500" height="32" alt="Regolo Logaritmi 2" /></a><br /><br />Dalle formule qui sopra risulta quindi che il logaritmo del prodotto è uguale alla somma dei logaritmi dei fattori. Il "trucco" alla base del funzionamento del regolo calcolatore è proprio il fatto che siamo riusciti a trasformare un prodotto in una somma!<br /><br />A seguito degli studi di Nepero sui Logaritmi ci fu subito chi pensò di sfruttare l'idea in modo da velocizzare i calcoli, anche a scapito della precisione. Già nel 1623 Edmund Gunter, professore di astronomia al Gresham College di Londra, sviluppa una scala logaritmica sulla quale, con l'aiuto di un compasso, si possono eseguire graficamente moltiplicazioni e divisioni. Ecco... ma cos'è esattamente una <i>scala logaritmica</i>?<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4210647064/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2585/4210647064_0fa80510c1_o.jpg" width="500" height="68" alt="Scala Logaritmica 1" /></a><br /><br />Si tratta di un righello in cui si riportano tacche a distanze proporzionali ai logaritmi dei numeri da 1 a 10. Nel diagramma sopra specifico che ogni tacca corrisponde al logaritmo del numero, ma la sigla "log" non è assolutamente necessaria:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4210647034/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2663/4210647034_2b6e88a13f_o.jpg" width="500" height="67" alt="Scala Logaritmica 2" /></a><br /><br /><i>Notare che a destra si scrive un 1 e non un 10: questa è una pratica utilizzata in tutti i regoli calcolatori. In pratica "si sa" che all'uno di destra corrisponde un 10; inoltre, come vedremo, in qualche caso l'uno di destra viene usato proprio come... 1 e non come 10!.</i><br /><br />Ecco costruita la scala logaritmica! Ora ammettiamo di voler moltiplicare 1,5 per 4 con questa scala e un compasso, proprio come faceva il Gunter: basterà aprire il compasso a un'apertura corrispondente al logaritmo di 1,5 e riportare la stessa apertura sul 4. Vediamo il procedimento passo per passo:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4210646990/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4067/4210646990_1f3863ddce_o.jpg" width="500" height="375" alt="Scala Logaritmica 3" /></a><br /><br />La punta destra del compasso è posizionata sulla tacca del 1,5. La punta sinistra va messa sulla tacca del 1, perché ricordiamoci che quella tacca rappresenta il logaritmo di 1, e il logaritmo di 1 è 0. In questo modo l'apertura del compasso corrisponde alla differenza fra logaritmo di 1,5 e logaritmo di 1, quindi:<br /><br />log( 1,5 ) – log( 1 ) = log( 1,5 ) – 0 = log( 1,5 )<br /><br />Una volta trovata l'apertura del compasso, basta traslarlo verso destra:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4210646942/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2740/4210646942_4e4340030b_o.jpg" width="500" height="141" alt="Scala Logaritmica 4" /></a><br /><br />Ecco che mettendo la punta sinistra del compasso sulla tacca del 4 mi ritrovo la punta destra sul 6 <i>(ricordo che logaritmo di 1 fa 0)</i>: <br /><br />log( 4 ) + [ log( 1,5 ) – log( 1 ) ] = log( 4 ) + log( 1,5 ) = log( 4 x 1,5 ) = log( 6 )<br /><br />(infatti 1,5 x 4 = 6).<br /><br />Con le stesse posizioni esatte avrei potuto fare il calcolo inverso: infatti con la stessa apertura corrispondente al numero 1,5, avrei potuto fare la divisione 6 : 1,5 = 4: considerando di mettere la punta destra del compasso sul 6, la punta sinistra mi avrebbe dato correttamente il quoziente cercato (alla differenza degli esponenti infatti corrisponde la divisione delle potenze).<br /><br />log( 6 ) – [ log( 1,5 ) – log( 1 ) ] = log( 6 ) – log( 1,5 ) = log( 6 : 1,5 ) = log( 4 ) <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="300"></a><b>Doppia scala logaritmica</b><br /><br />Nel 1630 Edmund Wingate utilizza due scale di Gunter una di fronte all'altra per eseguire direttamente moltiplicazioni e divisioni, senza dover usare il compasso. Vediamo la moltiplicazione 1,5 x 3:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4209881429/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2703/4209881429_d3b2c96b3d_o.jpg" width="500" height="104" alt="Scala Logaritmica 5" /></a><br /><br />La zona rossa, nella scala inferiore, ha la stessa ampiezza del compasso che abbiamo visto sopra. Facendo partire l'origine (ossia la tacca del 1) della scala superiore proprio dalla fine della zona rossa, vedo che il limite destro della zona azzurra cade sul 4,5: infatti 1,5 x 3 = 4,5.<br /><br /><i>Questo procedimento va bene anche per calcolare numeri con ordini di grandezza diversi: es. 15 x 300 = 4500; in questi casi gli zeri in più o in meno, o gli eventuali spostamenti della virgola decimale, devono essere fatte "a mano" (in questo senso gli errori erano sempre in agguato... occorreva stare molto, molto attenti; l'ideale era capire più o meno qual era il risultato prima di calcolarlo, e cercare con il regolo solo la precisione delle cifre significative).</i><br /><br />E se invece voglio calcolare 5 x 3? Qui nasce un problema, in quanto il tre sulla scala superiore si posiziona al di fuori della scala inferiore, quindi non riesco a leggere il risultato:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4210646858/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2573/4210646858_3efb15d22e_o.jpg" width="500" height="109" alt="Scala Logaritmica 6" /></a><br /><br />In questi casi si ricorre a un espediente: invece di moltiplicare per 3 si moltiplica per 0,3:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4210646824/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2587/4210646824_cbceac405f_o.jpg" width="500" height="62" alt="Scala Logaritmica 7" /></a><br /><br />La zona marcata in azzurro qui sopra indica la differenza fra il logaritmo di 3 e il logaritmo di 10, quindi <br /><br />log( 3 ) – log( 10 ) = log( 3 : 10 ) = log( 0,3 )<br /><br />Allora basta posizionare, sul 5 della scala inferiore, non la tacca dell'uno <i>sinistro</i> della scala superiore, ma la tacca dell'uno <i>destro</i>:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4210646782/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4053/4210646782_d4fe592f77_o.jpg" width="500" height="109" alt="Scala Logaritmica 8" /></a><br /><br />In questo modo la moltiplicazione 5 x 0,3 si riesce a fare senza uscire dalle scale, e il risultato si legge sul 1,5 della scala inferiore; ma siccome abbiamo moltiplicato per 0,3 e non per 3, occorre "aggiustare" il risultato moltiplicandolo per 10: il risultato finalmente è 15!<br /><br />Dicevo che fra le proprietà delle potenze (e dei logaritmi) c'è quella per cui alla divisione delle potenze corrisponde la sottrazione degli esponenti. Quindi posso calcolare la divisione 6 : 4<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4210646730/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4021/4210646730_5a3f60def6_o.jpg" width="500" height="104" alt="Scala Logaritmica 9" /></a><br /><br />Dal grafico qui sopra si vede come sul 5 della scala inferiore non metto l'uno ma il 4 della scala superiore; l'uno della scala superiore si trova quindi sulla sinistra, e le aree rossa e azzurra si "sottraggono": ecco che la tacca 1 della scala superiore cade sul 1,5 della scala inferiore, determinando il risultato corretto. <br /><br />Vediamo ora il calcolo "standard" (che in realtà ho scoperto essere tale solo leggendo il libro di cui ho parlato nella didascalia della foto): moltiplicazione e divisione in un colpo solo! In pratica è il calcolo di una proporzione: un numero moltiplicato per una frazione di cui sono dati numeratore e denominatore, come per esempio il calcolo dei tre mezzi di cinque (5 x 3 / 2).<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4209979539/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4039/4209979539_71923a0d1d_o.jpg" width="500" height="107" alt="Scala Logaritmica 10" /></a><br /><br />Allineando il 2 della scala superiore con il 5 della scala inferiore abbiamo che la tacca del 1 sinistro della scala superiore indica il quoziente 5 : 2 = 2,5. Le zone verde e azzurra insieme danno il fattore 3, quindi è come se si stesse moltiplicando per 3 il quoziente 5 : 2. Infatti il 3 sulla scala superiore cade proprio sul 7,5 di quella inferiore, che è il risultato esatto!<br /><br /><i>Ovviamente anche con le divisioni e con i calcoli misti (moltiplicazione e divisione insieme) può capitare di uscire "fuori scala"; ma c'è sempre il modo di sistemare le scale in modo da ottenere il risultato, come abbiamo visto per la moltiplicazione.</i> <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="400"></a><b>Il Regolo "moderno"</b><br /><br />Grazie a successivi miglioramenti, e al fatto che a partire dalla metà del XIX secolo l'industria meccanica di precisione ne ha permesso la costruzione in serie, il regolo calcolatore è diventato uno strumento di calcolo sostanzialmente standardizzato e di ampia diffusione. I regoli calcolatori sono costituiti dai seguenti elementi:<br /><br />— un corpo su cui si trovano delle scale fisse<br />— un'asta scorrevole con delle scale mobili<br />— un cursore con una o più linee di riferimento<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4215543606/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2529/4215543606_8bfd2be61d.jpg" width="500" height="134" alt="Regolo Calcolatore 1" /></a><br /><br />Le scale sono di vari tipi, indicate convenzionalmente da alcune lettere. Di scale semplici, come quelle del Wingate ce ne sono sempre due, una sull'asta scorrevole (scala <b>C</b>) e l'altra sul corpo (<b>D</b>). Altre scale servono per semplificare i calcoli quando si è in presenza di quadrati, cubi; radici quadrate e cubiche; funzioni trigonometriche... ecc.. Le scale di solito sono smistate fra il davanti e il dietro dell'asta e del corpo del regolo; in questo regolo sono presenti le scale:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4214772177/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4022/4214772177_22c7241528.jpg" width="500" height="340" alt="Regolo Calcolatore 2" /></a><br /><br /><b>K</b> — Scala dei cubi (corpo)<br /><b>A</b> — Scala dei quadrati (corpo)<br /><b>B</b> — Scala dei quadrati (asta)<br /><b>ST</b>— Seni e Tangenti per angoli piccoli (asta)<br /><b>T</b> — Scala delle Tangenti per angoli > 6° (asta)<br /><b>S</b> — Scala dei seni (e coseni) per angoli > 6° (asta)<br /><b>C</b> — Scala dei numeri (asta)<br /><b>D</b> — Scala dei numeri (corpo)<br /><b>DI</b> — Scala degli inversi dei numeri (1/x) (corpo)<br /><br />Nel rovescio dell'asta, in alto, compaiono tre altre scale:<br /><br /><b>CI</b> — Scala dell'inverso dei numeri (1/X) <br /><b>CF</b> — scala "ripiegata", che parte da pi-greco invece che da 1<br /><b>CIF</b> — scala dell'inverso, che parte da pi-greco<br /><br /><i>Per maggiore leggibilità delle foto che seguono, espongo i calcoli in modo che tutti i numeri stiano in un breve tratto del regolo, e senza fuoriuscire dalle scale; inoltre per brevità non spiego come si determinano gli zeri o la posizione della virgola: il mio scopo è solo mostrare di cosa erano capaci gli ingegneri quando usavano un regolo!</i> <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="500"></a><b>Calcoli avanzati</b><br /><br />Abbiamo visto che con due semplici scale si riesce a fare un'operazione mista di moltiplicazione-divisione in un colpo solo. E se invece volessi fare una divisione-divisione? Per fare questo bisogna ricondurre l'operazione che vogliamo fare a quella "standard" di moltiplicazione-divisione usando la scala dei reciproci; con questa scala si converte la divisione per <b>B</b> in una moltiplicazione per <b>1 / B</b>:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4215849078/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2724/4215849078_2873d48a0e.jpg" width="500" height="58" alt="Calcolo regolo 3" /></a><br /><br />In verde indico i numeri di partenza e il risultato reale (calcolato con la calcolatrice); in rosso il risultato ottenuto con il regolo. Nel fare il calcolo tutti gli operandi devono essere ricondotti a numeri compresi fra 1 e 10, quindi 2100 diventa 2,1; 17 diventa 1,7 e 86 diventa 8,6. Vediamo allora come si usano le scale del regolo:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4214771875/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2576/4214771875_88ae356f1a.jpg" width="500" height="251" alt="Regolo Calcolatore 3" /></a><br /><br />Si parte sovrapponendo il valore <b>C</b> (17) della scala C al valore <b>A</b> (2100) della scala D; come abbiamo già visto, la tacca 1 di sinistra dell'asta cade sul quoziente A/C. Portare il cursore sul valore <b>B</b> (86) della scala CI significa moltiplicare questo quoziente per l'inverso di <b>B</b>, quindi dividere tale quoziente ancora per <b>B</b>. La lettura del cursore sulla scala D fornisce il risultato cercato.<br /><br />Ora vediamo una variante del calcolo precedente: una moltiplicazione-moltiplicazione. Anche in questo caso bisogna ricondurre l'operazione desiderata al caso standard, quindi si procede moltiplicando due fattori e dividendo per il reciproco del terzo, come indicato nelle formule:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4215078523/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4007/4215078523_4f22c25049.jpg" width="500" height="58" alt="Calcolo regolo 4" /></a><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4215542074/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4044/4215542074_f465939be0.jpg" width="500" height="251" alt="Regolo Calcolatore 4" /></a><br /><br />Sovrapporre il valore <b>B</b> (65) della scala CI al valore <b>A</b> (19) della scala D significa dividere <b>A</b> per il reciproco di <b>B</b>: per fare questo allineamento si usa il cursore, perché le scale CI e D non sono adiacenti. A questo punto leggere sulla scala D il numero corrispondente al valore <b>C</b> (12) della scala C significa moltiplicare ancora per <b>C</b>: ecco trovato il risultato desiderato!<br /><br />Altro tipo di calcolo: una semplice divisione, ma il numeratore è una radice quadrata.<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4215848820/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2580/4215848820_049828c627.jpg" width="500" height="45" alt="Calcolo regolo 5" /></a><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4214771285/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2631/4214771285_b0a5018c6f.jpg" width="500" height="251" alt="Regolo Calcolatore 5" /></a><br /><br />Si sposta il cursore sul valore <b>A</b> (350) della scala A dei quadrati (a questa posizione corrisponde, sulla scala D normale, il valore 18,7 che è proprio la radice quadrata di 350). Se ora faccio coincidere il valore <b>B</b> (1,51) della scala C sulla linea del cursore, avrò che il valore della scala D in corrispondenza del 1 sinistro dell'asta corrisponde alla divisione della radice quadrata di <b>A</b> per <b>B</b>, che è il risultato cercato.<br /><br />Infine un calcolo davvero complesso, che richiede l'uso di ben quattro scale diverse. Si tratta del rapporto fra una radice cubica e una radice quadrata, il tutto moltiplicato per un numero normale. Per realizzare questo calcolo occorre montare l'asta del regolo al contrario, in modo da disporre sull'asta della scala dei quadrati (la scala B) .<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4215848700/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2738/4215848700_61b9e4c648.jpg" width="500" height="45" alt="Calcolo regolo 6" /></a><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4214771011/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2514/4214771011_c2b814a787.jpg" width="500" height="251" alt="Regolo Calcolatore 6" /></a><br /><br />Si porta il cursore sul valore <b>A</b> (7400) della scala K dei cubi (a questa posizione corrisponde, sulla scala D normale, il valore 19,487 che è proprio la radice cubica di 7400). Si sposta poi l'asta in modo da allineare al cursore il valore <b>B</b> (290) della scala B. A questo punto il valore della scala D in corrispondenza del 1 sinistro dell'asta corrisponde alla divisione della radice cubica di <b>A</b> per la radice quadrata di <b>B</b>; se invece cerco il valore <b>C</b> (1,3) sulla scala C, il valore corrispondente sulla scala D sarà il prodotto del quoziente precedente per <b>C</b>, che è il valore cercato. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="600"></a><b>Qualche particolare curioso</b><br /><br />Esistono infinite varianti di questi tipi di calcolo, che possono coinvolgere funzioni trigonometriche, logaritmiche, esponenziali... ora capisco come facessero gli ingegneri a progettare ciò che sono stati in grado di costruire negli ultimi due secoli, prima dell'avvento dell'elettronica (almeno fino ai primi anni '70 del secolo scorso).<br /><br />Fra XIX e XX secolo sono stati costruiti anche regoli calcolatori di dimensioni imponenti: avevano scale di due metri di lunghezza, e un microscopio montato sul cursore. Con questi strumenti monumentali si riuscivano ad apprezzare fino a 6 cifre significative, sia negli operandi che nei risultati!<br /><br />Ultima nota interessante: quando gli astronauti sono scesi sulla Luna (1969), le calcolatrici elettroniche ancora non erano state inventate, infatti la prima calcolatrice scientifica (la HP35) è solo del 1972. Allora gli astronauti sono andati sulla Luna... portandosi dietro un regolo calcolatore! La casa costruttrice di questi regoli "extraterrestri" infatti scrive sulle confezioni dei propri regoli: "5 moon flights", cinque voli sulla Luna! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-39629294258215924622010-07-16T17:18:00.010+02:002010-07-22T16:25:56.805+02:00Aritmetica: i Logaritmi<a name="index"></a><b>Sommario:</b><br /><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/aritmetica.html">+ Contare</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/sistemi-di-numerazione.html">+ Sistemi di numerazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/addizione-e-sottrazione.html">+ Addizione e Sottrazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/moltiplicazione.html">+ Moltiplicazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/divisione.html">+ Divisione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/radice-quadrata.html">+ Radice Quadrata</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/elevamento-potenza.html">+ Elevamento a potenza</a><br /><a href="#100">– Logaritmi</a><br /> <i><a href="#100">John Napier</a></i><br /> <i><a href="#200">Ricerca di una Base</a></i><br /> <i><a href="#300">Proprietà dei logaritmi</a></i><br /> <i><a href="#400">Logaritmi decimali, o di Briggs</a></i><br /> <i><a href="#500">Esempi di calcolo con i logaritmi</a></i><br /> <i><a href="#600">I logaritmi "Naturali"</a></i><br /> <i><a href="#700">Usi "quotidiani" dei logaritmi (deciBel, pH...)</a></i><br /> <i><a href="#800">Conclusioni, e una "perla" letteraria</a></i><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/regolo-calcolatore.html">+ Il Regolo Calcolatore</a><br /><br /><i>I logaritmi non fanno parte dell'aritmetica, ma sono una diretta conseguenza dell'elevazione a potenza di cui ho parlato nel capitolo precedente.</i> <br /><br /><a name="100"></a><b>John Napier</b><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4192547289/" title="20 anni di lavoro... di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2635/4192547289_6070f6c558_m.jpg" width="188" height="240" alt="20 anni di lavoro..." /></a><br /><br />Il protagonista di questa storia è lo scozzese John Napier (italianizzato Nepero, 1550-1617). Non era un matematico di professione, bensì un ricco proprietario terriero di nobile famiglia, con vasti interessi che andavano dall'astrologia all'alchimia, dalla teologia (era un convinto anti-papista) alla matematica. Le malelingue insinuavano che si desse anche alla magia nera e frequentasse il diavolo... ma questa era un'accusa piuttosto comune, a quei tempi!<br /><br />Sentiva in modo particolare la necessità di trovare un sistema per velocizzare i calcoli aritmetici. A questo riguardo scrisse:<blockquote><i>Eseguire calcoli è operazione difficile e lenta, e spesso la noia che ne deriva è la causa principale della disaffezione che la maggioranza della gente prova nei confronti della matematica...</i></blockquote>A proposito dei calcoli, nel 1617 fu stampato (postumo) il libro in cui descrive l'uso dei cosiddetti <i>bastoncini</i> o <i>ossi di Nepero</i> (dall'inglese <i>Napier's Bones</i>), con i quali ho già descritto il modo di calcolare <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/moltiplicazione.html#400">moltiplicazioni</a>, <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/divisione.html#500">divisioni</a> e <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/radice-quadrata.html#300">radici quadrate</a>. L'impegno di Nepero in matematica però non si esaurisce qui: infatti fornirà al mondo qualcosa di davvero rivoluzionario!<br /><br />Partendo dalle proprietà delle potenze (di cui parlo <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/elevamento-potenza.html">qui</a>), e in particolare dal fatto che <blockquote><i>Il prodotto di due potenze che hanno la stessa base è uguale a un'unica potenza con esponente pari alla somma degli esponenti delle due potenze di partenza</i></blockquote> iniziò a studiare la possibilità di trasformare prodotti (delle potenze) in somme (degli esponenti). Negli anni in cui si occupava di questo argomento, tramite il fisico scozzese John Craig suo amico, entrò in contatto con l'ambiente scientifico di Tycho Brahe e venne a sapere del nuovo procedimento di calcolo delle moltiplicazioni con il metodo di <i>prostaferesi</i> (ne parlo <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/moltiplicazione.html#300">qui</a>). Questi contatti gli dettero ulteriori stimoli a proseguire con le sue ricerche... per cui cominciamo a vedere di cosa si trattava! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="200"></a><b>Ricerca di una Base</b><br /><br />Il lavoro di Nepero si basa una semplice intuizione. Se devo moltiplicare diecimila per un milione posso fare:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4190811560/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2580/4190811560_c511f8115a.jpg" width="500" height="21" alt="Logaritmi 1a" /></a><br /><br />passando dai numeri alle loro potenze di dieci, sommando gli esponenti, e alla fine calcolando la potenza di dieci con il nuovo esponente.<br /><br />L'uso di soli esponenti interi non è certo di molta utilità. Nepero provò allora a usare esponenti decimali, facendo delle semplici proporzioni: se 100 sta a 1000 (fattori da moltiplicare) come 2 sta a 3 (esponenti), non è che al numero 550 (la media aritmetica fra 100 e 1000) potrebbe corrispondere l'esponente 2,5 (media aritmetica fra 2 e 3)? Se così fosse si sarebbe potuto fare:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4190811436/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2767/4190811436_3a4d1f02f5.jpg" width="500" height="21" alt="Logaritmi 1b" /></a><br /><br />ma evidentemente il risultato della potenza (rosso) e del prodotto calcolato in modo normale (verde) non coincidono. Facendo molti tentativi, Nepero si accorse che le cose miglioravano sensibilmente usando basi sempre più vicine all'unità. Alla fine optò per questa base:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4190051241/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2610/4190051241_aa224ff6e1.jpg" width="500" height="40" alt="Logaritmi 1c" /></a><br /><br />Vediamo cosa succede. Ammettiamo di conoscere i valori delle seguenti potenze (in rosso alcuni numeri che serviranno fra poco):<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4190051075/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2683/4190051075_e80e51fd3c.jpg" width="500" height="78" alt="Logaritmi 1d" /></a><br /><br />Se proviamo a calcolare il valore per l'esponente 3 come media di quelli del 2 e del 4 otteniamo<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4190810808/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4046/4190810808_c85c3c2591.jpg" width="500" height="42" alt="Logaritmi 1e" /></a><br /><br />che è praticamente identico al valore reale:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4190810628/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2655/4190810628_1875339d17.jpg" width="500" height="21" alt="Logaritmi 1f" /></a><br /><br />Facciamo una riprova con la moltiplicazione 0,9999998 x 0,9999997 utilizzando questi numeri, che indico con gli stessi colori rosso e verde che ho usato sopra:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4190810462/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2684/4190810462_426b8d82ce.jpg" width="500" height="48" alt="Logaritmi 1g" /></a><br /><br />Il valore trovato è praticamente esatto, infatti calcolando il prodotto e non la potenza della somma degli esponenti, si trova un numero quasi identico:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4190050161/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2605/4190050161_788566cca1.jpg" width="500" height="22" alt="Logaritmi 1h" /></a><br /><br />Nepero scoprì quindi di essere sulla buona strada; solo non gli piacevano tutte quelle cifre dopo la virgola: quindi moltiplicò tutti i suoi esponenti per 10000000. I numeri calcolati sopra quindi diventano:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4190809988/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4046/4190809988_c320fe8937.jpg" width="500" height="132" alt="Logaritmi 1i" /></a><br /><br />Per ora sembra che il risultato sia "lineare", cioè che al crescere dell'esponente decresca in pari misura anche la potenza, ma non è sempre così. Vediamo per valori più alti:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4192493493/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4007/4192493493_4d80d21dfe.jpg" width="500" height="104" alt="Logaritmi 1n" /></a><br /><br />Ecco che gli intervalli fra gli esponenti non sono più proporzionali alle differenze fra i numeri sulla sinistra. <br /><br />Ora riporto altri tre numeri, giusto per fare un calcolo di prova:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4190049573/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2802/4190049573_9060249c6e.jpg" width="500" height="78" alt="Logaritmi 1j" /></a><br /><br />Proviamo a calcolare il seguente prodotto:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4190049187/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2726/4190049187_0884b527eb.jpg" width="500" height="48" alt="Logaritmi 1k" /></a><br /><br />Il calcolo reale sarebbe:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4190808908/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2675/4190808908_9d3e2cba91.jpg" width="500" height="21" alt="Logaritmi 1l" /></a><br /><br />Mancano 7 cifre all'appello! Ma questo è naturale: siccome i numeri di Nepero sono stati tutti moltiplicati per 10000000, c'è proprio questa discrepanza nel risultato. Allora il calcolo di Nepero va aggiornato:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4190808804/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2794/4190808804_0d7956cb08.jpg" width="500" height="21" alt="Logaritmi 1m" /></a><br /><br />il risultato finale differisce pochissimo dal risultato effettivo, calcolato a mano! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="300"></a><b>Proprietà dei logaritmi</b><br /><br />Dopo una ventina d'anni di duro lavoro, nel 1614 Nepero pubblicò il <i>Mirifici Logarithmorum Canonis Descriptio</i> in cui spiega il funzionamento (57 pagine) e fornisce le tavole (90 pagine!) di questi suoi <i>Logaritmi</i> (il termine deriva dalle parole greche <i>logos</i>, nel senso di proporzione, e <i>arithmos</i>, numero). Vediamo ora gli aspetti pratici di questo sistema.<br /><br />Il discorso è relativamente semplice: se una volta scelto un numero fisso da usare come <i>base</i> calcolo tutte le potenze di quella base, posso costruire una tabella per cui a ogni <i>esponente </i>corrisponde un numero pari al risultato dell'elevamento a potenza di quella base a quell'esponente. Si definisce quindi: <blockquote><i>Logaritmo in base <b>a</b> di un numero <b>x</b> è<br />l'esponente da dare ad <b>a</b> per ottenere <b>x</b> <br />(<b>x</b> viene chiamato "argomento" del logaritmo).</i> </blockquote>per vedere un po' meglio di cosa si tratta partiamo da due numeri (arg) e dai loro logaritmi (log):<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4192494919/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2516/4192494919_a7caee09ec.jpg" width="500" height="38" alt="Logaritmi 2a" /></a><br /><br />Se tramite una tabella riesco a conoscere i valori degli esponenti, ovvero i logaritmi dei due argomenti, allora per fare la moltiplicazione di questi due argomenti (fattori) posso procedere così:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4193256492/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2669/4193256492_affde81c43.jpg" width="500" height="80" alt="Logaritmi 2b" /></a><br /><br />Il procedimento è estremamente più semplice di una moltiplicazione: per farla basta consultare due volte le tabelle, fare una semplice somma e poi consultare "all'indietro".<br /><br />Non solo: a differenza del metodo di prostaferesi, con il quale si possono fare solo moltiplicazioni, con i logaritmi si possono fare anche divisioni:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4193256192/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2792/4193256192_ded4ca411f.jpg" width="500" height="80" alt="Logaritmi 2c" /></a><br /><br />estrazioni delle radici di ogni grado:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4193255906/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2782/4193255906_37ddf3d4e8.jpg" width="500" height="67" alt="Logaritmi 2d" /></a><br /><br />e tante altre belle operazioni! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="400"></a><b>Logaritmi decimali, o di Briggs</b><br /><br />Non c'è da stupirsi che questo nuovo metodo di calcolo abbia avuto immediato riconoscimento nell'ambiente scientifico dell'epoca. Fra gli ammiratori più entusiasti c'era Henry Briggs (1561-1630), che nel 1615 si recò da Nepero per discuterne possibili modifiche alle sue tabelle. Si accordarono su una nuova impostazione (che accennerò fra pochissimo), che avrebbe richiesto di ricalcolare tutte le tavole numeriche! Vista l'età ormai avanzata di Nepero, il compito ricadde sul Briggs, che fece un lavoro enorme: calcolò più di 30000 logaritmi fino alla quattordicesima cifra decimale dopo la virgola... e questo fu solo l'inizio, in quanto pubblicò anche tabelle dei logaritmi dei seni, coseni, tangenti, insomma fece un lavoro enorme!<br /><br />Il nuovo sistema di Briggs dei logaritmi decimali (o volgari, o di Briggs) si fonda sulla base 10, per cui:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4193255708/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2691/4193255708_e443de2500.jpg" width="500" height="79" alt="Logaritmi 2e" /></a><br /><br />I valori intermedi si calcolano in vari modi. Per esempio si sa che, fra le proprietà delle potenze, c'è quella per cui l'elevamento all'esponente 1/2 significa estrarre la radice quadrata della base. Quindi calcolando a mano la radice quadrata di 10 si ottiene:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4193255514/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4044/4193255514_25204c52ee.jpg" width="500" height="45" alt="Logaritmi 2f" /></a><br /><br />Con metodi complicati, ma anche ingegnosi, e sfruttando tutte le scorciatoie e semplificazioni possibili, nel 1617 Briggs pubblicò la prima tavola dei logaritmi dei numeri da 1 a 1000. I risultati successivi, di cui ho accennato sopra, sono del 1624. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="500"></a><b>Esempi di calcolo con i logaritmi</b><br /><br />Quando frequentavo le superiori, verso il 1975, le calcolatrici elettroniche cominciavano appena a diffondersi; quindi i programmi scolastici prevedevano l’insegnamento del calcolo con le tabelle dei logaritmi, che comparivano su appositi libri di tavole numeriche. Ora è ovvio che disponendo di una tabella in due colonne, in cui a sinistra ho un numero e a destra il suo logaritmo, la stessa tabella si presta a ricavare l'antilogaritmo: basta cercare il logaritmo nella colonna di destra e trovare il numero corrispondente nella colonna di sinistra.<br /><br />I logaritmi vengono divisi tecnicamente in due parti: <i>caratteristica</i> e <i>mantissa</i>. La caratteristica indica <i>l'ordine di grandezza</i> del numero: a numeri con una sola cifra intera corrisponde caratteristica 0; a 3 cifre intere caratteristica 2; a 4 zeri dopo la virgola -5. Infatti:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4194915173/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4047/4194915173_3243b65356.jpg" width="500" height="63" alt="Logaritmi 4a" /></a><br /><br />Abbiamo detto che i logaritmi sono esponenti; sappiamo inoltre che al prodotto di due potenze corrisponde la somma degli esponenti. Ogni numero può sempre espresso dal prodotto di due numeri, di cui uno esprime l'ordine di grandezza (1 10 100... oppure 0,1 0,01 0,001...) e l'altro un numero con una sola cifra intera e tutti gli altri decimali. Ciascuno di questi due numeri avrà un suo logaritmo, di cui il primo sarà sempre un numero intero (come mostrato nella tabella sopra), mentre l'altro sarà sempre uno zero virgola qualcosa (avendo questo secondo numero una sola cifra intera): il logaritmo di questo secondo numero si chiama <i>mantissa</i>.<br /><br />Se andiamo a vedere le tabelle dei logaritmi, queste non presentano neanche la virgola negli argomenti: i numeri 7, 70, 700 e così vengono implicitamente ricondotti al numero 7,000. Qui sotto indico in verde le cifre significative del numero, e la mantissa del suo logaritmo:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4195672684/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4038/4195672684_cd62ded693.jpg" width="500" height="13" alt="Logaritmi 4b" /></a><br /><br />Vediamo allora come si ottiene il valore completo dei logaritmi. Dicevamo che il logaritmo del prodotto è uguale alla somma dei logaritmi, quindi si considerano separatamente <i>l'ordine di grandezza</i> e <i>le cifre significative</i>. Per esempio il numero 700 ha caratteristica 2 (in rosso) e mantissa 0,8451 (in verde):<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4194914859/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4009/4194914859_3154e9bb9b.jpg" width="500" height="38" alt="Logaritmi 4c" /></a><br /><br />Nella riga inferiore mi occupo invece di un numero più piccolo dell'unità: il procedimento è lo stesso, ma si presenta una complicazione in più: siccome il logaritmo sarà negativo, la parte decimale diventa il <i>complemento</i> della mantissa; in pratica il 0,8451 diventa 0,1549 (in grigio, a destra). Per ovviare a questo problema (soprattutto per evitare probabili errori) i logaritmi minori di zero si indicano in modo diverso:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4195672266/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4044/4195672266_bdc22de630.jpg" width="500" height="20" alt="Logaritmi 4d" /></a><br /><br />La mantissa rimane invariata, e il -5 della caratteristica viene indicato come un 5 con una lineetta sopra. In questo modo il logaritmo rimane "positivo", ma bisogna considerare che la caratteristica (la sola parte intera) in realtà è negativa.<br /><br />Proviamo ora a fare dei calcoli con questi numeri:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4194914369/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2677/4194914369_e899c107fb.jpg" width="500" height="41" alt="Logaritmi 4e" /></a><br /><br />Nei calcoli che seguono, i numeri in grigio sono i logaritmi; in verde i valori reali delle varie operazioni, in rosso i valori calcolati tramite i logaritmi:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4195671988/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4009/4195671988_27e2a7f520.jpg" width="500" height="67" alt="Logaritmi 4f" /></a><br /><br />Considerando che ho utilizzato logaritmi con solo 4 cifre di mantissa, non c'è davvero male! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="600"></a><b>I logaritmi "Naturali"</b><br /><br />I logaritmi <b>Naturali </b>o <b>Neperiani </b>sono costruiti su una base diversa dal 10 di Briggs; la base è un numero che si identifica con la lettera <b><i>e</i></b>:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4194717059/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2582/4194717059_26b812ee88.jpg" width="500" height="27" alt="Logaritmi 3a" /></a><br /><br />il quale si ottiene calcolando la seguente espressione:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4194716941/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2704/4194716941_d43928c40a.jpg" width="500" height="66" alt="Logaritmi 3b" /></a><br /><br />Questa espressione ci dice che il numero <b><i>e</i></b> va calcolato (semplifico!) elevando all'infinitesima potenza un numero che è di un infinitesimo più grande dell'unità! Il risultato è quello che ho scritto sopra: fidatevi.<br /><br />E da dove salta fuori questo strano numero? La "colpa" è di Leonhard Euler (detto Eulero in italiano, 1707-1783), che è stato uno dei massimi matematici mai esistiti (è uno dei tre cosiddetti <i>principi della matematica</i> assieme ad Archimede di Siracusa e a Gauss, con cui abbiamo già avuto a che fare in questa storia dell'aritmetica). Eulero ha dato un contributo fondamentale all’<i>analisi matematica</i> che è quella parte della matematica che si occupa di derivate, integrali ed equazioni differenziali. Lui scoprì che questo numero infernale saltava fuori da tutte le parti; in matematica è altrettanto fondamentale quanto il pi greco, che lega il diametro alla circonferenza del cerchio. A proposito di pi greco: fu proprio Eulero a "battezzare" i seguenti numeri:<br /><br />— <b>π</b> (pi greco): non ci crederete, ma c’è voluto il diciottesimo secolo per dare il nome definitivo a questo numero conosciuto fino dall’antichità. Pare che Eulero, attribuendogli questa lettera greca, volesse rendere omaggio ad Archimede.<br /><br />— <b><i>i</i></b> (la lettera i minuscola): il valore della radice quadrata di -1, ossia l’unità immaginaria (di cui parlo qui).<br /><br />— <b><i>e</i></b> (la lettera e minuscola): il numero di cui stiamo parlando. Qui pare che la magnanimità di Eulero sia stata un po’ meno marcata, in quanto questa "e" assomiglia molto all’iniziale del suo cognome...<br /><br />Ma cosa c'entra questo numero <b><i>e</i></b> con Nepero? Rivediamo la sua formula dei logaritmi:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4194716753/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4006/4194716753_b2417b8dea.jpg" width="500" height="72" alt="Logaritmi 3d" /></a><br /><br />Se facciamo una moltiplicazione e una divisione per 10000000 (numeri in verde) otteniamo l'espressione di destra, che è una nuova formula per il calcolo dei logaritmi derivata direttamente da quella di Nepero.<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4194716675/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2524/4194716675_9360ddf34a.jpg" width="500" height="72" alt="Logaritmi 3e" /></a><br /><br />Insomma la parte rossa dell'espressione sopra, che riporto qui di seguito per chiarezza<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4194716529/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2692/4194716529_f10c476584.jpg" width="500" height="72" alt="Logaritmi 3f" /></a><br /><br />assomiglia moltissimo a quest'altra espressione:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4194716445/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2612/4194716445_a45386f4f2.jpg" width="500" height="72" alt="Logaritmi 3g" /></a><br /><br />Il cambio di segno dentro la parentesi ha comportato di ottenere <b><i>1/e</i></b> invece di <b><i>e</i></b>; per il resto, Nepero non ha utilizzato un valore <b>n</b> infinito, ma si è "limitato" al valore 10000000, che è già "abbastanza" grande da dare risultati soddisfacenti. <br /><br />Nepero, senza saperlo, aveva inventato una base per i suoi logaritmi strutturalmente simile al valore <b><i>e</i></b> di Eulero: per questo si ascrive a Nepero la paternità del numero, e si dicono Neperiani i logaritmi calcolati con questa base. Certo è che Nepero non poté neanche sospettare l’importanza che avrebbe avuto questo numero nell’analisi... <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="700"></a><b>Usi "quotidiani" dei logaritmi</b><br /><br />Forse non lo sapete, ma le scale che misurano i seguenti fenomeni:<br /><br />— La <i>magnitudo</i> delle stelle (indice della loro luminosità);<br /><br />— L'indice <i>pH</i> di attività dello ione idrogeno (misura dell'acidità);<br /><br />— La <i>scala Richter</i> (misura dell'intensità dei terremoti);<br /><br />— i <i>decibel</i> che misurano l'intensità delle onde sonore;<br /><br />sono tutte scale <i>logaritmiche</i>, ovvero misurano il logaritmo del rapporto fra ciò che viene misurato e un valore standard preso come riferimento. Vediamo queste scale da vicino.<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4192556394/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2605/4192556394_dceffddbfb_m.jpg" width="240" height="81" alt="LogaritmoCollage1" /></a> La moderna scala delle magnitudini è stata scelta in modo che (semplificando), scelta una stella molto luminosa a cui dare magnitudo 0 (è stata scelta Vega, nella costellazione della Lira), la magnitudo 5 corrisponda a una luminosità 100 volte inferiore. Detto in formula:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4192578781/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2768/4192578781_547f13852d.jpg" width="500" height="49" alt="Logaritmi 2g" /></a><br /><br />in cui il segno meno fa sì che la magnitudo aumenti quando la stella è meno luminosa; M è la magnitudo calcolata; F è il flusso di luce della stella che stiamo osservando; V è la luminosità di Vega; e il valore 2,5 serve per far sì che una stella 100 volte meno luminosa di Vega abbia proprio magnitudo 5.<br /><br />Con questo modo di indicare la luminosità delle stelle, è sicuramente più facile dire che la massima luminosità di Plutone è di magnitudo 13,65, piuttosto che dire che Plutone ha una luminosità duecentottantottomilaquattrocento (288400) volte inferiore a Vega!<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4191794105/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2640/4191794105_1c9d53315f_m.jpg" width="240" height="81" alt="LogaritmoCollage4" /></a> In televisione non c'è pubblicità di cosmetici che non tenga a farci sapere il pH delle varie creme... ma alzi la mano chi sa esattamente cosa sia il pH!<br /><br />Il pH fu ideato dal chimico danese Søren P. L. Sørensen nel 1909, il quale stava affrontando alcuni problemi relativi al processo di fermentazione della birra. Questo processo richiede un controllo molto accurato dell'acidità dei mosti, la quale, a quel tempo, veniva espressa attraverso la concentrazione degli ioni idrogeno presenti in soluzione. Questi ioni, normalmente, sono in quantità molto piccola, anche inferiori a una parte per milione. Sørensen si rese conto che i calcoli si sarebbero di molto semplificati facendo riferimento al solo esponente del valore della concentrazione, anziché a tutto il numero. Propose quindi di chiamare questo esponente pH, dove p sta per potenza (cioè esponente del 10, dal latino pondus) e H sta per idrogeno, o meglio, per ione idrogeno, (dal latino Hydrogenii). <br /><br />Oggi, il pH viene definito come l'opposto del logaritmo della concentrazione molare degli ioni idrogeno. Pertanto: <br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4193340060/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4009/4193340060_25811d1833.jpg" width="500" height="29" alt="Logaritmi 2h" /></a><br /><br />La concentrazione suddetta permette di definire il grado di acidità o basicità della soluzione. Il pH può assumere valori appartenenti all’intervallo 1-14; ma siccome stiamo parlando di logaritmi, fra il valore 1 e il valore 14 ci sono 13 cifre, o posizioni decimali, di differenza!<br /><br />Risulta quindi molto più facile esprimersi in termini di pH rispetto all'effettiva concentrazione dello ione idrogeno; e si hanno soluzioni acide se il loro pH è compreso fra 1 e 6, neutre se il valore è 7 (come l'acqua distillata), basica fra 8 e 14.<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4192555978/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2218/4192555978_f8a7028f94_m.jpg" width="240" height="81" alt="LogaritmoCollage3" /></a> Anche la magnitudo dei terremoti, così come indicata dalla scala Richter, ha a che fare con i logaritmi. Tale scala si basa sulla potenza equivalente del sisma, misurata in chili di tritolo. Quindi la magnitudo 0 equivale a un chilo di tritolo; poi ogni salto di due magnitudo equivale a moltiplicare la quantità di tritolo per 1000:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4192578543/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2732/4192578543_dbc21b5f26.jpg" width="500" height="40" alt="Logaritmi 2i" /></a><br /><br />Anche in questo caso è più facile dire "Terremoto del sesto grado della scala Richter", piuttosto che "sisma dalla potenza equivalente a un milione di tonnellate di tritolo"!<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4192556162/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2780/4192556162_1e81a546cd_m.jpg" width="240" height="81" alt="LogaritmoCollage2" /></a> Il Bel è il logaritmo decimale del rapporto fra due potenze; il decibel (dB) è lo stesso valore, ma moltiplicato per 10. Quindi:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4193339860/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2516/4193339860_ecb5b45bdd.jpg" width="500" height="45" alt="Logaritmi 2j" /></a><br /><br />in cui w2 è l'intensità sonora misurata, mentre w1 è l'intensità di riferimento standard. Quest'ultima è stabilita come il livello minimo di potenza sonora che sia percepibile dall’orecchio umano. Quindi se la potenza da misurare W2 è uguale a quella di riferimento, allora il rapporto W2/W1 è uguale a 1, e il logaritmo è 0. Se la potenza fosse cento volte superiore a quella di riferimento, il logaritmo varrebbe 2, quindi i dB di potenza sarebbero 20.<br /><br />I decibel sono molto pratici proprio perché una variazione di 10dB comporta un aumento della potenza di 10 volte, mentre a un raddoppio di potenza corrispondono circa 3dB. E tutto questo è molto più pratico che esprimersi in termini lineari (cioè non logaritmici): per esempio a 43dB corrisponderebbe una potenza 19953 volte maggiore a quella di riferimento; 57 dB a 501187 volte: numeri così grandi danno indicazioni sicuramente meno intuitive rispetto ai dB (almeno a coloro che ne hanno una certa abitudine). <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="800"></a><b>Conclusioni, e una "perla" letteraria</b><br /><br />Nepero, il creatore della teoria dei logaritmi, aveva previsto correttamente che i suoi risultati avrebbero rivoluzionato il mondo scientifico dell'epoca. Pierre-Simon de Laplace (importantissimo matematico, fisico e astronomo francese, 1749-1827) scrisse che Nepero aveva <i>"raddoppiato la vita degli astronomi"</i>: i logaritmi hanno semplificato moltissimo lo svolgimento dei calcoli, consentendo agli scienziati di perderci molto meno tempo. Non solo: questa nuova tecnica di calcolo ha anche favorito lo sviluppo dei commerci e delle attività imprenditoriali, in sostanza sulla nascita del mondo industriale a partire dalla seconda parte del XVII secolo. <br /><br />Un'ultima curiosità: nel racconto "Avventure di tre russi e tre inglesi nell'Africa australe" di Jules Verne, c'è un personaggio, tale Nicolas Palander, che è talmente assorto nei suoi pensieri che non si accorge di essere circondato da una quantità di coccodrilli piuttosto affamati. I suoi compagni di avventure riescono in qualche modo a scacciarli sparando qualche fucilata. Al sentire gli spari, il Palander riconosce i suoi compagni e si mette a correre verso di loro, agitando il bloc notes che aveva in mano ed esclamando, come l'antico filosofo:<br /><br />— Eureka! Ho trovato!<br />— Trovato cosa? — chiedono gli amici<br />— Un errore di decimale nel centotreesimo logaritmo nelle tabelle di James Wolston!<br /><br />Verne ci spiega poi che con questa scoperta avrebbe incassato il premio di cento libbre messo in palio dall'editore di quelle tavole di logaritmi...<br /><br />... peccato che di questo James Wolston io non sia riuscito a trovare traccia da nessuna parte. Certo è che Henry Briggs, il primo ad aver compilato tavole complete di logaritmi, aveva messo realmente in palio una somma da versare a chi avesse trovato errori nelle sue tavole: un ottimo sistema per farsele correggere da qualcun altro! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><i>Prossimo capitolo: <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/regolo-calcolatore.html">il Regolo Calcolatore</a></i>aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-3711042435878143532010-07-16T17:02:00.006+02:002010-07-16T18:44:17.851+02:00Aritmetica: Elevamento a Potenza<a name="index"></a><b>Sommario:</b><br /><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/aritmetica.html">+ Contare</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/sistemi-di-numerazione.html">+ Sistemi di numerazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/addizione-e-sottrazione.html">+ Addizione e Sottrazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/moltiplicazione.html">+ Moltiplicazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/divisione.html">+ Divisione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/radice-quadrata.html">+ Radice Quadrata</a><br /><a href="#100">– Elevamento a Potenza</a><br /> <i><a href="#100">Una "semplificazione"</a></i><br /> <i><a href="#200">Proprietà delle potenze</a></i><br /> <i><a href="#300">Esponenti negativi o nulli</a></i><br /> <i><a href="#400">Moltiplicazione e divisione degli esponenti</a></i><br /> <i><a href="#500">Potenza... delle potenze!</a></i><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/logaritmi.html">+ Logaritmi</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/regolo-calcolatore.html">+ Il Regolo Calcolatore</a><br /><br /><a name="100"></a><b>Una "Semplificazione"</b><br /><br />Nella storia della matematica, molti concetti sono stati introdotti con lo scopo di <i>semplificare </i>i calcoli. Così la moltiplicazione è un modo per semplificare il calcolo della somma di molti numeri uguali, mentre la divisione consiste nel vedere quante volte si può sottrarre il divisore dal dividendo. <br /><br />Anche l'elevamento a potenza ha uno scopo simile: è un modo semplice di indicare quante volte un numero va moltiplicato per se stesso. Infatti la definizione è: <blockquote><i>"Potenza di un numero è il prodotto di tanti fattori uguali a quel numero che si dice base, mentre il numero dei fattori si dice esponente o grado della potenza".</i></blockquote>Come spesso accade in matematica, una volta introdotta una nuova operazione si cerca di sfruttarla il più possibile in modo da generalizzarne l'uso in tutti i modi possibili, a patto di rimanere sempre nell'ambito di una teoria coerente. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="200"></a><b>Proprietà delle potenze</b><br /><br />Ora vedremo come un concetto relativamente semplice (l'elevamento a potenza, appunto) può dar luogo a sviluppi veramente importanti: negli esempi che seguono userò sempre la base 5 (può essere sostituita da qualsiasi numero, purché maggiore di zero e diverso da uno). Per definizione di potenza, abbiamo le seguenti equivalenze:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4187247054/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2511/4187247054_02cef0aa8a.jpg" width="500" height="21" alt="Potenze 1" /></a><br /><br />Vediamo ora cosa succede moltiplicando due potenze di base uguale:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4187246950/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2697/4187246950_922e633310.jpg" width="500" height="21" alt="Potenze 2" /></a><br /><br />Il prodotto di due potenze di una stessa base è equivalente a un'unica potenza con la stessa base e con esponente pari alla somma degli esponenti delle due potenze di partenza.<br /><br />Lo stesso ragionamento si può fare con le divisioni, infatti<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4186485165/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4039/4186485165_e2f51f7320.jpg" width="500" height="21" alt="Potenze 3" /></a><br /><br />Fin qui stiamo rimanendo nell'ambito degli esponenti positivi, quindi nell'ambito della definizione di potenza. Ma come abbiamo già visto nelle puntate precedenti, le sottrazioni possono dar luogo allo zero o a numeri negativi. E cosa succede se l'esponente di una potenza diventa, appunto, zero o negativo? <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="300"></a><b>Esponenti negativi o nulli</b><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4187246766/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4005/4187246766_e18d0a3961.jpg" width="500" height="21" alt="Potenze 4" /></a><br /><br />Da quanto si vede qui sopra, qualsiasi numero (purché maggiore di zero), se elevato alla potenza zero, dà come risultato il numero uno. Ma si può andare oltre:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4187246680/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2762/4187246680_daa5658e71.jpg" width="500" height="40" alt="Potenze 5" /></a><br /><br />Esponenti negativi danno luogo al reciproco (ovvero la divisione 1:x) del valore della stessa potenza ma calcolata con esponente di segno positivo.<br /><br />In questo modo abbiamo imparato a gestire la somma e la differenza degli esponenti, generalizzando il concetto di potenza anche quando gli esponenti diventano negativi. Non so se ve ne siete accorti, ma quello che stiamo facendo è "inventare" un'aritmetica degli esponenti! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="400"></a><b>Moltiplicazione e divisione degli esponenti</b><br /><br />La moltiplicazione degli esponenti dà luogo a quel concetto che a scuola ci insegnavano come "potenza di potenza". Ne faccio solo un accenno:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4187246576/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4046/4187246576_161de69537.jpg" width="500" height="32" alt="Potenze 6" /></a><br /><br />E la divisione? Niente paura, la divisione degli esponenti si può fare, anche quando il loro quoziente non è intero! Vediamo la seguente espressione:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4187246464/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2586/4187246464_021ce76fd1.jpg" width="500" height="32" alt="Potenze 7" /></a><br /><br />Ma qual è quel numero che, moltiplicato per se stesso tre volte, dà 5? Questo numero è la radice cubica di cinque; infatti:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4187246384/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2732/4187246384_9bbdac74a1.jpg" width="500" height="33" alt="Potenze 8" /></a><br /><br />L'elevazione alla potenza 1:n significa quindi estrarre la radice ennesima della base. E un esponente del tipo 2/3? presto detto:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4187246280/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2601/4187246280_70ae7a8f02.jpg" width="500" height="38" alt="Potenze 9" /></a><br /><br />Con questo abbiamo imparato a usare gli esponenti di ogni valore intero (anche con segno) e razionale. Si potrebbe continuare il discorso anche per i numeri irrazionali, ma questo non è necessario per arrivare al punto che mi interessa (nel prossimo capitolo); per andare avanti con il discorso basta ricordare ciò che ho detto più sopra: <blockquote><i>Il prodotto di due potenze che hanno la stessa base è la stessa cosa di un'unica potenza con esponente pari alla somma degli esponenti delle due potenze di partenza; e questo vale per ogni tipo di esponente: naturale, intero con segno, razionale, e anche irrazionale.</i></blockquote><br /><br /><a name="500"></a><b>Potenza... delle potenze!</b><br /><br />A proposito delle potenze di 5 con cui abbiamo armeggiato finora: ecco qui una rappresentazione grafica delle potenze con esponente compreso fra 0 e 6, che dà un'idea di quanto aumentano i numeri nell'elevamento a potenza. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4186705457/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4011/4186705457_2674859929_o.gif" width="480" height="480" alt="Cubetti" /></a><br /><br /><i>Prossimo capitolo: <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/logaritmi.html">i Logaritmi</a></i>aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-8743580126793865872010-07-16T14:44:00.014+02:002010-07-24T09:08:26.077+02:00Aritmetica: Radice Quadrata<a name="index"></a><b>Sommario:</b><br /><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/aritmetica.html">+ Contare</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/sistemi-di-numerazione.html">+ Sistemi di numerazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/addizione-e-sottrazione.html">+ Addizione e Sottrazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/moltiplicazione.html">+ Moltiplicazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/divisione.html">+ Divisione</a><br /><a href="#100">– Radice Quadrata</a><br /> <i><a href="#100">Perché la radice quadrata?</a></i><br /> <i><a href="#200">Il metodo classico di calcolo</a></i><br /> <i><a href="#300">I "Bastoncini di Nepero"</a></i><br /> <i><a href="#400">I Numeri Irrazionali</a></i><br /> <i><a href="#500">I Numeri Immaginari</a></i><br /> <i><a href="#600">Equazioni di Terzo Grado</a></i><br /> <i><a href="#700">I Numeri Complessi</a></i><br /> <i><a href="#800">Il Piano Complesso</a></i><br /> <i><a href="#900">L'Equazione Ciclotomica</a></i><br /> <i><a href="#900">L'Equazione Ciclotomica</a></i><br /> <i><a href="#950">Niccolò Tartaglia</a></i><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/elevamento-potenza.html">+ Elevamento a potenza</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/logaritmi.html">+ Logaritmi</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/regolo-calcolatore.html">+ Il Regolo Calcolatore</a><br /><br /><i>Quando ero ragazzo odiavo le radici quadrate, non tanto in sé, ma perché non capivo il motivo di quel metodo così complicato per calcolarlo. Se anche a voi è rimasta questa curiosità, leggete qui sotto: non era poi una cosa così astrusa!</i><br /><br /><a name="100"></a><b>Perché la radice quadrata?</b><br /><br />La radice quadrata non serve spesso nell'uso quotidiano, mentre in campo scientifico salta fuori da tutte le parti! Vediamo però un (im)probabile caso in cui anche a voi potrebbe capitare di averne bisogno!<br /><br />Uno zio d'America mi ha lasciato in eredità un terreno di forma perfettamente quadrata e della superficie di 56250 metri quadrati. Lo voglio recintare: quanta rete devo comprare? Lo voglio sapere esattamente: non ne voglio sprecare neanche un centimetro!<br /><br />Il perimetro di questo quadrato è quattro volte il lato; e siccome l'area di un quadrato è... il quadrato del lato, allora per saperne il lato devo fare l'operazione inversa, cioè devo estrarre la radice quadrata dell'area. <br /><br />Il calcolo si esegue per approssimazioni successive, come si fa con con la divisione: si ricava la cifra più significativa del risultato e si calcola il resto; poi si ricava una nuova cifra, un nuovo resto, e così via. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="200"></a><b>Il metodo classico di calcolo</b><br /><br />Il calcolo va impostato come mostro qui sotto, raggruppando a coppie le cifre del numero di cui si cerca la radice (radicando) partendo da destra: prima le cifre delle unità e decine, poi centinaia e migliaia, e così via. Il gruppo di sinistra alla fine sarà costituito da una o due cifre (in questo caso dalla sola cifra 5, indicata in nero): è proprio da qui che inizierà il calcolo. <i>(Questo raggruppare le cifre a coppie dipende dal fatto che il quadrato di 10 è 100. A ogni cifra del risultato corrispondono due cifre del radicando; e il risultato della radice avrà tante cifre intere quanti sono i gruppi di due cifre in cui è stato diviso il radicando).</i><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4160214038/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2639/4160214038_59b78caafd.jpg" width="500" height="248" alt="Radice quadrata 1" /></a><br /><br />La prima cifra del risultato va determinata cercando il massimo numero (da 1 a 9) il cui quadrato sia minore o uguale al gruppo di sinistra delle cifre del radicando. Nel nostro caso 2 x 2 = 4 che è minore di 5. Sotto al segno di radice si calcola il Resto, ovvero la differenza fra il 5 del radicando e il 4 che abbiamo appena trovato.<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4168590688/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2649/4168590688_54186423e4.jpg" width="500" height="248" alt="Radice quadrata 2" /></a><br /><br />Questa prima cifra del risultato, che sappiamo essere la cifra delle centinaia (di metri), indica proprio il numero intero di ettometri che stanno nel lato del quadrato.<br /><br /><i>Nel disegno sopra le righe orizzontali e verticali rappresentano divisioni del terreno in quadrati di 100 metri di lato, a partire dall'angolo inferiore sinistro: dal disegno è subito evidente che il numero di ettometri che stanno nel lato è due, e che gli ettari interi che stanno nel quadrato è 4. Dal disegno appare ovvio che nel quadrato non ci potrebbero stare 3 x 3 = 9 ettari: ecco perché, come primo passo nel calcolo della radice quadrata, si cerca proprio il numero più alto il cui quadrato non sia maggiore del primo gruppo di cifre del radicando.</i><br /><br />Per andare avanti con il calcolo bisogna considerare non più le centinaia ma le decine di metri (decametri). Aggiorno lo schema:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4163590214/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2719/4163590214_f26078e170.jpg" width="500" height="248" alt="Radice quadrata 3" /></a><br /><br />La griglia ora rappresenta decametri; l'area verde ha le stesse dimensioni del disegno precedente, solo che il lato è espresso in decametri invece che in ettometri; ogni quadratino quindi è un'ara (decametro quadrato), e l'area verde (4 ettari) ha adesso una superficie di 400 are.<br /><br />Per trovare la cifra successiva del risultato bisogna prendere in esame anche il gruppo successivo di due cifre del radicando (62): il numero complessivo 562 nel nostro caso rappresenta la superficie in are intere (senza decimali) del terreno. <br /><br />Per esprimere anche il Resto in are si calcola la differenza fra 562 are meno 400 are (area corrispondente alla prima cifra già trovata del risultato): il Resto è quindi di 162 are. Adesso bisogna trovare la seconda cifra (c) del risultato.<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4159320263/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2595/4159320263_02a95c6e59.jpg" width="500" height="248" alt="Radice quadrata 4" /></a><br /><br />La cifra c determina il valore delle due aree celesti (ciascuna delle quali è un rettangolo con un lato di 20 decametri e l'altro che vale proprio c) e dell'area rossa (che è un quadrato di lato c). Queste tre aree sono indicate, nei rispettivi colori, nell'espressione sulla destra. <br /><br />Il nostro scopo è trovare il massimo valore di c tale che la somma delle aree dei due rettangoli e del quadrato non superi il valore del Resto (162). Semplifichiamo l'espressione delle aree: nella riga sottostante sostituisco la somma di due volte 20 per c con 40 per c; poi prendo c a fattor comune ricavando l'espressione (40+c) per c; ma siccome c può essere solo una cifra compresa fra 0 e 9, riduco il tutto all'espressione 4c per c, in cui 4c è un numero di due cifre composto dal 4 (decine) e da c (unità): in pratica sostituisco la cifra 0 del 40 con la cifra c.<br /><br />Il valore "4c per c" è l'area complessiva dei due rettangoli celesti più il quadrato rosso, e quest'area complessiva non deve superare l'area residua (il numero indicato in nero); la seconda cifra (c) del risultato va quindi cercata come il valore massimo che, inserito nell'espressione 4c per c, dia un valore minore o uguale al Resto (162). Il valore cercato è tre:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4160075962/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2603/4160075962_51b77481cd.jpg" width="500" height="248" alt="Radice quadrata 5" /></a><br /><br />Il risultato, che ora ha due cifre, ci dice che il lato del quadrato verde è 23 decametri, e che una volta tolte dal Resto precedente (162) le aree rettangolari di cui ci siamo occupati sopra (129), il nuovo Resto è di 33 are (indicate in viola).<br /><br />Ancora una volta, per andare avanti con il calcolo bisogna ridurre la scala, passando dai decametri ai metri, e della are ai metri quadri.<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4163216235/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2596/4163216235_ba8baf476f.jpg" width="500" height="248" alt="Radice quadrata 6" /></a><br /><br />Qui la griglia non c'è più, perché risulterebbe troppo fitta. L'area verde è la stessa del disegno precedente, solo che il lato è espresso in metri invece che in decametri. Sotto al segno di radice va aggiornato il calcolo del Resto in modo da considerare metri quadri: ecco che il Resto precedente, che era di 162 are, una volta calate le ultime due cifre del radicando diventa di 16250 metri quadri; sottraendo i 12900 metri quadri del calcolo precedente (129 are), rimane un Resto di 3350 metri quadri (in viola): in base a questo nuovo Resto si cerca la terza cifra (c) del risultato.<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4159319965/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2462/4159319965_69a3869532.jpg" width="500" height="248" alt="Radice quadrata 7" /></a><br /><br />Il calcolo avviene esattamente come nel caso precedente: la cifra delle unità del risultato (metri) è 7.<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4160075676/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2537/4160075676_1e9d94ec95.jpg" width="500" height="248" alt="Radice quadrata 8" /></a><br /><br />Con questo è finito il calcolo della parte intera del risultato. Ma all'inizio ho detto che volevo il valore esatto <i>al centimetro</i>: si può procedere come si fa con la divisione, "calando" degli zeri da aggiungere al Resto; solo che, a differenza della divisione, nel calcolo della radice vanno aggiunti zeri a coppie. Vediamo i due passi successivi del calcolo:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4160075566/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2517/4160075566_a4ab993c92.jpg" width="500" height="248" alt="Radice quadrata 9" /></a><br /><br />Alla fine, il risultato della radice è di 237 metri e 17 centimetri. Moltiplicando questo risultato per quattro ottengo il perimetro del terreno: 948,68 metri, ed è proprio la quantità di rete che acquisterò per realizzare la mia recinzione!<br /><br /><i>Qui di seguito ricapitolo le regole per il calcolo della radice, così come ce le hanno insegnate a scuola:<br /><br />1 — Si raggruppano le cifre del radicando a coppie, da destra a sinistra<br /><br />2 — Si calcola il numero più grande il cui quadrato non sia superiore al gruppo di cifre di sinistra; questo numero è la prima cifra del risultato, e il suo quadrato va sottratto dal gruppo di due cifre di sinistra del radicando, in modo da ottenere un Resto.<br /><br />3 — Si calano le due cifre successive dal radicando in modo da completare il Resto; se le cifre del radicando sono esaurite, si aggiungono due zeri.<br /><br />4 — La cifra c successiva del risultato va calcolata cercando il massimo valore di c tale che, calcolando il prodotto di c per un numero che è il doppio del risultato della radice già calcolato e al quale si affianca a destra la cifra c, si ottiene un risultato che non supera il Resto determinato al punto precedente. Quella trovata è la nuova cifra del risultato.<br /><br />5 — Si sottrae il prodotto di cui al punto precedente dal Resto determinato al punto [3]. <br /><br />6 — Si riprende dal punto [3] fino ad esaurire le cifre del radicando, casomai con tanti passaggi in più quante sono le cifre decimali desiderate.</i> <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="300"></a><b>I "Bastoncini di Nepero"</b><br /><br />Ho già spiegato il funzionamento dei "bastoncini di Nepero" per quanto riguarda le <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/moltiplicazione.html#400">moltiplicazioni</a> e le <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/divisione.html#500">divisioni</a>: ora è il turno delle radici quadrate.<br /><br />Per eseguire questo calcolo occorre un bastoncino in più di larghezza doppia (quello di destra nella foto che segue):<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4167892099/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2750/4167892099_8abcc88770.jpg" width="500" height="453" alt="Bastoncini di Nepero: set completo" /></a><br /><br />Il bastoncino di destra presenta due colonne: quella di sinistra i quadrati dei numeri da 1 a 9; quella di destra il doppio degli stessi numeri. Vediamo come si esegue, con questo armamentario, il calcolo della stessa radice che abbiamo visto sopra.<br /><br />La prima cifra del risultato si calcola come descritto nella puntata precedente: usando il solo bastoncino delle radici, si trova qual è il quadrato più grande che sta nel primo gruppo di cifre del radicando (il cinque scritto in rosso). <br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4167867351/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2715/4167867351_2713a4e200.jpg" width="500" height="363" alt="Bastoncini di Nepero: radice 1" /></a><br /><br />Questo quadrato è 4 (evidenziato in giallo), corrispondente alla riga 2 (evidenziata in verde). Il 2 quindi è la prima cifra del risultato; il quadrato va sottratto dalla cifra 5 del radicando, ottenendo un Resto pari a 1.<br /><br />Ora va usata la colonna di destra del bastoncino delle radici: il valore evidenziato in celeste va trascritto sulla destra (vedremo fra un po' a cosa serve):<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4168628792/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2667/4168628792_61f4676d43.jpg" width="500" height="363" alt="Bastoncini di Nepero: radice 2" /></a><br /><br />Alla sinistra del bastoncino delle radici va aggiunto il bastoncino corrispondente al numero evidenziato in celeste (4), poi si completa il Resto calando altre due cifre dal radicando (62, indicate in rosso):<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4167866019/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2590/4167866019_c238aa6e2a.jpg" width="500" height="363" alt="Bastoncini di Nepero: radice 3" /></a><br /><br />Si cerca sui bastoncini il "Totale" più alto possibile che stia nel Resto. Questo totale è 129 (evidenziato in giallo), che si trova sulla riga 3 (evidenziata in verde): il 3 è la nuova cifra del risultato, che va trascritta accanto al 2 trovato in precedenza. Alla fine il Totale va sottratto dal Resto.<br /><br />Adesso il numero di destra del bastoncino delle radici (evidenziato in giallo) va aggiunto al 4 evidenziato in celeste secondo il calcolo che si vede sulla destra. Quello che si ottiene è il valore doppio delle cifre già trovate del risultato (23 x 2 = 46):<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4167865345/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2700/4167865345_c05583cc55.jpg" width="500" height="363" alt="Bastoncini di Nepero: radice 4" /></a><br /><br />Questo 46 va composto alla sinistra del bastoncino delle radici, poi si completa il Resto calando altre due cifre dal radicando (3350, indicato in rosso):<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4168626854/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2686/4168626854_f1d9a6bc0a.jpg" width="500" height="363" alt="Bastoncini di Nepero: radice 5" /></a><br /><br />Di nuovo si cerca sui bastoncini il Totale più alto possibile che stia nel Resto. Questo totale è 3269 (evidenziato in giallo), che si trova sulla riga 7 (evidenziata in verde): il 7 è la nuova cifra del risultato, che va trascritta accanto al 23 trovato in precedenza. Alla fine il Totale va sottratto dal Resto.<br /><br />Il numero di destra del bastoncino delle radici (evidenziato in giallo) va aggiunto al 46 evidenziato in celeste secondo il calcolo che si vede sulla destra. Quello che si ottiene è il valore doppio delle cifre già trovate del risultato (237 x 2 = 474). <br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4168626154/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2795/4168626154_4501668970.jpg" width="500" height="363" alt="Bastoncini di Nepero: radice 6" /></a><br /><br />Il 474 va composto alla sinistra del bastoncino delle radici, poi si completa il Resto aggiungendo una coppia di zeri (8100):<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4168625536/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2716/4168625536_d59f485d21.jpg" width="500" height="363" alt="Bastoncini di Nepero: radice 7" /></a><br /><br />La nuova cifra del risultato è 1. Di nuovo:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4168624778/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2699/4168624778_e4aeb78399.jpg" width="500" height="363" alt="Bastoncini di Nepero: radice 8" /></a><br /><br />Tutto questo procedimento è un po' macchinoso, comunque consente di verificare al volo qual è ogni cifra da aggiungere al risultato, in quanto i bastoncini consentono di calcolare con facilità tutti i prodotti necessari. Sicuramente un metodo migliore rispetto alle sole carta e penna! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="400"></a><b>I Numeri Irrazionali</b><br /><br />L'aritmetica nasce come arte di fare calcoli sui <i>numeri naturali</i>. Nei capitoli precedenti abbiamo visto comparire nuove classi di numeri, rese necessarie proprio dai calcoli che si fanno in aritmetica. Infatti:<br /><br />— Addizione e Moltiplicazione di numeri naturali sono le uniche operazioni che danno sempre come risultato altri <i>numeri naturali</i>.<br /><br />— La Sottrazione può dare come risultato un numero naturale, oppure zero oppure numeri negativi: ecco nascere la classe dei <i>numeri interi</i> (con segno), che comprende ma espande i numeri naturali. Qualunque operazione di somma, sottrazione o moltiplicazione di numeri interi dà come risultato un altro numero intero.<br /><br />— La Divisione dà luogo ai <i>numeri razionali</i>, cioè quei numeri che, essendo il risultato di una divisione fra numeri interi, presentano cifre decimali dopo la virgola in numero finito o infinito (in quest'ultimo caso i decimali sono sempre periodici). La classe dei numeri razionali comprende quelle dei numeri interi (e a maggior ragione anche i numeri naturali); qualunque delle quattro operazioni aritmetiche venga fatta su numeri razionali dà come risultato un altro numero razionale.<br /><br />Stando così le cose, verrebbe da pensare che la classe dei numeri razionali comprenda tutti i numeri possibili e immaginabili... ma non è così: comincia ora un'avventura che apre nuovi, inaspettati orizzonti!<br /><br />Ripartiamo dalle definizioni: dato un numero qualsiasi, la sua radice quadrata è quel numero che, moltiplicato per se stesso, dà il numero dato (radicando).<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4171820361/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2721/4171820361_02975c0c34.jpg" width="500" height="35" alt="Radicali 1a" /></a><br /><br />Allo stesso modo si definisce la radice cubica: <br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4172575270/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2493/4172575270_b987cfb515.jpg" width="500" height="35" alt="Radicali 1b" /></a><br /><br />In generale si può definire la radice ennesima di un numero:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4171820205/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2488/4171820205_cd199a68ba.jpg" width="500" height="35" alt="Radicali 1c" /></a><br /><br />Ora viene una domanda. Queste operazioni danno risultati che rientrano sempre nella classe dei numeri razionali? La risposta è no, e la dimostrazione è relativamente semplice:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4171820083/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2514/4171820083_91f856d45b.jpg" width="500" height="71" alt="Radicali 1d" /></a><br /><br />Ammettiamo che la radice ennesima di un numero naturale <b>a</b> possa essere espresso da una frazione fra numeri naturali (interi) <b>p</b> e <b>q</b>, e che questa frazione sia ridotta ai minimi termini (<b>p</b> e <b>q</b> non hanno fattori in comune). Elevando alla potenza <b>n</b> (espressione verde), a sinistra dell'uguale sparisce il segno di radice, mentre a destra abbiamo <b>p</b> e <b>q</b> elevati all'ennesima potenza: visto che <b>p</b> e q non avevano fattori in comune, dopo quest'operazione continuano a non averne. Rigirando l'equazione si ottiene (a destra) che <b>p</b> alla <b>n</b> deve essere multiplo di <b>q</b> alla <b>n</b>; ma dato che <b>p</b> e q sono primi fra loro, l'espressione può essere vera solo se <b>q</b> vale <b>1</b>, nel qual caso la frazione <b>p / q</b> è un numero intero. Conclusione: la radice ennesima di un numero qualsiasi può dare come risultato solo un numero intero, oppure un numero irrazionale.<br /><br />L'esistenza dei <i>numeri irrazionali</i> è nota dalla più remota antichità: già i pitagorici avevano scoperto che la radice quadrata di due (che da un punto di vista geometrico rappresenta il rapporto fra diagonale e lato di un quadrato) non poteva essere espressa sotto forma di frazione. Quindi le radici ampliano ulteriormente il concetto di numero, aggiungendo ai naturali, interi (con segno) e razionali, anche i <i>numeri irrazionali</i>.<br /><br /><i>Nota: i numeri irrazionali non possono essere mai periodici; se lo fossero, si potrebbe ricavarne una frazione generatrice (<a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/divisione.html#800">vedi qui</a>), e allora... non sarebbero più irrazionali!</i> <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="500"></a><b>I Numeri Immaginari</b><br /><br />Passiamo ora a vedere una conseguenza davvero "rivoluzionaria" nel calcolo delle radici quadrate. Quanto fa la radice quadrata di -1? Se ricordate qualcosa dell'algebra, meno per meno fa più; quindi sia 1 che -1, elevati al quadrato, danno 1 positivo:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4173838109/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2796/4173838109_8b2c2924cb.jpg" width="500" height="40" alt="Radici 2a" /></a><br /><br />Sembra quindi che in nessun caso si potrà trovare un numero che, elevato al quadrato, dia il risultato -1. Invece la radice cubica di -1 si può fare, infatti meno per meno per meno (tre meni) dà meno:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4173838037/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4004/4173838037_d6d3a6269b.jpg" width="500" height="40" alt="Radici 2b" /></a><br /><br />Armeggiando con ragionamenti di questo tipo si vede come l'estrazione delle radici di ordine dispari (terza, quinta, ecc.) di un numero negativo sia sempre possibile, mentre le radice di ordine pari (seconda, quarta, ecc.) non lo è. Ma ne siamo proprio sicuri? <br /><br />Nel corso dei secoli i matematici hanno dovuto imparare a <i>non</i> farsi spaventare da concetti scomodi, o anti intuitivi. Così è stato per lo zero e i numeri negativi, per i numeri irrazionali, come anche c'è stata qualche difficoltà ad accettare i numeri razionali con infiniti decimali. Per quanto riguarda la radice quadrata dei numeri negativi, non se ne capiva il senso, e sembrava ovvio che non si sarebbe mai avuto bisogno di loro. Ma la storia della matematica... è piena di sorprese! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="600"></a><b>Equazioni di Terzo Grado</b><br /><br />All'inizio del XVI secolo si discuteva molto del metodo per risolvere le equazioni di terzo grado. Ci furono in proposito grosse dispute e "disfide" fra i matematici dell'epoca (ne parlo <a href="#950">qui sotto</a>), finché una formula generale per la risoluzione di queste equazioni fu trovata. Ma fu trovata anche una grossa pietra d'inciampo con questo caso:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4173837925/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2544/4173837925_0c57320c80.jpg" width="500" height="40" alt="Radici 2c" /></a><br /><br />Risolvere questa equazione significa trovare i valori di X per cui l'espressione alla sinistra dell'uguale diventa zero. La formula risolutiva si sapeva essere questa:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4174595092/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2603/4174595092_231affa02e.jpg" width="500" height="40" alt="Radici 2d" /></a><br /><br />in cui compare per due volte proprio la radice quadrata di -1 (evidenziata in rosso). Per l'appunto si sapeva che questa equazione di terzo grado aveva una soluzione valida per X = 4; infatti:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4174594978/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2626/4174594978_106be37198.jpg" width="500" height="40" alt="Radici 2e" /></a><br /><br /><i>In verde indico le sostituzioni di X con 4; in grigio il passaggio intermedio e il risultato in rosso.</i> Allora la domanda era: come può un risultato valido saltar fuori da una formula apparentemente assurda? <br /><br />Col tempo i matematici, a partire da Raffaele Bombelli (1526-1572) si sono rassegnati ad ammettere l'esistenza di una nuova, strana entità, chiamandola con il significativo nome di "unità immaginaria". In sostanza si definisce:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4173837657/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2572/4173837657_e09de41cac.jpg" width="500" height="40" alt="Radici 2f" /></a><br /><br />L'unita immaginaria <b>i</b> è quel numero che, moltiplicato per se stesso, dà -1. Non è necessario "capirne" il significato, è un "oggetto" matematico sul quale si può lavorare anche senza sapere esattamente cosa sia. Per fare un esempio, se si prende la formula risolutiva dell'equazione di terzo grado che ho mostrato sopra, e si sostituisce la radice quadrata di -1 con la lettera <b>i</b>, e poi si elabora opportunamente la formula stessa tenendo presente che <b>i</b> x <b>i</b> fa -1, si trova che il risultato è effettivamente X = 4.<br /><br />Insomma le radici hanno aggiunto alla matematica i numeri non solo irrazionali, ma anche immaginari... ma non basta ancora, le radici hanno un'altra peculiarità molto interessante! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="700"></a><b>I Numeri Complessi</b><br /><br />Più sopra abbiamo cercato la radice quadrata di -1 provando con i valori 1 e -1, ma abbiamo visto che in nessun modo si trovava il risultato cercato (tant'è che si è dovuta ammettere l'esistenza dell'unità immaginaria). Guardando meglio a questi tentativi, si scopre però che le radici quadrate di 1 in realtà sono due, non una; non solo 1 è la radice quadrata di 1, ma lo è anche -1:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4174809014/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2675/4174809014_7622e1b72b.jpg" width="500" height="26" alt="Radici 3a" /></a><br /><br />Ora è ovvio che anche la radice quarta di 1 ha queste stesse radici, infatti<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4174051323/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2620/4174051323_7a306e0ce7.jpg" width="500" height="26" alt="Radici 3b" /></a><br /><br />Ma la radice quarta di 1 ne ha anche altre due: infatti anche i e -i sono radici quarte di 1.<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4174808768/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4002/4174808768_0bd641bc8e.jpg" width="500" height="26" alt="Radici 3c" /></a><br /><br />E la radice cubica? Voglio dire, se la radice quadrata ha due radici e la radice quarta ne ha addirittura quattro, possibile che la radice cubica abbia una radice sola? Ebbene, la radice cubica di 1, oltre all'unità, ha anche due radici strane:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4174808662/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2534/4174808662_e851334033.jpg" width="500" height="42" alt="Radici 3d" /></a><br /><br /><i>(per chi ne abbia voglia, scrivo la dimostrazione che il cubo della prima di queste espressioni, quella rossa, dà veramente 1):</i><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4174808502/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2679/4174808502_a2539ae7fc.jpg" width="500" height="94" alt="Radici 3e" /></a><br /><br /><i>L'espressione viene sviluppata secondo il cubo del binomio, e tenendo sempre presente che i x i fa -1; nella riga in basso, i termini grigi si elidono, quelli verdi concorrono a formare l'unità del risultato.</i><br /><br />Vediamo meglio la struttura di queste radici cubiche di 1: sono costituite da una parte reale (-½) e una immaginaria (½√3i). Ecco un'ulteriore novità: la somma di un numero reale e uno immaginario dà luogo a un oggetto che si chiama "numero complesso". Finalmente, possiamo affermare che i <i>numeri complessi</i> sono l'ultima classe di cui ci sia bisogno in matematica: non è mai stata trovato un altro tipo di operazioni che richieda un'ulteriore estensione del concetto di numero! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="800"></a><b>Il Piano Complesso</b><br /><br />I numeri reali possono essere raffigurati su una retta, in modo che numeri più grandi stiano sempre alla destra di numeri più piccoli:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4175437453/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2685/4175437453_182f517db7.jpg" width="500" height="63" alt="Retta Numeri" /></a><br /><br /><i>(in rosso i numeri interi, in verde i razionali, in blu irrazionali).</i><br /><br />Come abbiamo visto, i numeri complessi sono invece espressi da due quantità, una reale e l'altra immaginaria. Non è quindi sufficiente una retta per rappresentarli in modo geometrico, ci vuole un piano: si definisce "piano complesso" un piano cartesiano in cui l'asse orizzontale indica la parte reale e l'asse verticale la parte immaginaria di ogni numero complesso. Faccio un esempio proprio con una le radici cubiche di 1, di cui abbiamo parlato sopra:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4176198142/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2716/4176198142_41fa2808ca_m.jpg" width="240" height="221" alt="Radici cubiche 1" /></a><br /><br /><i>Ciascun punto è identificato da due coordinate: quella che "cade" sull'asse orizzontale (numero reale, indicato in rosso) e quello che cade sull'asse verticale (parte immaginaria, indicata in verde; la lettera <i>i</i> l'ho messa per chiarezza, anche se non andrebbe scritta in quanto implicita nell'asse verticale, che definisce appunto la parte immaginaria del numero complesso).</i><br /><br />Se ci fate caso, queste tre radici 1 si dispongono sul piano complesso come i vertici di un triangolo equilatero inscritto in una circonferenza unitaria:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4175437319/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2662/4175437319_bea016e67b_m.jpg" width="240" height="221" alt="Poligono 3" /></a><br /><br /><i>Qui le coordinate di ciascun punto sono indicate come coppie di numeri fra parentesi, separati da virgole. Il primo numero (rosso) definisce la parte reale, il secondo (verde) la parte immaginaria del numero complesso che definisce ciascun vertice.</i><br /><br />Lo stesso accade anche con le radici quarte: <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4176197948/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2579/4176197948_8939fd6072_m.jpg" width="240" height="221" alt="Poligono 4" /></a><br /><br /><a name="900"></a><b>L'Equazione Ciclotomica"</b><br /><br />L'equazione ciclotomica consiste nel trovare tutte le radici dell'unità nel piano complesso. Tale equazione può essere espressa in due modi assolutamente equivalenti:<br /><br />zⁿ = – 1 = 0 zⁿ = 1<br /><br />in cui z è un numero complesso che rappresenta la radice dell'unità, n il grado dell'equazione.<br /><br />Si dimostra (con metodi matematici di gran lunga troppo complicati per essere spiegati qui), che le le radici di 1, calcolate in qualsiasi grado, sono sempre nello stesso numero del grado della radice; e, se disegnate sul piano complesso, queste radici si dispongono secondo i vertici di un poligono regolare di tanti lati quanto è il grado della radice: da qui il nome di equazione "ciclotomica", ovvero equazione che "taglia il cerchio". Ecco rappresentate qui le radici di quinto grado:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4175437105/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2550/4175437105_0860624395.jpg" width="500" height="461" alt="Poligono 5" /></a><br /><br />Bene, per chi volesse verificarle, qui sotto do le coordinate di tutti i vertici del triangolo, quadrato, pentagono, esagono e ottagono regolari inscritti nella circonferenza di raggio unitario: buon lavoro! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4175518969/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2788/4175518969_8c412f3cc0.jpg" width="500" height="461" alt="Poligoni8" /></a><br /><br /><a name="950"></a><b>Niccolò Tartaglia</b><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/3236085544/" title="Niccolò Tartaglia di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm4.static.flickr.com/3536/3236085544_9a510a4a9a.jpg" width="500" height="294" alt="Niccolò Tartaglia" /></a><br /><br /><i>Targa commemorativa di Niccolò Tartaglia in piazza Paolo VI (ex piazza Duomo) a Brescia, sullo stipite della porta principale del Duomo Vecchio (o "Rotonda").</i><br /><br />Durante la presa di Brescia da parte dei francesi nel 1512, Niccolò Fontana (Brescia, 1499 circa – Venezia, 13 dicembre 1557) fu ferito alla mandibola e al palato. Sopravvisse a stento a queste ferite, rimanendo segnato per tutta la vita da una evidente difficoltà ad articolare le parole. Per questo ebbe il soprannome di "Tartaglia", soprannome che usò lui stesso tutta la vita per firmare le proprie opere.<br /><br />Fu matematico sommo, e il suo nome è legato ad alcune cose davvero notevoli:<br /><br />— fu il primo traduttore in lingua italiana degli "elementi" di Euclide<br /><br />— descrisse per primo in occidente il celebre triangolo che porta il suo nome (era già noto in Cina da almeno due secoli). <br /><br />— scoprì la formula risolutiva delle equazioni cubiche. Ecco la storia di questa scoperta:<br /><br />La formula risolutiva per le equazioni cubiche fu scoperta per primo da Scipione dal Ferro, cosa non facile in tempi in cui non erano ancora stati affrontati i numeri negativi né tanto meno i numeri immaginari. A quei tempi i matematici custodivano gelosamente le loro scoperte, infatti i risultati di dal Ferro non furono pubblicati, ma andarono in "eredità" ad Antonio Maria del Fiore, un suo non brillantissimo discepolo. Quest'ultimo iniziò a vantarsi della propria capacità di risolvere equazioni cubiche; il Tartaglia lo venne a sapere, si mise a studiare il problema e raggiunse gli stessi risultati: a quel punto accettò un "cartello di matematica disfida" da parte di del Fiore.<br /><br />In queste disfide pubbliche ciascuno dei contendenti sottoponeva all'altro una serie di problemi, poi una giuria scelta di comune accordo decretava il vincitore. In quest'occasione il Tartaglia risolse tutti i problemi sottopostigli da del Fiore in un paio d'ore, mentre il del Fiore non riuscì a risolvere alcuno dei problemi proposti dal Tartaglia.<br /><br />Dell'esito di questa disfida venne a conoscenza Gerolamo Cardano (quello del giunto cardanico), che invitò il Tartaglia a Milano e riuscì a farsi confidare la formula dietro la promessa che non sarebbe stata divulgata. Passarono gli anni, e il Tartaglia non si decideva a pubblicare la formula; nel contempo il Cardano non solo la migliorò, ma venne anche a sapere dei risultati di Scipione dal Ferro: a questo punto, un po' perché nella formula ci aveva messo anche del suo, un po' perché appunto scoprì che i risultati del Tartaglia erano già stati trovati da qualcun altro, il Cardano si sentì svincolato dalla promessa fatta, e incluse la famosa formula nella sua "Ars Magna" del 1545.<br /><br />Il Tartaglia non la prese bene, e ne nacque una disputa a tratti molto aspra, che sfociò in una serie di "disfide" lanciategli da Ludovico Ferrari, un allievo del Cardano. Il Tartaglia, vista la sua menomazione, avrebbe voluto svolgere le disfide per iscritto, ma gli fu invece imposto di sostenere gli scontri in modo orale. Nell'ultima di queste disfide, al Tartaglia fu addirittura impedito di esporre le proprie ragioni... sicché il poveretto ne uscì con il prestigio infangato, perse il lavoro ed ebbe grossi problemi finanziari per tutto il resto dei suoi giorni!<br /><br />La formula risolutiva dell'equazione cubica porta oggi il nome di formula Cardano-Tartaglia. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><i>Prossimo capitolo: <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/elevamento-potenza.html">Elevamento a potenza</a></i>aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-35425636573374926072010-07-16T12:37:00.008+02:002010-07-16T18:44:27.556+02:00Aritmetica: Divisione<a name="index"></a><b>Sommario:</b><br /><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/aritmetica.html">+ Contare</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/sistemi-di-numerazione.html">+ Sistemi di numerazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/addizione-e-sottrazione.html">+ Addizione e Sottrazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/moltiplicazione.html">+ Moltiplicazione</a><br /><a href="#100">– Divisione</a><br /> <i><a href="#100">L'uomo primitivo</a></i><br /> <i><a href="#200">L'antico Egitto</a></i><br /> <i><a href="#300">I Babilonesi"</a></i><br /> <i><a href="#400">I numero Romani: l'Abaco</a></i><br /> <i><a href="#500">I "Bastoncini di Nepero"</a></i><br /> <i><a href="#600">I Numeri Razionali</a></i><br /> <i><a href="#700">Numeri Decimali Periodici</a></i><br /> <i><a href="#800">La Frazione Generatrice</a></i><br /> <i><a href="#900">Curiosità storiche</a></i><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/radice-quadrata.html">+ Radice Quadrata</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/elevamento-potenza.html">+ Elevamento a potenza</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/logaritmi.html">+ Logaritmi</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/regolo-calcolatore.html">+ Il Regolo Calcolatore</a><br /><br /><a name="100"></a><b>L'uomo primitivo</b><br /><br />Fra i nostri antichissimi progenitori sicuramente abbiamo avuto qualche uomo primitivo dedito alla caccia e alla raccolta. Il quale, trovandosi sotto a un melo e avendo raccolto sette mele belle mature, se ne torna a casa tutto contento. <br /><br />A casa ci sono moglie e figlia, per cui bisogna fare le parti, anche se è probabile che l’uomo le abbia mangiate tutte lui, dandone forse solo una a ciascuna delle sue donne. Ma ammettiamo che l’uomo fosse equo: non avrà certo detto: <blockquote><i>Ecco, donne: tenete ciascuna le vostre due virgola tre periodico mele!</i></blockquote>Avrà semplicemente dato loro due mele e un terzo. In questo senso avrebbe certamente ragionato con i numeri naturali: <i>due</i> mele (numero naturale) e <i>un</i> (sempre numero naturale) terzo di mela: le parti di mela (terzi) le avrebbe considerate come <i>unità</i> di pezzi di mela. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="200"></a><b>L'antico Egitto</b><br /><br />Spostiamoci nell'antico Egitto. Per il pranzo della domenica in famiglia, la cuoca ha preparato una torta da dividere fra babbo, mamma e tre figli. La torta viene presentata in tavola già divisa in cinque fette, ma la figlia maggiore è a dieta, e il figlio minore si impossessa immediatamente della fetta in più. Domanda: quanta torta ha mangiato il figlio minore? <br /><br />La risposta ovvia sarebbe "due quinti", ma per l’antico egizio non era così. Il valore trovato di 2/5 avrebbe avuto bisogno, per un egizio antico, di un’ulteriore "semplificazione": per loro una frazione aveva significato solo se al numeratore c’era il numero uno. Quindi:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4151843535/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2779/4151843535_8c4cccbfb0_m.jpg" width="240" height="45" alt="FrazioniEgizie1" /></a><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4151124576/" title="Papiro di Rhind di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2476/4151124576_64610aea00.jpg" width="492" height="500" alt="Papiro di Rhind" /></a><br /><br />In questo papiro, datato circa 1700 a.C., che ne ricopia un altro precedente di altri 100 anni, c’è una tabella di conversione di tutte le frazioni del tipo 2/N in somme di frazioni unitarie; e questo per tutti i numeri N dispari compresi fra 5 e 101. Faccio un paio di esempi:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4151843497/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2514/4151843497_e64d38dc21_m.jpg" width="240" height="45" alt="FrazioniEgizie2" /></a><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4152603702/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2550/4152603702_94b54fd818_m.jpg" width="240" height="45" alt="FrazioniEgizie3" /></a><br /><br />Contenti loro. Certo, fossi andato io a scuola a quei tempi credo che mi sarei buscato un 2 meno meno, perché avrei detto semplicemente che:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4151843391/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2624/4151843391_5ba6c3c37d_m.jpg" width="240" height="45" alt="FrazioniEgizie4" /></a> <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="300"></a><b>I Babilonesi</b><br /><br />Contemporanei agli Egizi, i Babilonesi risolsero alcuni problemi in un modo tanto geniale che ne approfittiamo ancora oggi. Qualsiasi calcolo frazionario veniva fatto non con l’unità al numeratore, ma con il numero 60 al denominatore (per esempio la torta egiziana sarebbe stata divisa in 60 parti: 12 parti ciascuno; ma siccome il figlio minore ne mangia due parti, a lui toccano 24/60 di torta).<br /><br />In una tavoletta babilonese contemporanea al papiro egizio di cui sopra, c’è una tabella di conversione per il calcolo dei reciproci (ovvero, dato un numero N, calcolare il valore di 1/N). Alcuni esempi:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4152028449/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2631/4152028449_07ac4b2a08.jpg" width="500" height="43" alt="FrazioniBabilonesi1" /></a><br /><br />in cui alla destra dell'uguale è indicato il numero di “sessantesimi”. Occhio all’ultima frazione a destra: cosa significa 7,5? I decimali non potevano esistere… quindi i babilonesi si sono inventati una seconda “cifra” decimale. Il risultato veniva scritto:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4152028391/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2744/4152028391_bb1f2684ef.jpg" width="500" height="43" alt="FrazioniBabilonesi2" /></a><br /><br />in cui il 7 sta per sette sessantesimi, il 30 per trenta sessantesimi di sessantesimo, cioè:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4152028365/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2489/4152028365_5d992558be.jpg" width="500" height="43" alt="FrazioniBabilonesi3" /></a><br /><br />Come ho spiegato <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/sistemi-di-numerazione.html#200">qui</a>, il sistema di numerazione babilonese prevedeva un gruppo di simboli per la numerazione da 1 a 60; in più fu inventato anche lo zero. I numeri venivano scritti con più "cifre", prelevando sempre dallo stesso gruppo di simboli. In altre parole, erano in grado di scrivere numeri di quante cifre volessero, utilizzando sempre gli stessi simboli. Per esempio il numero 253,125 per i babilonesi si sarebbe scritto <b>4 13 7 30</b>:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4152028319/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2567/4152028319_5547778f84.jpg" width="500" height="43" alt="FrazioniBabilonesi4" /></a><br /><br />L’unica cosa che non avevano introdotto nel loro sistema di numerazione era un metodo chiaro per definire dove andasse messa la virgola decimale. Infatti il numero sopra potrebbe essere interpretato come 4, 13 7 30 oppure 4 13, 7 30 oppure 4 13 7, 30 oppure anche come un numero intero, senza "cifre" decimali <i>(c'è da dire che la convenzione di usare la virgola decimale è una conquista della fine del XVI secolo...).</i> Insomma la posizione della virgola andava capita dal testo in cui era scritto il numero.<br /><br />Troppo complicato? Veramente è proprio ciò che facciamo noi tutti i giorni, ma utilizzando il 10 invece del 60. Esempio:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4152788686/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2576/4152788686_9326dd0663.jpg" width="500" height="43" alt="FrazioniBabilonesi5" /></a><br /><br />Utilizzare il 60 invece del nostro 10 credo che fosse solo questione di abitudine. Certo è che i babilonesi trovavano molti meno numeri periodici di noi: per noi già un semplice 1/3 vale 0,3 periodico; per loro valeva 0,20 (nel senso di 20 sessantesimi).<br /><br /><i>Qualche curiosità aggiuntiva: il sistema sessagesimale (così si chiama il sistema di numerazione in base 60) viene utilizzato ancora oggi nella misura del tempo (un’ora che vale 60 minuti, che valgono 60 secondi) e nella misura degli angoli (1 grado che vale 60 primi, che valgono 60 secondi).</i> <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="400"></a><b>I numero Romani: l'Abaco</b><br /><br />Ho già <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/moltiplicazione.html#200">spiegato qui</a> come ci si facevano le moltiplicazioni con l'abaco: ora è il turno delle divisioni.<br /><br />Ammettiamo di voler dividere 256432 : 723. In relativamente pochi passaggi, e senza l'ausilio né di carta né di penna, si giunge velocemente al risultato. È il metodo usato anche quando l'unico sistema di numerazione diffuso in Europa era quello dei numeri romani... certo non ci sarebbe modo di calcolare con carta e penna una divisione espressa in questo modo:<br />______<br />CCLVIMCCCCXXXII : DCCXXIII<br /><br />Quindi cominciamo da una parte. Nelle foto che seguono faccio vedere per chiarezza, passo per passo, il procedimento numerico; indico in blu le cifre importanti di ciascun passaggio, e le frecce accanto al pallottoliere indicano le righe sulle quale si sta operando.<br /><br />Intanto riportiamo il dividendo sul pallottoliere, come mostrato nella figura di sinistra. Siccome l'operazione va eseguita per differenze successive, dobbiamo fare una prima sottrazione del divisore dalle cifre più significative del dividendo: allora occorre prendere in considerazione le prime quattro cifre, dato che altrimenti 723 sarebbe superiore a 256. A destra vediamo che sto sottraendo il 3 (cifra delle unità del divisore) dal 4 (cifra meno significativa del gruppo di 4 cifre):<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4153098381/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2613/4153098381_04ec42cf2a.jpg" width="500" height="182" alt="PallDiv1" /></a><br /><br />Proseguiamo sottraendo il 2 dal 5 (a sinistra) e il 7... dal 25: intanto aggiorno il pallottoliere mettendo 8 pallini, poi...<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4153858304/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2703/4153858304_8fd55c7e5a.jpg" width="500" height="182" alt="PallDiv2" /></a><br /><br />... faccio il riporto sulla cifra più significativa, che da 2 diventa 1 (a sinistra). Alla fine (a destra) sposto un pallino nella riga in alto, come promemoria del fatto che ho fatto la prima sottrazione:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4153857530/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2741/4153857530_0003ab8e17.jpg" width="500" height="182" alt="PallDiv3" /></a><br /><br />Con lo stesso procedimento vado avanti con le sottrazioni; vediamo che nella riga in alto i pallini spostati diventano prima 2 e poi 3:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4153096115/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2678/4153096115_14f585cd88.jpg" width="500" height="182" alt="PallDiv4" /></a><br /><br />A questo punto abbiamo finito con questa serie di sottrazioni, perché l'ultimo resto (395) è minore del divisore (723): allora la cifra più significativa del quoziente sarà un 3.<br /><br />Ora "caliamo" il 6 dal dividendo (immagine a sinistra) e cominciamo con le sottrazioni da questo nuovo numero di 4 cifre; a destra si vede già il primo risultato, con il pallino spostato a destra nella seconda riga dall'alto:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4153095363/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2627/4153095363_f5de80b0f1.jpg" width="500" height="182" alt="PallDiv5" /></a><br /><br />Proseguiamo allo stesso modo...<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4153094525/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2582/4153094525_a8a9b370f0.jpg" width="500" height="182" alt="PallDiv6" /></a><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4153093693/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2604/4153093693_7132e8e914.jpg" width="500" height="182" alt="PallDiv7" /></a><br /><br />fino ad ottenere un resto minore del divisore, in questo caso 341. La seconda cifra del quoziente è quindi un 5.<br /><br />È il momento di "calare" l'ultima cifra del dividendo, il 2, e continuare con le sottrazioni:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4153853574/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2730/4153853574_5364fe7a78.jpg" width="500" height="182" alt="PallDiv8" /></a><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4153852784/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2737/4153852784_5434b8a85d.jpg" width="500" height="182" alt="PallDiv9" /></a><br /><br />e finalmente esauriamo i calcoli da fare: nell'immagine di destra si vede chiaramente come la mia divisione dà come risultato 534, mentre il resto è 520:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4153091093/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2766/4153091093_797bf6af3f.jpg" width="500" height="182" alt="PallDiv10" /></a><br /><br />Per secoli questo è stato l'unico modo di calcolare divisioni. Non ha importanza se si usassero numeri romani o decimali: una volta trascritto il dividendo sul pallottoliere, tutti i calcoli venivano fatti solo sui pallini; il risultato finale poteva poi essere trascritto indifferentemente in numeri romani o decimali. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="500"></a><b>I "Bastoncini di Nepero"</b><br /><br />Vediamo invece come si potrebbe fare la stessa divisione con i bastoncini di Nepero (di qui ho già parlato <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/moltiplicazione.html#400">qui</a>, a proposito della moltiplicazione).<br /><br />Si parte disponendo i bastoncini in modo da comporre il divisore con le cifre in alto (in questo caso, 723). Come ho già spiegato sopra, le cifre da gestire inizialmente del dividendo sono le prime quattro:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4155151398/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2651/4155151398_4d1778098f_m.jpg" width="173" height="240" alt="NeperoC1" /></a> <a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4154389153/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2735/4154389153_332a98e673_m.jpg" width="173" height="240" alt="NeperoC2" /></a><br /><br />Con i bastoncini di Nepero è facile vedere qual è il più grande multiplo di 723 che sia inferiore a 2564: questo multiplo è 3 x 723, in quanto 4 x 723 darebbe 2892, troppo grande. Allora trascrivo il 3 e il prodotto di 3 x 723, poi calcolo la differenza (in basso a destra); infine "calo" la cifra successiva del dividendo:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4154388389/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2644/4154388389_909d9883e0_m.jpg" width="173" height="240" alt="NeperoC3" /></a> <a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4154387597/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2704/4154387597_0bc3570923_m.jpg" width="173" height="240" alt="NeperoC4" /></a><br /><br />Ora ripeto il procedimento: il più grande multiplo di 723 che sia inferiore a 3956 è 5 x 723, in quanto 6 x 723 darebbe 4338, troppo grande. Allora trascrivo il 5 e il prodotto di 5 x 723, poi calcolo la differenza (in basso a destra); infine "calo" l'ultima cifra del dividendo:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4155148294/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2665/4155148294_fdbf46bd48_m.jpg" width="173" height="240" alt="NeperoC5" /></a> <a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4154385941/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2618/4154385941_11bc8397d1_m.jpg" width="173" height="240" alt="NeperoC6" /></a><br /><br />Ripeto per l'ultima volta il procedimento: l'ultima cifra del quoziente è 4; a destra il risultato: quoziente 534, resto 520.<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4154385165/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2755/4154385165_6b827443f0_m.jpg" width="173" height="240" alt="NeperoC7" /></a> <a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4155145744/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2525/4155145744_f9871d2811_m.jpg" width="173" height="240" alt="NeperoC8" /></a><br /><br /><i>Quelli che ho descritto qui sopra sono stati i più diffusi mezzi "meccanici" per fare i calcoli aritmetici prima dell'invenzione delle macchine meccaniche. Lo sviluppo delle calcolatrici meccaniche è iniziato con Pascal ed è finito solo qualche decennio fa, con l'introduzione sul mercato delle prime calcolatrici elettroniche.</i> <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="600"></a><b>I Numeri Razionali</b><br /><br />L'aritmetica è nata storicamente per svolgere calcoli sui numeri naturali (numeri interi positivi, senza lo zero). Qualsiasi operazione di somma e moltiplicazione su tali numeri dà sempre come risultato un numero naturale: si dice infatti che il sistema dei numeri naturali "è chiuso" rispetto alle operazioni di somma e moltiplicazione.<br /><br />La sottrazione invece può dare come risultato sia numeri negativi che lo zero: ecco comparire una nuova classe di numeri, quella dei "numeri interi relativi", o semplicemente dei "numeri interi", costituiti da tutti i numeri interi positivi, negativi e lo zero. Una volta introdotto questo nuovo sistema di numeri, si può dimostrare che esso è "chiuso" rispetto a alle operazioni di somma, sottrazione e moltiplicazione; queste operazioni, se fatte su numeri interi, possono dare come risultato solo altri numeri interi.<br /><br />Negli esempi mostrati più sopra abbiamo calcolato divisioni fra numeri naturali che hanno dato un quoziente, ma anche un resto. Cosa significa questo resto che "avanza"? Che la divisione non è finita, ma potrebbe andare avanti alla ricerca delle cifre "decimali" dopo la virgola. La divisione quindi dà luogo a una nuova classe di numeri: i "numeri razionali".<br /><br />I numeri razionali sono quelli che si ottengono dalla divisione o rapporto tra due numeri naturali (il termine "razionale" deriva dal latino "ratio", proprio nel suo significato di rapporto). Ogni numero razionale è il risultato di una divisione <b>a</b> / <b>b</b> in cui <b>a</b> è il numeratore e <b>b</b> il denominatore; <b>b</b> deve ovviamente essere diverso da zero, mentre se abbiamo <b>b</b> = <b>1</b> il risultato è un numero intero: i numeri interi (naturali) sono quindi un sottoinsieme dei numeri razionali. Analogamente a quanto fatto per i numeri interi, si può dimostrare che il sistema dei numeri razionali è chiuso rispetto a tutte e quattro le operazioni aritmetiche <i>(mi fermo qui... perché di categorie di numeri ce ne sarebbero diverse altre!)</i><br /><br />Il risultato di una divisione fra <b>numeri interi</b> può dare un numero intero (se il dividendo è multiplo del divisore) oppure altri due tipi di risultato:<br /><br />— un numero decimale limitato (con un numero finito di cifre dopo la virgola)<br /><br />— un numero decimale illimitato (numero infinito di cifre dopo la virgola)<br /><br />Il tipo di risultato dipende dal divisore. Se una frazione ridotta ai minimi termini presenta al denominatore un numero composto solo dai fattori primi 2 e 5, il quoziente sarà un numero decimale limitato (questo dipende dal fatto che il numero 10, alla base della numerazione decimale, è divisibile sia per 2 che per 5); se invece il denominatore comprende altri fattori primi diversi da 2 e da 5, il risultato sarà un numero decimale periodico.<br /><br />A questo proposito, voglio ora dimostrare due cose che ci hanno spiegato a scuola, e di cui forse non tutti sanno la spiegazione:<br /><br />1 — Divisione fra numeri interi: se il risultato decimale è illimitato, è sempre periodico.<br /><br />2 — A ogni numero decimale periodico può essere associata una frazione generatrice, ovvero quel rapporto fra numeri interi la cui divisione dà il numero periodico dato. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="700"></a><b>Numeri Decimali Periodici</b><br /><br />Vediamo il primo punto. Una volta fatta una divisione, se il resto è zero il quoziente è un numero intero e la divisione finisce qui. Altrimenti si può continuare il calcolo "calando" gli zeri, che ci consentono di trovare le cifre dopo la virgola. Anche qui, appena ottengo un resto uguale a zero il calcolo finisce. Facciamo un esempio con la divisione 13 : 40<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4156140570/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2720/4156140570_c3339195bd_m.jpg" width="190" height="240" alt="Divisione1" /></a><br /><br />Vediamo il calcolo di questa divisione riga per riga: nella riga A imposto la divisione; dato che il divisore è maggiore del dividendo, nella riga B scrivo lo "zero virgola" e nella C calo uno zero. Il 40 nel 130 ci sta tre volte, infatti nella riga D aggiungo la cifra 3 al quoziente e scrivo il 3 x 40 = 120. Nella riga E calcolo la differenza e calo un altro zero; proseguo così fino alla riga I: il resto zero pone fine alla divizione, il cui quoziente è 0,325.<br /><br />Facciamo ora la divisione 1/6<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4155378127/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2716/4155378127_be597a8a28_m.jpg" width="190" height="240" alt="Divisione2" /></a><br /><br />Anche in questo caso nella riga A imposto la divisione, nella B scrivo lo "zero virgola" e nella C calo uno zero. Il 6 nel 10 ci sta una volta: nella riga D aggiungo la cifra 1 al quoziente e scrivo il 6 x 1 = 6. Nella riga E calcolo la differenza e calo un altro zero; il 6 nel 40 ci sta 6 volte quindi aggiungo il 6 al quoziente, trascrivo il 6 x 6 = 36 e calcolo la differenza. La riga G riporta lo stesso resto che c'era al passaggio precedente (riga E): questo vuol dire che da ora in poi il procedimento si ripeterà all'infinito, così come si aggiungeranno all'infinito anche i 6 nel quoziente. Il quoziente infatti è 0,16, con il 6 periodico.<br /><br />Finora abbiamo visto due casi: una divisione in cui a un certo punto il resto si azzera, e un'altra in cui il resto si ripete invariato, all'infinito. Ma quanti sono i diversi resti che posso ottenere mentre sto calcolando le cifre dopo la virgola? Ebbene: sono resti possibili tutti i numeri compresi fra uno e il valore del divisore diminuito di 1. Esempio: se il divisore è 7, i resti possibili sono solo 1, 2, 3, 4, 5 o 6. Allora è chiaro che prima o poi capiterà per forza di imbattersi in un resto già ottenuto in precedenza. Vediamo ora proprio la divisione 1 : 7<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4155378001/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2523/4155378001_db1f6b5ddc.jpg" width="272" height="500" alt="Divisione3" /></a><br /><br />Concentriamoci sui resti: il primo che trovo (riga C) è un 1; poi (riga E) un 3, poi 2, 6, 4, 5 e infine (riga O) di nuovo un 1. Chiaramente da questo nuovo 1 riparte una sequenza identica a quella che ho appena descritto, e che si ripeterà all'infinito: quindi il quoziente ha un periodo di 6 cifre.<br /><br />Ricapitolando: i quozienti possono essere interi, decimali limitati o illimitati; in quest'ultimo caso il periodo non può essere costituito da un numero di cifre superiore o uguale al numero indicato dal divisore. Ecco com'è che nessuna divisione potrà mai produrre un quoziente decimale illimitato ma <i>non</i> periodico. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="800"></a><b>La frazione generatrice</b><br /><br />Vediamo ora alla seconda questione lasciata in sospeso: perché a ogni numero decimale periodico può essere associata una frazione generatrice?<br /><br />Se ricordate qualcosa dalle medie, ogni numero decimale poteva essere scritto in forma di frazione. Se il numero decimale è limitato come 0.125 basta creare una frazione in cui il numeratore è il numero dato senza la virgola, il denominatore è un 1 seguito da tanti zeri quante le cifre decimali: allora avremmo 125 / 1000 che, ridotto ai minimi termini, fa 1 / 8.<br /><br />La regola per un numero decimale periodico semplice (come 0,57 con 57 periodico) è: scrivere una frazione in cui al numeratore si riporta il periodo (57) e al denominatore un numero composto da tanti 9 quante le cifre del periodo (99). Insomma la frazione generatrice di 0,57 periodico è 57 / 99: vediamo perché.<br /><br />È semplice vedere che le divisioni 1 / 9, 1 / 99, 1 / 999 eccetera danno luogo a quozienti di questo tipo:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4157634670/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2612/4157634670_51bed4b4b4.jpg" width="500" height="193" alt="FrazGen1" /></a><br /><br />Calcolare 57 / 99 significa moltiplicare 57 per il reciproco di 99, quindi 57 per 0,01 con 01 periodico. Ecco qui il calcolo:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4157634588/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2684/4157634588_0cd59afa4f.jpg" width="500" height="125" alt="FrazGen2" /></a><br /><br />Da quanto sopra si vece che 57 x 0,01 periodico, che è come dire 57 / 99, dà proprio 0,57 periodico!<br /><br />Per adesso mi basta "svelare" da dove saltano fuori quei 9 al denominatore della frazione generatrice; ma le cose si complicano un po' se ci troviamo davanti numeri con parte intera diversa da zero e/o antiperiodo (es. 12,425555... dove solo il 5 è periodico). Se poi la cosa vi interessa, diciamo che... non è impossibile ricavarle da quanto ho spiegato qui sopra!<br /><br />Un'ultima curiosità: che razza di numero è lo 0,9 periodico? Presto detto: <br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4158281372/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2538/4158281372_58562d2b3c.jpg" width="500" height="96" alt="Frazione generatrice 3" /></a><br /><br />0,9 periodico non è distinguibile dall'unità, quindi sono la stessa cosa! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="900"></a><b>Curiosità stiruche</b><br /><br />Una curiosità storica. Quand'è che si è cominciato a scrivere numeri decimali, nel senso non di numeri interi in notazione decimale, ma di numeri con cifre decimali dopo la virgola? Il primo a fare questo è stato il belga Simon Stevin o Simone di Bruges (1548-1620), noto anche come Simone Stevino. In una sua opera del 1585 descrive le operazioni aritmetiche su numeri scritti nella notazione decimale (anche se, curiosamente, non accettava l'esistenza di numeri decimali illimitati...). In questa pubblicazione compaiono numeri scritti in questo modo:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4156797217/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2679/4156797217_4e6da563a8_m.jpg" width="240" height="22" alt="Stevino2" /></a><br /><br />Le cifre nei cerchietti indicano le potenze di 10 da mettere al denominatore. Ecco in altre parole cosa rappresentano:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4157557506/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2660/4157557506_6878e1245c_m.jpg" width="240" height="46" alt="Stevino3" /></a><br /><br />che semplificato è<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4156797109/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2619/4156797109_f4e1c70ee8_m.jpg" width="240" height="46" alt="Stevino4" /></a><br /><br />e in notazione moderna vuol dire:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4156797259/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2662/4156797259_dbb1bf221b_m.jpg" width="240" height="18" alt="Stevino1" /></a><br /><br />Il punto (o virgola) decimale è stato usato per la prima volta dal matematico, astronomo e teologo tedesco Bartholomaeus Pitiscus (1561-1613, quello che ha coniato il termine "trigonometria", a partire dal 1595, poi seguito dagli altri matematici come quel Nepero con cui abbiamo già avuto (e avremo ancora) a che fare. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><i>Prossimo capitolo: <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/radice-quadrata.html">Radice Quadrata</a></i>aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-82307643661739973892010-07-16T11:30:00.011+02:002011-12-29T08:16:16.566+01:00Aritmetica: Moltiplicazione<a name="index"></a><b>Sommario:</b><br /><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/aritmetica.html">+ Contare</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/sistemi-di-numerazione.html">+ Sistemi di numerazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/addizione-e-sottrazione.html">+ Addizione e Sottrazione</a><br /><a href="#100">– Moltiplicazione</a><br /> <i><a href="#100">Numeri romani</a></i><br /> <i><a href="#200">L'Abaco (o pallottoliere)</a></i><br /> <i><a href="#300">Il metodo di "Prostaferesi"</a></i><br /> <i><a href="#400">I "Bastoncini di Nepero"</a></i><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/divisione.html">+ Divisione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/radice-quadrata.html">+ Radice Quadrata</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/elevamento-potenza.html">+ Elevamento a potenza</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/logaritmi.html">+ Logaritmi</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/regolo-calcolatore.html">+ Il Regolo Calcolatore</a><br /><br />La moltiplicazione è un modo semplificato di calcolare una somma di molti termini uguali; è un'operazione che si può fare semplicemente contando (come spiego <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/aritmetica.html">qui</a>) oppure, appunto, sommando ripetutamente.<br /><br />La moltiplicazione non dà i problemi della <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/addizione-e-sottrazione.html#400">sottrazione</a>, che fa comparire anche lo zero e i numeri negativi: la moltiplicazione di due numeri naturali dà sempre un numero naturale (il sistema dei numeri naturali si dice che <i>è chiuso</i> rispetto alle operazioni di moltiplicazione, come anche di addizione). <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="100"></a><b>Numeri romani</b><br /><br />Un effetto da non sottovalutare con la moltiplicazione è che può facilmente dar luogo a numeri molto grandi; e il vecchio sistema di numerazione come quello dei numeri romani, come faceva a rappresentare numeri superiori a qualche migliaio? Era stata codificata una forma standard di rappresentare i simboli classici dei numeri romani facendo assumere loro un valore mille volte superiore: bastava scrivere una lineetta sopra a ciascun simbolo; in questo modo si potevano raggiungere agevolmente numeri superiori al milione.<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4143405672/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2595/4143405672_a791f3a6c2_m.jpg" width="240" height="149" alt="Romani1000" /></a><br /><br />Il problema con questi numeri era però... di farci i calcoli. Siamo abituati con il moderno sistema decimale a fare le moltiplicazioni in colonna, ma con i numeri romani questo era impossibile: e infatti si ricorreva ad un mezzo molto diverso, che descrivo qui di seguito. Ammettiamo di voler calcolare il seguente prodotto:<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6588916091/"><img src="http://farm8.staticflickr.com/7028/6588916091_b817313ac2_o.png" width="250" height="22" alt="Numeri Romani: Moltiplicazione 1" /></a><br />(in rosso il moltiplicando, in blu il moltiplicatore; a sinistra in numeri decimali, a destra in numeri romani).<br /><br />Il calcolo inizia impostando due colonne di numeri, in testa alle quali si scrivono il moltiplicando, in rosso qui sotto, e il numero 1, in blu; in grigio, a sinistra e a destra, i valori corrispondenti in notazione decimale:<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6588916129/"><img src="http://farm8.staticflickr.com/7016/6588916129_560e4d5263_o.png" width="250" height="22" alt="Numeri Romani: Moltiplicazione 2" /></a><br /><br />Nelle colonne così impostate si vanno aggiungendo numeri sempre doppi rispetto a quelli soprastanti; i calcoli si arrestano solo quando nella colonna di destra, il calcolo successivo darebbe un risultato maggiore rispetto al moltiplicatore (in questo caso, 32 x 2 = 64, maggiore di 41).<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6588988839/"><img src="http://farm8.staticflickr.com/7157/6588988839_c01750898b_o.png" width="250" height="107" alt="Numeri Romani: Moltiplicazione 3" /></a><br />(Nota - Nelle antiche "scuole d'abaco" le operazioni aritmetiche insegnate erano cinque e non quattro: alle classiche somma, sottrazione, moltiplicazione e divisione si aggiungeva proprio il calcolo del raddoppio).<br /><br />A questo vanno contrassegnate le righe tali che, sommando i valori di destra, si ottiene esattamente il valore del moltiplicatore. In questo caso: 1+8+32 = 41.<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6588916221/"><img src="http://farm8.staticflickr.com/7017/6588916221_4271c6e0aa_o.png" width="250" height="107" alt="Numeri Romani: Moltiplicazione 4" /></a><br /><br />Adesso rimane solo da sommare i corrispondenti valori della colonna di sinistra:<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/6588916307/"><img src="http://farm8.staticflickr.com/7143/6588916307_82ed947da2_o.png" width="250" height="74" alt="Numeri Romani: Moltiplicazione 5" /></a><br /><br />Eseguendo le somme nelle due colonne si ottengono: a sinistra (in rosso) il prodotto cercato; a destra (in blu) la riprova che le righe scelte sono quelle giuste, in quanto la somma coincide con il moltiplicatore: voilà!<br /><br />Certo è un sistema piuttosto complicato, che con numeri grandi diventa davvero difficoltoso. Per esempio, il prodotto<br /><br /><b>DXXXXVIII</b> x <b>CCCLXVII</b> (548 x 367)<br /><br />dà<br /><b>___</b><br /><b>CCMCXVI</b> (201116)<br /><br />ma per eseguire questo calcolo devo farmi aiutare da un qualche strumento meccanico: eccolo qui di seguito! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="200"></a><b>L'Abaco (o pallottoliere)</b><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4142649803/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2577/4142649803_a61424c8d2_m.jpg" width="240" height="240" alt="Pallottoliere" /></a><br /><br />L'abaco, o pallottoliere, era il mezzo più usato per fare di conto; ci si possono fare somme e sottrazioni, moltiplicazioni e persino divisioni: vediamo un po' come si sarebbe potuto svolgere con questo mezzo la moltiplicazione che ho esposto qui sopra. Il metodo è lo stesso sia che si usino numeri decimali o romani: le somme vengono fatte direttamente sul pallottoliere (quindi non occorre trascrivere i risultati intermedi, cosa che con i numeri romani sarebbe faticosissimo); alla fine del calcolo il risultato potrà essere direttamente trascritto in una qualunque delle due notazioni, decimale o romana.<br /><br />Nelle figure che seguono faccio vedere i vari passaggi; a destra mostro sempre i fattori che si stanno moltiplicando, evidenziando in arancione le cifre coinvolte nel calcolo. A fianco delle righe del pallottoliere indico la somma da fare volta per volta sul pallottoliere stesso. <br /><br />Quindi comincio con il pallottoliere "azzerato" (tutti i pallini a sinistra) e trascrivo il prodotto delle due cifre delle unità, 8 x 7 = 56.<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4142388285/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2519/4142388285_c4fa64751e.jpg" width="500" height="160" alt="PallMoltip 1" /></a><br /><br />Come si vede, adesso la riga in basso (unità) indica il valore 6 (pallini spostati a destra); e la seconda riga (decine) indica il valore 5: quindi 5 decine più 6 unità fa 56.<br /><br />Ora devo aggiungere 4 x 7 = 28, ma una riga sopra (come si fa nella moltiplicazione in colonna, spostandosi a sinistra). Il problema è che nella seconda riga c'è da sommare 5 con 8, che dà riporto: ecco che nella seconda metterò un 3 (le unità del numero 13, vedi schema qui sotto a sinistra); nella terza riga sposto un pallino ad indicare il riporto (schema centrale); infine sommo il 2 nella terza riga: risultato di questa prima somma è 336.<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4143143410/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2714/4143143410_5068b14d2d.jpg" width="500" height="160" alt="PallMoltip 2" /></a><br /><br />L'aggiunta del 35 alla terza e quarta riga non comporta problemi (non ci sono riporti):<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4142386763/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2781/4142386763_a0da1fda1a.jpg" width="500" height="160" alt="PallMoltip 3" /></a><br /><br />Seguono in sequenza tutti i passaggi mancanti:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4142386171/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2708/4142386171_e8c2e84ba7.jpg" width="500" height="160" alt="PallMoltip 4" /></a><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4142385499/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2515/4142385499_f583128f7d.jpg" width="500" height="160" alt="PallMoltip 5" /></a><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4142384927/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2741/4142384927_2f08535bd9.jpg" width="500" height="160" alt="PallMoltip 6" /></a><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4143140408/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2559/4143140408_38cf1a5c9f.jpg" width="500" height="160" alt="PallMoltip 7" /></a><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4142383653/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2578/4142383653_3391dfb634.jpg" width="500" height="160" alt="PallMoltip 8" /></a><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4142382857/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2660/4142382857_3e7bc70395.jpg" width="500" height="160" alt="PallMoltip 9" /></a><br /><br />Trascrivendo il risultato avremo due centinaia di migliaia, zero decine di migliaia, un migliaio, un centinaio, una decina e sei unità. In altre "parole": proprio<br /><b>___</b><br /><b>CCMCXVI</b> (201116)<br /><br />Sistemi come questo erano gli unici possibili dovendo fare moltiplicazioni con i numeri romani. Ma ancora oggi ci sono persone che sono più veloci a fare moltiplicazioni sul pallottoliere che sulla calcolatrice: evidentemente è questione di abitudine! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="300"></a><b>Il metodo di "Prostaferesi"</b><br /><br />Il sistema del pallottoliere andava sicuramente bene per i mercanti e i cambiavalute, ma era davvero troppo complicato e dispersivo per gli scienziati. Dispersivo perché quando si moltiplicano numeri decimali, il numero delle cifre dopo la virgola aumenta a dismisura: per esempio, se devo moltiplicare due numeri con rispettivamente 4 e 5 cifre decimali, il risultato esatto ne comprende 9; gli scienziati come Keplero, che lavoravano non su numeri esatti ma su misure fatte "a occhio" del movimento dei pianeti del cielo, limitavano i loro calcoli a un numero ragionevole di decimali, quindi utilizzare sistemi in grado calcolarli tutti, ma proprio tutti questi decimali (come nel caso dell'abaco), era davvero uno spreco di tempo.<br /><br />Nel XVI secolo gli astronomi sentirono più che mai il bisogno di poter eseguire calcoli più veloci, anche se in modo approssimato; e questo per vari motivi: da una parte i viaggi verso l'America, scoperta da poco, richiedevano rotte oceaniche molto più complesse da seguire rispetto al semplice cabotaggio lungo le coste, e la Marina chiedeva agli scienziati un modo sicuro (e possibilmente facile) di determinare il punto nave. Inoltre nel 1543 Niccolò Copernico pubblicò il celeberrimo libro <i>"De revolutionibus orbium coelestium"</i> in cui ipotizzava un sistema solare di tipo eliocentrico: alcuni scienziati (fra cui Keplero, leggi in seguito) si sentirono spinti a studiare nuovamente il cielo in modo da capirne il vero funzionamento.<br /><br />Tutte queste cose richiedevano moltiplicazioni, e andava a finire che gli scienziati passavano il grosso del loro tempo a svolgere "semplici" moltiplicazioni! Ecco quindi la necessità di inventare nuovi metodi.<br /><br />Il primo tentativo di semplificare le moltiplicazioni fu fatto mediante la trigonometria: verso il 1580 fu escogitato un sistema ingegnoso, detto di "prostaferesi", che consentiva di convertire una moltiplicazione in una serie di passaggi più semplici; il procedimento si basava su una formula trovata dal matematico tedesco Johann Werner:<br /><br />cos( α ) x cos( β ) = ½ [ cos( α + β ) + cos( α - β ) ]<br /><br />In questa formula vediamo comparire quattro volte la sigla "cos", che sta per "coseno". In questa sede non ci serve sapere esattamente di cosa si tratti: ci basta sapere che già dai tempi di Tolomeo erano state compilate tabelle in cui, per ogni angolo, erano calcolate, una volta per tutte, le varie funzioni trigonometriche fondamentali; bastava consultarle per convertire un angolo nel suo coseno oppure, dato un valore numerico, trovare l'angolo il cui coseno fosse proprio il valore numerico dato.<br /><br />Osserviamo meglio la formula che ho riportato qui sopra: alla sinistra dell'uguale compare il prodotto delle funzioni coseno di due angoli α e β; a destra compare la somma fra le funzioni coseno della somma e della differenza degli stessi angoli. Ecco come veniva sfruttata questa formula per calcolare le moltiplicazioni:<br /><br />Ammettiamo di voler calcolare 0,91852 x 0,96963 (il risultato esatto è 0,8906245476). Se dico che<br /><br />cos( α ) = 0,91852<br />e<br />cos( β ) = 0,96963<br /><br />la mia formula diventa:<br /><br />0,91852 x 0,96963 = ½ [ cos( α + β ) + cos( α - β ) ]<br /><br />Il segno di uguale mi dice che l'espressione alla sua sinistra (il prodotto che voglio calcolare) vale esattamente quanto l'espressione alla sua destra; ma per calcolare l'espressione di destra ho bisogno dei valori α e β: per ottenerli basta consultare le apposite tabelle (riproduco le immagini che seguono dal libro delle tabelle numeriche che usavo alle superiori)<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4146726506/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2752/4146726506_6a8a0faa96.jpg" width="213" height="500" alt="coseno23" /></a> <a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4146727074/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2740/4146727074_e8e965f30b.jpg" width="213" height="500" alt="coseno14" /></a><br /><br />Il valore di α è l'arco il cui coseno vale 0,91852. Cerco nella tabella a sinistra quale numero nella colonna del coseno si avvicina di più a questo valore, e trovo un angolo di 23° 17'. Analogamente faccio per β, il cui coseno vale 0,96963, quindi trovo l'angolo 14° 9'.<br /><br />Ottenuti i valori degli angoli α e β posso calcolare la loro somma e differenza:<br /><br />α + β = 23° 17' + 14° 9' = 37° 26'<br />α - β = 23° 17' - 14° 9' = 9° 8'<br /><br />Di questi nuovi valori mi servono i coseni, quindi consulto nuovamente le mie tabelle:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4146725774/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2656/4146725774_d205cc87c4.jpg" width="213" height="500" alt="coseno37" /></a> <a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4145968765/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2779/4145968765_1d6fb1ff59.jpg" width="213" height="500" alt="coseno09" /></a><br /><br />Ecco allora che<br /><br />cos( α + β ) = cos( 23° 17' + 14° 9' ) = cos( 37° 26' ) = 0,79406<br />cos( α - β ) = cos( 23° 17' - 14° 9' ) = cos( 09° 08' ) = 0,98732<br /><br />La formula mi chiede di calcolare la media di questi due valori, ovvero la loro semisomma. Facciamo il calcolo:<br /><br />0,91856 x 0,96966 = ½[ cos( α + β ) + cos( α - β ] = ½[ 0,79406 + 0,98732 ] = 0,89069.<br /><br />Rispetto al valore vero, che è 0,8906245476, ottengo un errore pari circa a 0,000065: davvero un'ottima approssimazione!<br /><br />Ricapitolando: dati due valori da moltiplicare, trovo gli angoli di cui sono coseno; sommo e sottraggo; trovo il coseno di questi due nuovi valori; calcolo la semisomma: questo è il prodotto cercato. Ovviamente il metodo si complica se i fattori sono maggiori di uno, nel qual caso occorre qualche passaggio in più; nonostante questo, gli astronomi del XVI secolo preferivano di gran lunga usare questo sistema piuttosto che calcolare le moltiplicazioni sulla carta o con l'abaco! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="400"></a><b>I "Bastoncini di Nepero"</b><br /><br />Il metodo di prostaferesi verrà presto sostituito dall'uso dei "logaritmi", di cui parlo qui. Lo stesso autore di questi ultimi, John Napier, inventò anche un ingegnosissimo sistema di calcolo, in gradi di fare, oltre che moltiplicazioni e divisioni, anche radici quadrate.<br /><br />Si parte da due regoli di legno montati a 90° come mostro qui sotto:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4148939513/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2773/4148939513_6afb2dcaee.jpg" width="456" height="500" alt="Nepero02" /></a><br /><br />e da una serie di bastoncini (qui ne mostro 9):<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4148938649/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2491/4148938649_bb429b1ecd.jpg" width="442" height="500" alt="Nepero03" /></a><br /><br />Ogni bastoncino è identificato da una cifra in alto, da 1 a 9. Di sotto ciascuno dei bastoncini ha nove caselle, che riportano il prodotto della cifra in alto con i numeri che vanno da 1 a 9; le cifre delle decine sono separate dalle cifre delle unità da una riga diagonale.<br /><br />Per vedere come funziona il tutto, la cosa più veloce è fare un esempio pratico. Dovendo calcolare 845 x 6 (= 5070) basta disporre i bastoncini così:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4149832392/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2535/4149832392_3f1b468678.jpg" width="456" height="500" alt="NeperoA1" /></a><br /><br />Ora va considerata la sola riga che ha il numero 6 sulla sinistra, e osservato il contenuto delle caselle di ciascun bastoncino partendo da destra. <br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4149072145/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2497/4149072145_aa125bf65d_m.jpg" width="240" height="145" alt="Bastoncini Nepero 1b" /></a> <a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4149831042/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2651/4149831042_ab5faf93c9_m.jpg" width="240" height="145" alt="Bastoncini Nepero 1c" /></a><br /><br />Nell'immagine di sinistra, la cifra evidenziata in giallo rappresenta le unità del prodotto 6 x 5 = 30, che sarà la cifra delle unità del calcolo finale. Nell'immagine di destra vediamo evidenziati la cifra delle decine dello stesso prodotto, assieme alla cifra delle unità del prodotto 6 x 4 = 24: la somma del 3 e del 4 dà 7, che è la cifra delle decine del prodotto finale.<br /><br />Andiamo avanti:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4149830768/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2681/4149830768_2c606c42bf_m.jpg" width="240" height="145" alt="Bastoncini Nepero 1d" /></a> <a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4149071421/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2647/4149071421_47c8290bda_m.jpg" width="240" height="145" alt="Bastoncini Nepero 1e" /></a><br /><br />Ora bisogna sommare le cifre 2 e 8, che dà 10: la cifra delle centinaia del risultato è lo 0, ma devo ricordarmi che c'è da tenere conto di un riporto. Nell'immagine di destra è rimasto solo un 4: lo sommo al riporto che avevo in sospeso e ottengo la cifra delle migliaia del risultato. Totale calcolato: 5070.<br /><br />Facciamo ora un esempio un po' più complesso: proviamo con 836 x 874523. Come vedremo, occorrerà trascrivere i passaggi intermedi; ma cominciamo disponendo i bastoncini:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4149881904/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2502/4149881904_df561a010f.jpg" width="456" height="500" alt="NeperoB1" /></a><br /><br />Ora procediamo a moltiplicare 874523 per la cifra delle unità di 836:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4149121391/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2676/4149121391_fe4b80f1fb.jpg" width="500" height="141" alt="NeperoB4" /></a><br /><br />Il risultato, si verifica facilmente, è 5247138. Poi è il turno della cifra 3:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4149121631/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2559/4149121631_bfaaf39e85.jpg" width="500" height="141" alt="NeperoB3" /></a><br /><br />Risultato 2623569. Infine la cifra 8:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4149880574/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2633/4149880574_015101cd18.jpg" width="500" height="141" alt="NeperoB2" /></a><br /><br />Risultato 6996184. Adesso bisogna fare la somma (a mano):<br /><br /> 5247138 +<br /> 2623569<br />6996184<br />----------------<br />731101228<br /><br />che è il risultato esatto! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><i>Prossimo capitolo: <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/divisione.html">Divisione</a></i>aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-74662074426724455262010-07-16T10:50:00.012+02:002010-07-16T18:44:35.728+02:00Aritmetica: Addizione e Sottrazione<a name="index"></a><b>Sommario:</b><br /><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/aritmetica.html">+ Contare</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/sistemi-di-numerazione.html">+ Sistemi di numerazione</a><br /><a href="#100">– Addizione e Sottrazione</a><br /> <i><a href="#100">Numeri romani</a></i><br /> <i><a href="#200">Numeri decimali</a></i><br /> <i><a href="#300">Sottrazione</a></i><br /> <i><a href="#400">Proprietà commutativa e Numeri negativi</a></i><br /> <i><a href="#500">I numeri negativi oggi</a></i><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/moltiplicazione.html">+ Moltiplicazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/divisione.html">+ Divisione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/radice-quadrata.html">+ Radice Quadrata</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/elevamento-potenza.html">+ Elevamento a potenza</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/logaritmi.html">+ Logaritmi</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/regolo-calcolatore.html">+ Il Regolo Calcolatore</a><br /><br />Nel <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/aritmetica.html">primo capitolo</a> abbiamo visto come l'operazione del contare sia sufficiente a risolvere molti problemi aritmetici. Naturalmente, quando i numeri diventano grandi, questo sistema è impensabile!<br /><br /><a name="100"></a><b>Numeri romani</b><br /><br />Il sistema dei numeri romani è nato come semplicemente "additivo": si accumulavano simboli dal più grande al più piccolo fino a raggiungere il valore desiderato (l'equivalenza IIII = IV è un'aggiunta medievale, vedi in seguito). Quindi per esempio i numeri 297 e 728 si rappresentavano con:<br /><br />C C L X X X X V I I<br />D C C X X V I I I<br /><br />Fare l'addizione di questi numeri era relativamente facile (il totale è 1025): bastava concatenare tutti i simboli presenti nei due numeri, e poi sostituire da destra le cifre ridondanti (scrivo in neretto le cifre da sostituire: cinque I diventano una V, due V una X e così via):<br /><br />D C C C C L X X X X X X V V <b>I I I I I</b><br />D C C C C L X X X X X X <b>V V</b> V<br />D C C C C L <b>X X X X X</b> X X V<br />D C C C C <b>L L</b> X X V<br />D <b>C C C C C</b> X X V<br /><b>D D</b> X X V<br />M X X V<br /><br />Le cose si complicarono ulteriormente quando furono introdotte le "abbreviazioni" di cui parlavo prima, come IIII = IV, VIIII = IX, XXXX = XL eccetera. Insomma, ci voleva una buona pratica... <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="200"></a><b>Numeri decimali</b><br /><br />Nel <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/sistemi-di-numerazione.html">capitolo precedente</a> abbiamo visto come siamo arrivati ad usare i numeri decimali, che sono nati in Babilonia e poi giunti a noi passando attraverso l'India: non credo di dover spiegare come funziona un'addizione con questi numeri! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="300"></a><b>Sottrazione</b><br /><br />L'operazione di sommare, che deriva direttamente da quella del contare, non è certo un'operazione sufficiente a risolvere tutti i problemi aritmetici; e non lo era neanche per gli uomini dell'antichità.<br /><br />Molte attività umane si sono sviluppate in epoca preistorica all'interno della Mezzaluna Fertile, che va dall'Egitto alla Mesopotamia, culla delle civiltà Mediterranee. L'agricoltura in queste zone è caratterizzata da cereali (che danno semi secchi) e legumi (che danno frutti essiccabili): tutte derrate facilmente conservabili.<br /><br />La necessità di immagazzinare queste derrate richiedeva varie istituzioni: un sistema di leggi che obbligassero i contadini a consegnare parte del loro raccolto, la costruzione di appositi magazzini e, per quanto riguarda la nostra storia, scribi in grado di tenere il conto delle scorte. Non è escluso che gli scribi, per "incoraggiare" i contadini a privasi di parte del raccolto, abbiano inventato qualche "rito sacro" in modo da incutere il giusto timore di punizioni divine; da qui a ergersi sacerdoti di chissà quale culto il passo è breve... (insomma, eccoci belli e sistemati con una casta in grado di dominare conoscenza, coscienze, economia... e, anche se forse non sempre per vie dirette, di gestire anche il potere politico!)<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4140341430/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2537/4140341430_303c8dea63.jpg" width="500" height="258" alt="CerealiLegumi" /></a><br /><i>In questo collage, fra farro e lenticchie rosse ho inserito la statua in diorite dedicata al dio Ningishzida, 2120 a.C. (periodo neo-sumerico), ritrovata tra le rovine di Girsu, Tellō (Iraq meridionale).</i><br /><br />L'aritmetica inizia a svilupparsi in epoche antichissime: forse una delle prime applicazioni del contare può essere stata quella dei cacciatori che incidevano tacche sul manico della loro ascia per tenere il conto degli animali abbattuti, ma per fare questo avevano bisogno solo di aggiungere (sommare) una tacca ogni tanto. Per gestire un magazzino invece occorre non solo sommare... ma anche sottrarre, a seconda delle entrate e delle uscite! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="400"></a><b>Proprietà commutativa e Numeri negativi</b><br /><br />La sottrazione complica la vita molto più dell'addizione, per almeno due motivi: intanto la sottrazione non gode della proprietà commutativa dell'addizione. Se nell'addizione<br /><br />calcolare 4 + 3 è lo stesso che 3 + 4, <br /><br />nella sottrazione <br /><br />calcolare 4 – 3 <i>non</i> è lo stesso che 3 – 4<br /><br />Inoltre la sottrazione 3 – 4 che risultato dà?<br />Anzi, che risultato dà anche solo la sottrazione 3 – 3?<br /><br />Partiamo da quest'ultima domanda. Quando lo scriba di turno aveva il magazzino vuoto, chi fosse andato a chiedergli "quante lenticchie hai" non si sarebbe certo sentito rispondere "zero", piuttosto "nessuna", oppure "non ce ne sono più". Lo <i>zero</i> non è un numero naturale, e per accettarlo nella schiera dei numeri ci sono voluti non secoli, ma millenni. I babilonesi, già inventori del <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/sistemi-di-numerazione.html#200">sistema di numerazione posizionale</a>, solo verso il III sec. a.C. avevano inventato un simbolo a rappresentare lo zero come cifra (come nella nostra numerazione, in cui 101 vuol dire un centinaio, <i>zero</i>decine e una unità), ma non come numero a sé.<br /><br />Le prime tracce dello zero come numero indicante <i>il nulla</i> si trovano nella matematica di Tolomeo (II secolo), in cui qualche volta usa un simbolo a sé stante per indicare lo zero; ma il primo studio sistematico dello zero come numero si deve al matematico indiano Brahmagupta (598-668), che in un suo testo del 628 espone le regole non solo per l'uso dello zero come numero, ma anche dei numeri negativi:<br /><br />— La somma di zero con un numero negativo è negativo<br />— La somma di zero con un numero positivo è positivo<br />— La somma di zero con zero è zero<br />— La somma di un numero positivo e uno negativo è la loro differenza [1]<br />— Se un numero positivo è diviso da zero forma una frazione con lo zero al denominatore [2]<br />— Zero diviso per un numero pos. o neg. è zero oppure una frazione con lo zero al numeratore<br />— Zero diviso zero dà zero [3]<br /><br /><i>[1] si tratta della somma algebrica, di cui parlerò in seguito; [2] l'autore non esprime cosa significa questa frazione con lo zero al denominatore; [3] diciamo che questa è... una "semplificazione eccessiva"!</i><br /><br />Veniamo a tempi più recenti. Leonardo Fibonacci (di cui ho già parlato <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/sistemi-di-numerazione.html#300">qui</a>), nel suo <i>"Liber Abaci"</i> introduce lo zero come cifra, ma anche come numero; inoltre inizia ad usare i numeri negativi, ma solo per distinguere i debiti dai crediti. L'uso dei numeri negativi in questo senso ha comunque tardato molto a diventare una pratica comune, anche perché i mercanti continuavano ad usare i numeri romani; la <i>partita doppia</i> come sistema di contabilità prevedeva il calcolo in due colonne distinte per il <i>dare</i> e l'<i>avere</i>, proprio per non dover ricorrere ai numeri negativi.<br /><br />A differenza dei mercanti, fra gli studiosi delle scienze matematiche i numeri arabi si diffusero più velocemente, ma le perplessità riguardo allo zero e ai numeri negativi continuarono per secoli.<br /><br />Un (piccolo) passo avanti lo fa il matematico francese Nicolas Chuquet (circa 1445-1500), che riprende i numeri del Fibonacci dicendo che <blockquote><i>"la decima figura non ha né significa nessun valore, e pertanto viene chiamata cifra nulla o figura di nessun valore".</i></blockquote>Chuquet utilizza ancora un metodo molto verboso in cui cui esprime le quattro operazioni con <i>plus, moins, multiplier par, partyr par</i> (le espressioni con gli operatori + – x : a cui siamo abituati hanno richiesto secoli di aggiustamenti). L'opera di Chuquet è soprattutto importante perché getta le basi dell'algebra, in quanto in qualche modo imposta il metodo moderno di studiare i valori delle incognite nelle loro varie potenze (esempio classico: le equazioni di secondo grado, dove l'incognita X compare nel suo valore semplice e nel suo quadrato). Ecco, Chuquet non solo inventa i simboli per esprimere gli esponenti, ma anche usa esponenti negativi: e questa è la primissima volta che in occidente vengono utilizzati intenzionalmente numeri negativi nell'algebra! Attenzione però: gli esponenti negativi equivalgono al calcolo dei reciproci; per esempio xˉ² vuol dire 1/x², xˉ³ vuol dire 1/x³ e così via. Se x è positivo, queste operazioni danno sempre come risultato numeri positivi: i numeri negativi in quanto tali, per Chuquet, continuavano ad essere assurdi.<br /><br />Per vedere il primo studio che non rifiuta del tutto i numeri negativi bisogna aspettare Girolamo Cardano (1501-1576) che accettò tali numeri come soluzione alle equazioni di terzo grado... ma sempre chiamandoli <i>"numeri ficti"</i>! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="500"></a><b>I numeri negativi oggi</b><br /><br />Al giorno d'oggi i numeri negativi non sono più un grosso problema. Almeno, fino a quando non ci si imbatte nell'insegnamento dell'aritmetica a scuola, in cui l'introduzione dei numeri negativi, associata al concetto di "numeri algebrici", crea apprensione e, molto spesso, rifiuto. Eppure credo che qualunque bambino sappia capire la differenza fra una temperatura di +8° o di –8°...<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4138160009/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2523/4138160009_0d2a3b3073_m.jpg" width="104" height="240" alt="Termometro" /></a><br /><br />Fatto sta che appena si sente la parola "algebra", di solito cala il sipario e le meningi si rifiutano di collaborare! Eppure l'adozione dei numeri negativi comporta, nell'ambito delle sottrazioni di cui ci stiamo occupando, una <i>semplificazione</i>: se invece di considerare una sottrazione l'espressione<br /><br />4 – 3<br /><br />la consideriamo una somma algebrica,<br /><br />4 + (–3)<br /><br />allora torniamo ad avere la proprietà commutativa che avevo escluso all'inizio, perché quest'espressione sopra è esattamente equivalente a:<br /><br />–3 + 4<br /><br />Insomma, tutti i passi avanti che vengono fatti in matematica sono tesi alla <i>semplificazione</i>, cioè all'usare regole sempre più sintetiche nel modo più generale possibile. L'uso di numeri che comprendono anche i valori negativi e lo zero, non solo dà ragione di tutti i possibili risultati delle sottrazioni, ma consente di generalizzare qualsiasi espressione mista di somme e sottrazioni in un'unica addizione di termini, ciascuno da considerare con il suo segno positivo o negativo. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><i>Prossimo capitolo: <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/moltiplicazione.html">Moltiplicazione</a></i>aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-74670437542308024322010-07-16T09:16:00.014+02:002010-07-16T18:49:16.361+02:00Aritmetica: Sistemi di numerazione<a name="index"></a><b>Sommario:</b><br /><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/aritmetica.html">+ Contare</a><br /><a href="#100">– Sistemi di numerazione</a><br /> <i><a href="#100">Numeri Romani</a></i><br /> <i><a href="#200">Numeri Babilonesi</a></i><br /> <i><a href="#300">Numeri Decimali</a></i><br /> <i><a href="#400">Numeri Binari</a></i><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/addizione-e-sottrazione.html">+ Addizione e Sottrazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/moltiplicazione.html">+ Moltiplicazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/divisione.html">+ Divisione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/radice-quadrata.html">+ Radice Quadrata</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/elevamento-potenza.html">+ Elevamento a potenza</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/logaritmi.html">+ Logaritmi</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/regolo-calcolatore.html">+ Il Regolo Calcolatore</a><br /><br />Nel <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/aritmetica.html">capitolo precedente</a> abbiamo visto come l'operazione del contare sia sufficiente a risolvere molti problemi aritmetici. Ovviamente quando i numeri da trattare diventano troppo grandi bisogna trovare qualche sistema più veloce; ma se i numeri diventano troppo grandi... bisogna trovare anche il modo di scriverli! Infatti non si può pensare di andare avanti a lungo facendo solo dei segni tutti uguali:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4136740928/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2561/4136740928_1c31081080_m.jpg" width="240" height="69" alt="Romani2a" /></a><br /><br /><a name="100"></a><b>Numeri Romani</b><br /><br />I romani decisero di raggruppare le tacche a gruppi di cinque con l'adozione del segno V. La leggenda vuole che sia un segno che rappresenta una mano aperta:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4136740924/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2783/4136740924_56df6609c1_m.jpg" width="240" height="71" alt="Romani2b" /></a><br /><br />così come la X, per il numero 10, rappresenterebbe due mani insieme:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4136740920/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2628/4136740920_2216762603_t.jpg" width="58" height="100" alt="Romani2c" /></a><br /><br />la cosa più probabile è comunque che tali segni siano stati scelti perché facili da intagliare su un palo di legno; in effetti sono stati trovati esempi di numeri scritti con simboli diversi da quelli "moderni", e l'adozione di lettere tutte facenti parte dell'alfabeto latino è stato un processo piuttosto lungo. Per esempio:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4137196569/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2568/4137196569_f950c52020_m.jpg" width="240" height="51" alt="Romani2d" /></a><br /><br />il 50 era nato come una V con una tacca in più (sempre un simbolo facile da intagliare); nel tempo è evoluto fino a diventare la L che conosciamo. Analogamente:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4137959136/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2707/4137959136_a6bb64d917_m.jpg" width="240" height="59" alt="Romani2e" /></a><br /><br />il 100 è nato come una X con una tacca in più, poi si è evoluta fino ad assumere la forma della lettera C (forse dal latino <i>"centium"</i>).<br /><br />Alla fine era stata codificata una forma standard di rappresentare i "numeri base", in modo da arrivare fino al milione:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4143405672/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2595/4143405672_a791f3a6c2_m.jpg" width="240" height="149" alt="Romani1000" /></a><br /><br />Il problema con questi numeri era che, per quanto apparentemente intuitivi, era molto difficile di farci i calcoli. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="200"></a><b>Numeri Babilonesi</b><br /><br />Mentre i romani, che non erano grandi scienziati, si "accontentavano" di questi numeri, le civiltà vicine adottavano sistemi di gran lunga migliori, come quelli greco, egizio e soprattutto babilonese:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4121842874/" title="Plimpton 322 di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2507/4121842874_f888525029.jpg" width="500" height="351" alt="Plimpton 322" /></a><br /><br />Quella riprodotta nella foto è una tavoletta babilonese in argilla trovata nel XIX secolo, la cosiddetta tavoletta <i>Plimpton 322</i> (dal nome della collezione di G.A. Plimpton presso la Columbia University).<br /><br />Risalente al 1800 a.C. circa, contiene numeri in scrittura cuneiforme disposti in una tabella di quattro colonne per 15 righe. Secondo una delle interpretazioni, i numeri sono un elenco di terne pitagoriche i cui numeri sono le soluzioni del teorema di Pitagora, a² + b² = c², (per esempio 3² + 4² = 9 + 16 = 25 = 5²), ma posti in un modo tale da dar luogo a una serie di valori trigonometrici! <br /><br />I babilonesi costruiscono un sistema di numerazione davvero geniale: utilizzano per la prima volta un sistema posizionale per cui un ristretto numero di simboli cambia significato in base alla loro posizione reciproca. La cosa per noi oggi è evidente: se scrivo il numero 2222, vuol dire che sto sommando due migliaia con due centinaia con due decine con due unità: totale 2222, appunto, in cui la cifra 2 assume quattro significati diversi.<br /><br />La cosa notevole è che, a differenza di tutti gli altri sistemi sviluppati nella storia e che sono basati sui numeri 5 e 10 (dalle dita delle nostre mani), e talvolta sul numero 20 (anche quelle dei piedi...), i babilonesi scrivono i loro numeri basandosi sul numero 60. Insomma inventano un sistema di scrittura dei numeri in base 60: usando 59 simboli, da 1 a 59 (più il simbolo su sfondo verde, di cui parlerò fra poco):<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4132378477/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2640/4132378477_2cee1f9486.jpg" width="500" height="324" alt="Cifre babilonesi" /></a><br /><br />erano in grado di scrivere la cifra delle unità (da 1 a 59 appunto), delle "decine" (in realtà a ogni unità della seconda cifra corrispondeva il valore 60), delle "centinaia" (a ogni unità della terza cifra corrispondeva il valore 3600) e così via. Non solo: scrivevano anche i numeri decimali, usando gli stessi simboli per i sessantesimi, poi i tremilaseicentesimi... Faccio un esempio:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4130821883/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2545/4130821883_c869ea2d1d.jpg" width="500" height="260" alt="Babilonesi" /></a><br /><br />Come potete vedere dai conti, il numero 2 13 44 , 15 12 voleva dire 8024,265. A noi sembra astruso... ma è solo questione di abitudine: forse ai babilonesi sarebbe sembrato astruso il nostro sistema decimale!<br /><br />A proposito: perché usare proprio il numero sessanta? Forse perché ha molti divisori: il 60 può essere diviso per 2 e per 5 (come il nostro 10), ma anche per 3, 6, 12, 15, 20 e 30, quindi i babilonesi avevano molte più probabilità di noi di scrivere numeri decimali esatti (per noi anche la semplice divisione 1 : 3 dà infiniti decimali). <br /><br />Nel corso dei secoli i babilonesi si sono accorti che la mancanza di un simbolo per lo zero creava confusione: di solito si doveva capire dal discorso se un numero di due cifre rappresentava unità e "decine" (sessantine) o unità e "centinaia" (tremilaseicentine). Infatti a un certo punto viene creato anche il simbolo per lo zero (quello su sfondo verde nell'immagine delle cifre qui sopra); ma non c'è da farsi ingannare: si tratta dello zero come cifra, non come numero! Infatti un conto è usare un simbolo che ha solo funzione di "segnaposto" (come nel numero 101, che vuol dire: un centinaio, <i>nessuna</i> decina e una unità); un altro conto è concepire un numero completamente <i>nullo</i>: per abituarsi a concepire lo zero come numero (che infatti <i>non</i> è un numero naturale) bisogna aspettare la metà del XVI secolo! <br /><br />Claudio Tolomeo (circa 100-175), l'autore del famoso Almagesto (il libro in cui descrive il sistema geocentrico)utilizza in tutta la sua mirabile opera proprio questa notazione numerica, la più versatile di quelle allora conosciute. Per di più si verificava una coincidenza clamorosa relativamente al pi-greco:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4133221482/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2681/4133221482_4881315681_m.jpg" width="240" height="240" alt="circonferenza" /></a><br /><br />Per definizione <b>π</b> è il rapporto fra circonferenza e diametro di un cerchio; e da quando l'uomo si è messo a studiare la geometria ha cercato di determinarne il valore con la massima precisione possibile. Su π sono stati scritti libri interi, e per la determinazione della sua natura di numero (il famoso problema della "quadratura del cerchio") si è dovuto attendere la fine del XIX secolo! Ai tempi di Tolomeo ne era stata trovata una buona approssimazione nella frazione 377 / 120: il quoziente della divisione 377 : 120 dà 3,1416 con 6 periodico, un'ottima approssimazione di π (che in realtà vale 3,14159265...), con un errore di solo 0,000074 (precisione addirittura dello 0,002%). Per Tolomeo deve essere stato ovvio scegliere il valore 60 per il raggio della circonferenza trigonometrica in base alla quale fare tutti i suoi calcoli: non solo era la base della numerazione da lui impiegata, ma con il suo doppio otteneva 120, cioè il diametro di un bellissimo cerchio la cui circonferenza è (quasi) esattamente un numero intero, ovvero 377! (il calcolo esatto sarebbe 376,991)<br /><br /><i>(Per completezza, c'è da dire che 355 : 113 dà π con una precisione oltre 250 volte migliore rispetto a 377 : 120; ma di questa frazione con il 113 al denominatore non ho mai trovato traccia da nessuna parte)</i><br /><br />Una numerazione basata sul 60 ci può sembrare strana, ma i numeri babilonesi hanno lasciato un'eredità che è ancora viva: sui nostri orologi, con le ore che si dividono in sessanta minuti di sessanta secondi; e negli angoli, in cui ogni grado si divide in 60 primi di 60 secondi. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="300"></a><b>Numeri Decimali</b><br /><br />In Europa per molti secoli rimasero in uso solo i numeri Romani; e le cose peggiorarono ulteriormente nei secoli bui del medioevo, quando diventò mentalità corrente che lo studio si dovesse applicare solo alla teologia e alla filosofia: le scienze "esatte" furono accantonate quasi del tutto. Nel frattempo il sistema posizionale babilonese veniva adottato in India, cambiando da sessagesimale a decimale e dando luogo a ciò che oggi chiamiamo numeri indiani, o indo-arabici, o arabi (insomma, i numeri che conosciamo oggi).<br /><br />Insomma in Europa i numeri romani continuarono ad essere utilizzati per fare i conti, in quanto nella vita quotidiana, senza problemi scientifici da risolvere, non è frequente dover fare cose più complicate che somme e sottrazioni. A meno che...<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4138125702/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2771/4138125702_90da38b578.jpg" width="500" height="193" alt="Monete" /></a><br /><br />... uno non dovesse gestire un banco di cambiavalute! Questo mestiere richiedeva di dominare concetti come frazioni, decimali, moltiplicazioni e divisioni (tutti argomenti di cui mi occuperò prossimamente); e qui i numeri romani sono un disastro: per fare i calcoli era indispensabile ricorrere all'abaco (di cui parlerò a partire dal prossimo capitolo).<br /><br />La svolta avviene all'inizio del 1200 a opera di Leonardo da Pisa, detto Fibonacci (<i>filius Bonacii</i>, 1170-1250). Visse alcuni anni assieme al padre Guglielmo dei Bonacci, che era rappresentante dei mercanti della Repubblica di Pisa nella regione di Bugia (Algeria), dove studiò i procedimenti aritmetici che gli studiosi musulmani stavano diffondendo nelle varie regioni del mondo islamico. Qui ebbe anche contatti con il mondo dei mercanti e con tecniche matematiche sconosciute in Occidente. Alcuni di tali procedimenti erano stati introdotti per la prima volta in India: proprio per perfezionare queste conoscenze, Fibonacci viaggiò molto, arrivando fino a Costantinopoli, alternando il commercio con gli studi matematici.<br /><br />Nel 1202 Fibonacci scrive un testo fondamentale per la cultura occidentale: il "Liber Abaci", un ponderoso manuale di aritmetica e algebra, con il quale introduce in Europa il sistema numerico decimale indo-arabico e i principali metodi di calcolo relativi. L'innovazione cruciale è la seguente:<blockquote><i>Ci sono nove figure degli indiani: 9 8 7 6 5 4 3 2 1. Con queste nove figure, e con il simbolo 0, che gli arabi chiamano zephiro </i>[da cui poi il nome "zero"]<i>, qualsiasi numero può essere scritto, come dimostreremo.</i></blockquote>In questo libro Fibonacci spiega i fondamenti della nuova numerazione, insegnando gli <i>algoritmi</i> per calcolare le quattro operazioni senza dover ricorrere all'abaco; è a partire da qui che si sviluppano l'aritmetica, l'algebra e la matematica in occidente.<br /><br /><i>Un'altra storia da raccontare sarebbe l'evoluzione dei simboli adottati per scrivere le varie cifre; infatti anche al giorno d'oggi le cifre utilizzate nel mondo arabo sono molto diverse dalle nostre:<br /></i><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4138062572/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2726/4138062572_e3519c511a.jpg" width="500" height="168" alt="NumeriArabi" /></a><br /><br />In realtà il metodo numerico indiano era arrivato in occidente già il secolo precedente, ad opera del traduttore, filosofo e matematico britannico Adelardo di Bath (1080-1152). Adelardo tradusse in latino il libro <i>"Algoritmi de numero Indorum"</i> del matematico persiano Al-Khwarizmi (nome completo Abu Ja'far Muhammad ibn Musa Khwarizmi, 780-850 circa). La prima parola del titolo è una traslitterazione del nome; ma in seguito si è persa l'origine di nome proprio e la parola <i>algoritmo</i> è diventata un sostantivo comune, assumendo il significato (anche in informatica) di metodo standard per compiere un compito complesso in base a procedimenti elementari (somma le cifre, scrivi il risultato, riporta il riporto, somma...). <br /><br />La traduzione di Adelardo, sebbene abbia preceduto l'opera di Fibonacci, non ebbe molto successo. Fibonacci fu più fortunato, forse anche perché il <i>Liber Abaci</i> veniva scritto in una Toscana dedita a traffici di tutti i generi... dove questo nuovo sistema ha trovato subito un certo numero di estimatori. Attenzione però: le abitudini sono dure a morire, e coloro che non avevano bisogno di compiere calcoli complicati continuarono a utilizzare i numeri romani ancora per secoli! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="400"></a><b>Numeri Binari</b><br /><br />Tutti i sistemi di numerazione che abbiamo visto più sopra sono di fatto equivalenti: in qualche modo consentono di scrivere gli stessi numeri (almeno, i numeri interi). Quindi la scelta del sistema di numerazione viene fatta in base alla sua praticità: ed ecco che, per certi usi, neanche il sistema decimale è il più adatto.<br /><br />Da quando è stata utilizzata l'elettricità per fare i calcoli (attraverso relè, valvole, transistor o microprocessori) ogni circuito si può trovare in due stati diversi: acceso e spento. A questi due stati vengono associati i simboli 0 e 1: ecco la nascita del sistema binario!<br /><br />Il quale funziona esattamente come quello decimale; solo che invece di funzionare per potenze di 10 (decine, centinaia, migliaia) funziona per potenze di 2. Quindi:<br /><br />1011 = 1 x 2³ + 0 x 2² + 1 x 2¹ + 1 x 2° = 8 + 0 + 2 + 1 = 11<br /><br />I programmatori di computer sono abituatissimi a fare calcoli di vario generi su numeri come questi; ma quando i numeri diventano molto grandi la cosa non è molto pratica. Infatti per esprimere il numero (decimale) 1234567 occorre il seguente numero (binario):<br /><br />1234567 (d) = 100101101011010000111 (b)<br /><br />Per semplificare la scrittura di questi numeri grandi sono stati "inventati" altri due sistemi di numerazione: <br /><br />— <b>Ottale</b>, in cui vengono raggruppate le cifre binarie a gruppi di tre, quindi codificando le cifre da 0 a 7. <br /><br />1234567 (d) = 4553207 (o)<br /><br />— <b>Esadecimale</b>, in cui vengono raggruppate le cifre binarie a gruppi di quattro. In questo caso i valori che può assumere ciascuna cifra vanno da 0 a 15: a ogni cifra quindi viene assegnato un simbolo che va da 0 a 9 o da A ad F.<br /><br />1234567 (d) = 12D687 (h) <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><i>Prossimo capitolo: <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/addizione-e-sottrazione.html">Addizione e sottrazione</a></i>aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-92068692915518692442010-07-16T08:13:00.013+02:002010-07-16T18:44:44.533+02:00Aritmetica: una lunga storia<i>Inizia qui il racconto della storia dell'aritmetica, dei sistemi di numerazione, e dei metodi di calcolo: dai "Calculus" per contare, al pallottoliere, ai "Bastoncini di nepero", al Regolo Calcolatore. È un racconto che si snoda lungo secoli e secoli, in cui le sorprese non finiscono mai: buon divertimento!</i><br /><br /><a name="index"></a><b>Sommario:</b><br /><br /><a href="#100">– Contare</a><br /> <i><a href="#100">I numeri "Primitivi"</a></i><br /> <i><a href="#200">Contare</a></i><br /> <i><a href="#300">I "Calcoli"</a></i><br /> <i><a href="#400">Addizione</a></i><br /> <i><a href="#500">Sottrazione</a></i><br /> <i><a href="#600">Moltiplicazione</a></i><br /> <i><a href="#700">Divisione</a></i><br /> <i><a href="#800">Estrazione di radice</a></i><br /> <i><a href="#900">Una provocazione!</a></i><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/sistemi-di-numerazione.html">+ Sistemi di numerazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/addizione-e-sottrazione.html">+ Addizione e Sottrazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/moltiplicazione.html">+ Moltiplicazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/divisione.html">+ Divisione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/radice-quadrata.html">+ Radice Quadrata</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/elevamento-potenza.html">+ Elevamento a potenza</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/logaritmi.html">+ Logaritmi</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/regolo-calcolatore.html">+ Il Regolo Calcolatore</a><br /><br /><a name="100"></a><b>I numeri "Primitivi"</b><br /><br />Siamo tutti abituati a parlare di "Numeri Naturali"... ma questa è una definizione ormai matura, identificata da matematici / filosofi che sapevano esattamente di cosa stavano parlando!<br /><br />La storia dell'aritmetica non si sa proprio quando sia cominciata: la prima evidenza storica di un qualche modo di contare risale al Paleolitico superiore, cioè tra il 20.000 a.C. e il 18.000 a.C.: si tratta dell'<i>Osso d'Ishango</i>, un osso ricoperto da una serie di scalfitture raggruppate in vario modo, e con una scaglia di quarzo tagliente innestata ad una estremità probabilmente utilizzata per praticare le incisioni. Secondo alcuni scienziati potrebbe avere avuto una funzione anche più complessa del semplice contare qualcosa.<br /><br />"Contare": assieme alla costruzione di utensili e all'uso della parola, è sicuramente una di quelle attività che distingue l'essere umano dagli altri animali. Ora qualcuno potrebbe obiettare che anche alcuni animali sanno distinguere gruppi di oggetti più numerosi da quelli meno numerosi; ma non contano affatto: l'operazione di contare significa associare i nomi generici uno, due, tre... a oggetti sempre diversi; e ci vuole una bella capacità di astrazione per capire che la serie dei "nomi" uno, due, tre... va bene per contare qualsiasi cosa: oggi do il nome "uno" a una mela, domani lo darò... a una moglie, e così via. <br /><br />Gli uomini hanno imparato a comunicare fra loro cose come "tre capre" e "tre mele": sono concetti che rappresentano gruppi di cose diverse, che hanno in comune una ben precisa indicazione di quantità. Ma c'è voluto un enorme lavoro intellettivo per dominare il concetto di numero, passando dall'idea primitiva alla compiuta comprensione dei numeri, e soprattutto dell'infinito: quest'ultimo concetto è stato affrontato con successo solo verso la metà del XIX secolo! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="200"></a><b>Contare</b><br /><br />L'operazione del contare non è un'operazione banale neanche per noi "moderni", infatti quando ci troviamo in difficoltà... usiamo le dita delle mani: <br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4131523836/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2705/4131523836_a52ff67b66.jpg" width="500" height="295" alt="DueMani" /></a><br /><br />ecco perché quasi tutti i sistemi di numerazione sono sempre stati quinari o decimali. Di questo si ha evidenza perché, ovviamente, a un certo punto l'uomo ha cercato il modo di trascrivere il risultato dei propri conteggi; e sono stati trovati vari modi di scrivere i numeri: tutti basati sul 5 e sul 10 (e anche sul 20... che qualcuno abbia usato anche i diti dei piedi?). Per noi è usuale segnare i punti, o contare altri piccoli numeri, in questo modo:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4134162030/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2670/4134162030_8b0bfddb93_m.jpg" width="240" height="58" alt="Aste" /></a><br /><br />di solito raggruppiamo i punti di cinque in cinque, per cui a colpo d'occhio sappiamo che qui sopra abbiamo contato fino a 12. <br /><br />L'abilità di contare è legata all'abilità di trascrivere i risultati ottenuti; e in questo senso l'essere umano si è sbizzarrito in una serie infinita di sistemi diversi, da quelli più rozzi a quelli più sorprendenti, come quello babilonese: ne parlerò nel prossimo capitolo. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="300"></a><b>I "Calcoli"</b><br /><br />L'operazione del contare non è certo sufficiente per risolvere tutti i problemi aritmetici; comunque, anche solo contando, si possono svolgere parecchie operazioni di calcolo.<br /><br />Il termine "calcolo" deriva dal latino <i>calculus</i>, che vuol dire pietruzza: sicuramente pietruzze, o semi, o altri piccoli oggetti sono stati il primo sistema per fare di conto. Quindi muniamoci di una scodella e di un adeguato numero di sassolini, e cominciamo a darci da fare! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="400"></a><b>Addizione</b><br /><br />Ammettiamo di dover sommare i numeri 32 e 25: conto 32 sassolini mettendoli dentro alla scodella; ne conto altri 25; alla fine conto quanti sassolini ci sono nella scodella: se non ho commesso errori, non posso che contarne 57: <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4133507508/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2644/4133507508_4cea1c3197_m.jpg" width="240" height="170" alt="calc01" /></a> <a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4133507378/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2673/4133507378_443993397a_m.jpg" width="240" height="192" alt="calc02" /></a> <br /><br /><a name="500"></a><b>Sottrazione</b><br /><br />Se voglio sottrarre 17 da 65 basta che nella mia scodella io inserisca 65 sassolini; poi ne tolgo 17, contandoli, infine conto quanto sassolini sono rimasti:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4132746201/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2726/4132746201_22c4e305a4_m.jpg" width="240" height="204" alt="calc03" /></a> <a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4133507044/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2711/4133507044_e3a7e3135f_m.jpg" width="240" height="240" alt="calc04" /></a><br /><br />Una soluzione più "creativa", ma sempre di conteggio si tratta, consiste in questo: metto i sassolini nella scodella contando da 18. Se metto il primo sassolino contando 18, poi il secondo contando 19 e così via fino al 65, alla fine i sassolini nella scodella non potranno che essere 48. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="600"></a><b>Moltiplicazione</b><br /><br />Dovendo moltiplicare 4 x 18, inserisco nella scodella 4 volte diciotto sassolini, infine conto il contenuto (72). <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4133506900/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2669/4133506900_dbc2b64456_m.jpg" width="240" height="161" alt="calc05" /></a> <a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4133506826/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2795/4133506826_cfe191d159_m.jpg" width="240" height="217" alt="calc06" /></a><br /><br /><b>Calcolo del quadrato</b>. <br /><br />Come per la moltiplicazione! Un esempio: se voglio sapere quante uova ci sono in un cartone da 12 x 12, basta contarle! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><b>Calcolo del cubo</b>. <br /><br />Proviamo con il numero 6. Grazie al calcolo del quadrato, scopro che 6 x 6 fa 36. Metto 6 volte 36 sassolini nella scodella, e alla fine conto! (216). Per tornare all'esempio delle uova: se ne acquisto una scatola da 12 cartoni di 12 x 12 (totale 1728), non occorre fare molti calcoli: basta contarle! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="700"></a><b>Divisione</b><br /><br />Ammettiamo di voler dividere 70 per 15. Metto 70 sassolini nella scodella, poi ne tolgo 15 per volta facendone dei mucchietti: alla fine mi ritrovo con quattro mucchietti (quoziente) e un avanzo di dieci sassolini (resto).<a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4133506662/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2540/4133506662_cee043cd68_m.jpg" width="240" height="217" alt="calc07" /></a> <a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4132745441/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2628/4132745441_dc9783cc39_m.jpg" width="240" height="240" alt="calc08" /></a><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4132744985/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2759/4132744985_d2ca837bd5_m.jpg" width="240" height="222" alt="calc11" /></a> <a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4132744887/"><img src="http://farm3.static.flickr.com/2785/4132744887_e22ea70e53_m.jpg" width="240" height="210" alt="calc12" /></a> <br /><br /><a name="800"></a><b>Estrazione di radice</b><br /><br />Posso fare per tentativi. Ammettiamo di voler calcolare la radice di 55: provo a calcolare 5², e vedo che il risultato è minore (25) del numero dato; poi con 6² (36), con 7² (49) e infine 8²: il risultato è 64, quindi maggiore del 55 di cui volevo calcolare la radice; allora la radice di 55 è 7 (almeno per quanto riguarda la parte intera). <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="900"></a><b>Una provocazione!</b><br /><br />Insomma abbiamo scoperto che solo contando... si copre il programma d'insegnamento di aritmetica di praticamente tutte le elementari! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><i>Prossimo capitolo: <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/sistemi-di-numerazione.html">Sistemi di Numerazione</a></i>aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-91425200460266370212010-07-15T13:20:00.006+02:002010-07-15T15:43:02.554+02:00Ottica: l'arcobaleno<a name="index"></a><b>Sommario:</b><br /><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/ottica-unesposizione-informale.html">+ Introduzione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/riflessione.html">+ Riflessione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/rifrazione.html">+ Rifrazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/diffrazione.html">+ Diffrazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/diffrazione.html">+ Cannocchiale e Aberrazione sferica</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/dispersione.html">+ Dispersione e Telesopio di Newton</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/etere-luminifero.html">+ Etere Luminifero</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/birifrangenza-e-polarizzazione.html">+ Birifrangenza e Polarizzazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/interferenza.html">+ Interferenza</a><br /><a href="#100">– Arcobaleno</a><br /> <i><a href="#100">Riflessione e Rifrazione</a></i><br /> <i><a href="#200">Leggi di Fresnel</a></i><br /> <i><a href="#300">Una goccia d'acqua</a></i><br /> <i><a href="#400">Molte gocce d'acqua</a></i><br /> <i><a href="#500">Due arcobaleni</a></i><br /><br /><a name="100"></a><b>Riflessione e Rifrazione</b><br /><br />Nel corso dei capitoli precedenti abbiamo visto come, già nel XVII secolo, fossero stati compresi i fenomeni di <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/riflessione.html">Riflessione</a> e <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/rifrazione.html">Rifrazione</a>. Tale comprensione però si limitava alle "leggi degli angoli", ovvero la relazione fra gli angoli di incidenza e di riflessione / rifrazione della luce quando un raggio attraversa la superficie di separazione fra due materiali diversi (es. aria / acqua o aria / vetro).<br /><br />I due fenomeni coesistono quasi sempre: il caso classico è una lastra di vetro attraverso la quale la luce passa (rifrazione), ma dalla quale viene anche riflessa. Non solo: questi fenomeni avvengono molteplici volte in corrispondenza di entrambe le superfici della lastra di vetro:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4787139914/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4095/4787139914_6118bd4497.jpg" width="500" height="396" alt="Arcobaleno0a" /></a><br /><br />Un raggio di luce, proveniente dall'angolo in alto a sinistra, raggiunge la lastra di vetro nel punto 1. Una certa quantità di luce viene riflessa (raggio rosso), il rimanente entra nel vetro secondo il dovuto angolo di rifrazione (raggio blu). Quando questo raggio di luce raggiunge la faccia opposta della lastra di vetro, nel punto 2, avviene il fenomeno complementare: una quota di luce viene rifratta all'esterno (raggio rosso), mentre il rimanente viene riflesso nuovamente all'interno della lastra di vetro. Quest'ultimo meccanismo viene poi ripetuto nei punti 3, 4, 5... in teoria, all'infinito. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a> <br /><br /><a name="200"></a><b>Leggi di Fresnel</b><br /><br />Se si volesse fare il calcolo esatto di quanta luce totale attraversa il vetro, e quanta ne viene riflessa, non sarebbe sufficiente conoscere le leggi degli angoli come la legge di Snell, ma occorrerebbero anche leggi <i>quantitative</i>: sono proprio le Leggi di Fresnel.<br /><br />Le quali leggi di Fresnel tengono conto dell'angolo di incidenza della luce, dei coefficienti di rifrazione dei materiali interessati, e anche della <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/birifrangenza-e-polarizzazione.html">Polarizzazione </a> della luce: infatti si usa il plurale, "le" leggi di Fresnel, che sono due da utilizzare a seconda dei piani di polarizzazione della luce incidente. E siccome le complicazioni non non finiscono mai, bisogna tenere conto anche della variazione dei coefficienti di rifrazione a seconda del colore della luce: si tratta del fenomeno di <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/dispersione.html">Dispersione</a>, scoperto da Newton.<br /><br />Ora che è stato fatto l'elenco dei fenomeni che intervengono nella produzione dell'arcobaleno, possiamo cominciare a spiegarne il funzionamento. <i>Anche se i programmi che ho scritto per creare le immagini che seguono tengono conto nel modo più accurato possibile di tutti gli aspetti della faccenda, la spiegazione sarà molto elementare; chi fosse interessato ai dettagli matematici delle leggi coinvolte... potrà trovare moltissimo materiale sul web, che d'altra parte ho spesso consultato anch'io!</i> <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a> <br /><br /><a name="300"></a><b>Una goccia d'acqua</b><br /><br />Per ottenere un arcobaleno sono necessarie la luce solare e qualche goccia d'acqua. Vediamo allora cosa succede di un singolo raggio di luce che incide su una singola goccia d'acqua (la cosa non è molto diversa a quanto già descritto riguardo la lastra di vetro). <i>Nota: per adesso vedremo i fenomeni "di profilo", cioè avendo il sole alla nostra sinistra invece che alle nostre spalle: solo in questo modo si possono vedere le traiettorie percorse dai raggi luce in arrivo dal sole, e le loro successive riflessioni / rifrazioni.</i><br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4779732844/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4096/4779732844_30b70edbd6.jpg" width="500" height="500" alt="Arcobaleno1" /></a><br /><br />1 — La luce proveniente da sinistra (raggio verde, nella figura in alto a sinistra) colpisce la goccia nel punto 1. Una certa quantità di luce viene riflessa secondo l'angolo β (linea rossa), mentre la luce rimanente viene rifratta all'interno della goccia secondo l'angolo γ (linea blu).<br /><br />2 — La luce rifratta nel punto 1 prosegue la sua corsa e incontra nuovamente la superficie della goccia nel punto 2 (in alto a destra): qui avviene il fenomeno complementare a quello descritto nel punto 1, infatti una quota parte viene rifratta all'esterno della goccia (linea rossa) mentre il rimanente viene ancora riflesso e permane all'interno della goccia (linea blu).<br /><br />3, 4 — In basso a sinistra e destra vediamo il ripetersi del fenomeno descritto al punto 2. In realtà il meccanismo si ripete ancora molte volte: fino a quando cioè all'interno della goccia il raggio di luce continua ad essere riflesso, con intensità sempre minore... in teoria un numero infinito di volte! <br /><br />Per adesso, nello studio dell'arcobaleno ci limiteremo ad analizzare questi quattro raggi di luce uscenti dalla goccia: come già detto ce ne sono anche altri, ma contribuiscono in modo marginale al fenomeno che stiamo studiando (ne parleremo alla fine).<br /><br />Nell'animazione che segue, per ogni raggio di luce che arriva sulla goccia (linee in bianco, da sinistra) escono quattro raggi rossi, frutto dei vari fenomeni di riflessione / rifrazione già descritti:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4779732768/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4096/4779732768_122d2b057a_o.gif" width="500" height="500" alt="Arcobaleno2" /></a><br /><br />La cosa appare molto caotica: questo dipende dal fatto che per adesso non si è tenuto conto dell'intensità dei vari raggi, ma solo dei loro angoli. Vediamo adesso succede tenendo conto anche di questo aspetto:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4779732606/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4135/4779732606_6bcb4bef77.jpg" width="500" height="500" alt="Arcobaleno3" /></a><br /><br />Nell'immagine sopra si vede l'intensità della luce prodotta separatamente da ciascuno dei quattro tipi di raggio di luce che esce dalla goccia d'acqua: in alto a sinistra la prima riflessione, in alto a destra e poi in basso i tre fenomeni di riflessione / rifrazione a cui sono soggetti i raggi di luce via via che "rimbalzano" sulla superficie interna della goccia.<br /><br />Le intensità di questi quattro fasci di luce sono molto diverse l'una dall'altra. Il fascio più luminoso è il secondo, infatti la percentuale di luce che entra nella goccia per uscirne immediatamente è di gran lunga superiore alla quantità di luce che segue gli altri percorsi (così come, in una finestra, la luce che la attraversa è in quantità nettamente superiore alla luce che ne viene riflessa).<br /><br />Come fare allora per vedere il sovrapporsi di tutti i fenomeni, senza rimanere "abbagliati" da quello più intenso? Basta ignorare proprio quest'ultimo! Infatti vediamo cosa succede di questo fascio di luce se ci si allontana dalla goccia:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4781570437/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4076/4781570437_0b95f19bbd_o.png" width="451" height="200" alt="Arcobaleno4c" /></a><br /><br />Per quanto focalizzandosi in un punto vicino alla goccia si abbia un picco di luminosità molto elevato, allontanandosene la luce si disperde molto velocemente; e, vista da grande distanza che ci sarà fra l'osservatore e le gocce che danno luogo all'arcobaleno, l'effetto causato da questo fascio di luce diventa assolutamente trascurabile.<br /><br />Nell'immagine che segue si vede la composizione dei fasci di luce nelle loro reali intensità reciproche, avendo omesso solo il fascio di cui sopra:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4779098143/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4077/4779098143_95c569524e_o.png" width="500" height="500" alt="Arcobaleno4" /></a><br /><br />Verso destra si intravedono, debolissimi, i doppi fasci di luce derivanti dalla riflessione della luce quando incontra la goccia per la prima volta: anche questo fenomeno potrà essere trascurato. Ciò che è interessante piuttosto sono le linee nitide, frutto della terza e della quarta rifrazione: saranno proprio queste linee a dar luogo ai <i>due</i> arcobaleni, quello primario e quello secondario.<br /><br />Fino ad ora abbiamo visto cosa succede usando solo luce rossa: vediamo adesso cosa succede sovrapponendo l'effetto generato da fasci di luce di tutti i colori:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4779732464/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4073/4779732464_de1ccc6fca_o.png" width="500" height="500" alt="Arcobaleno4a" /></a><br /><br />Alle estremità delle linee più luminose, a sinistra, si intravedono delle frange colorate: queste sono dovute al diverso coefficiente di rifrazione associato a ciascun colore della luce, per cui le relative linee di maggiore intensità vengono emesse con angoli leggermente diversi l'uno dall'altro.<br /><br />Allontaniamoci un po' dalla goccia:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4779098039/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4099/4779098039_f95419278f_o.png" width="500" height="500" alt="Arcobaleno5" /></a><br /><br />I due fasci di luce si incrociano, e le frange sono sempre più colorate. Allontaniamoci ancora:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4779097971/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4097/4779097971_2819a58c3a_o.png" width="500" height="500" alt="Arcobaleno5a" /></a><br /><br />Ora che abbiamo portato la goccia fuori dallo schermo, non si vedono più i picchi ad alta luminosità intorno alla goccia stessa, che costringevano a tenere bassa la luminosità dell'immagine; adesso con una luminosità ottimale, si vedono bene i due fasci di luce, colorati come se fossero passati attraverso un prisma, anche se l'arcobaleno risulta da una combinazione molto più complicata di fattori. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a> <br /><br /><a name="400"></a><b>Molte gocce d'acqua</b><br /><br />Insomma, abbiamo visto "cosa esce" da una goccia d'acqua illuminata dal sole. Ma cosa vede esattamente un osservatore che la guardi da lontano?<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4779791272/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4137/4779791272_64d5400fe8_o.png" width="500" height="500" alt="Arcobaleno5b" /></a><br /><br />Dipende. Nel senso che dipende dalla posizione reciproca fra goccia e occhio. Se l'osservatore si trova nella posizione 1, il suo occhio viene illuminato dalla sola luce rossa dell'arco primario; se in posizione 2 o 3, il verde o il viola dello stesso arco. <br /><br />Se l'osservatore si trova nella posizione 4 o 5, vede il rosso dell'arco secondario, quello dovuto alla quarta riflessione / rifrazione del raggio di luce all'interno della goccia. L'arcobaleno secondario ha le seguenti caratteristiche:<br /><br />— Ha i colori disposti in ordine inverso (questo è dovuto al fatto che i raggi di luce subiscono una riflessione in più rispetto all'arcobaleno primario);<br />— È più ampio (la riflessione aggiuntiva causa un'amplificazione delle differenze negli angoli);<br />— Ha intensità minore (a ogni riflessione / rifrazione segue una diminuzione dell'intensità del raggio luminoso).<br /><br />Nell'immagine sopra ho indicato anche la posizione 6: questa indica una fascia scura, chiamata "Banda di Alessandro". Infatti mentre all'esterno della zona compresa fra i due fasci di luce si ha un bagliore diffuso, la zona interna non viene raggiunta da nessun raggio di luce uscente dalla goccia (a parte quello che deriva dalla prima riflessione della luce solare, ma che, debole in partenza,con la distanza si disperde molto velocemente fino a diventare assolutamente trascurabile). <i>L'Alessandro che dà il nome alla banda scura è Alessandro d'Afrodisia, filosofo greco del III secolo d.C., che è stato il primo a descrivere questo fenomeno.</i><br /><br />Nell'immagine sopra abbiamo capito cosa vedrebbe un osservatore spostandosi all'interno dei fasci di luce emessi da una singola goccia. Naturalmente ciò che accade realmente è il fenomeno inverso: l'osservatore sta fermo, e viene investito dai fasci di luce che lo raggiungono da una miriade di gocce diverse.<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4780552810/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4100/4780552810_f6a2cf1841.jpg" width="500" height="209" alt="Arcobaleno7" /></a><br /><br />Nell'immagine sopra a sinistra il punto di vista, indicato dall'occhio, viene investito dalla luce rossa dell'arco primario, quindi l'osservatore ha l'impressione che quella goccia "sia" proprio di colore rosso. Nell'immagine di destra invece l'occhio viene investito dalla luce verde dell'arco secondario: ecco che quest'altra goccia appare di colore verde.<br /><br />L'arcobaleno è creato da una miriade di gocce disposte in posizioni diverse l'una dall'altra. Ecco cosa vede l'osservatore (nell'immagine che segue l'arcobaleno è visto "di profilo"):<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4782618116/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4077/4782618116_b86571ecc0_o.png" width="500" height="500" alt="Arcobaleno8" /></a><br /><br />Si vede bene come tutte le gocce "colorate" di rosso nell'arco primario sono perfettamente allineate rispetto all'osservatore, così come sono allineate le gocce di tutti gli altri colori: questo accade perché i raggi solari sono tutti paralleli fra loro, e gli aspetti geometrici delle riflessioni / rifrazioni sono identici per ciascuna goccia. Allora, la condizione affinché le gocce si mostrino tutte di un determinato colore (in questo caso il rosso), l'unica condizione necessaria è che l'angolo α compreso fra la direzione di arrivo della luce solare (le linee bianche, da sinistra) e la linea che congiunge la goccia all'osservatore, deve essere costante: per quanto riguarda la luce rossa dell'arco primario, l'angolo è di circa 42 gradi e mezzo. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a> <br /><br /><a name="500"></a><b>Due arcobaleni</b><br /><br />Come dicevo, le immagini sopra mostrano il funzionamento dell'arcobaleno con una vista di profilo, infatti non c'è ancora niente che assomigli a un arco! Lo schema che segue invece mostra il fenomeno in prospettiva:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4782791212/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4119/4782791212_0239aa6e23.jpg" width="500" height="350" alt="Arcobaleno9" /></a><br /><br />Per ogni goccia bisogna prendere in considerazione il piano che giace sulla linea percorsa dalla luce solare che la illumina, e che passa dall'occhio dell'osservatore (l'area indicata in grigio indica il piano relativo alla goccia 1). Se l'angolo α compreso fra la linea di luce incidente (indicata in bianco) e la linea che congiunge la goccia con l'osservatore è proprio di 42,5° allora l'osservatore vedrà quella goccia illuminata di rosso; altrimenti l'osservatore vedrà il colore associato a un angolo diverso... oppure nessun colore.<br /><br />Vediamo la cosa da un altro punto di vista: l'area di cielo che si colorerà di rosso sarà il "luogo" delle gocce che stanno al vertice di un angolo di 42,5°, misurato fra la linea di luce che illumina la goccia e la congiungente fra goccia e osservatore. Questo luogo non può che essere circolare: è come se usassimo un compasso con apertura costante (ecco quindi spiegata la forma di arco circolare dell'arcobaleno).<br /><br />Il discorso ovviamente vale per qualsiasi altro colore / angolo: angoli più piccoli danno luogo ad archi concentrici di raggio minore. Gli angoli più grandi, relativi all'arcobaleno secondario, danno luogo agli archi di raggio maggiore relativi proprio a questo secondo arcobaleno; gli angoli intermedi provocano la fascia più scura compresa fra i due: la Banda di Alessandro.<br /><br />Per finire, vediamo finalmente un arcobaleno visto frontalmente. Nell'immagine che segue (la stessa che c'è in apertura) ho sovrapposto una foto presa dal web di un arcobaleno doppio all'immagine ottenuta al computer. <i>Il programma calcola la somma dei contributi di luce che raggiungono l'osservatore per ogni colore (al quale corrisponde un diverso indice di rifrazione, e una diversa composizione RGB, rosso-verde-blu) per ogni goccia, tenendo conto anche della polarizzazione della luce a ogni evento.</i> Direi che la somiglianza è davvero notevole... <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a> <br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4783660686/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4075/4783660686_4e6240b20a.jpg" width="499" height="331" alt="Arcobaleno10" /></a> <br /><br /><a name="600"></a><b>Ulteriore arcobaleno</b><br /><br />Per finire, manca un accenno alla questione lasciata in sospeso: cosa succede delle ulteriori riflessioni / rifrazioni all'interno di ciascuna goccia?<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4789900275/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4077/4789900275_02cf7ce9df_o.png" width="500" height="500" alt="Arcobaleno4d" /></a><br /><br />Ecco qui i raggi generati dalle due successive rifrazioni: hanno le stesse caratteristiche di quelli già descritti e sono anch'essi in grado di generare un arcobaleno. Hanno però intensità molto più debole dei primi due, e di fatto solo in condizioni atmosferiche eccezionali si riesce ad apprezzare il più intenso dei due. Il quale, a differenza dei primi due, non va però cercato dando le spalle al sole: questo effimero arcobaleno viene a trovarsi in controluce, ecco anche spiegato perché è così difficile da osservare. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a>aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-85626192878134707092010-07-15T12:55:00.007+02:002010-07-15T13:47:42.795+02:00Ottica: Interferenza<a name="index"></a><b>Sommario:</b><br /><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/ottica-unesposizione-informale.html">+ Introduzione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/riflessione.html">+ Riflessione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/rifrazione.html">+ Rifrazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/diffrazione.html">+ Diffrazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/diffrazione.html">+ Cannocchiale e Aberrazione sferica</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/dispersione.html">+ Dispersione e Telesopio di Newton</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/etere-luminifero.html">+ Etere Luminifero</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/birifrangenza-e-polarizzazione.html">+ Birifrangenza e Polarizzazione</a><br /><a href="#100">– Interferenza</a><br /> <i><a href="#100">Una strana grandinata</a></i><br /> <i><a href="#200">Uno strano specchio di mare</a></i><br /> <i><a href="#300">Thomas Young</a></i><br /> <i><a href="#400">Esperimento della doppia fenditura</a></i><br /> <i><a href="#500">Leggi di Fresnel</a></i><br /> <i><a href="#900">Dettagli sulla simulazione della grandine</a></i><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/arcobaleno.html">+ L'arcobaleno</a><br /><br /><a name="100"></a><b>Una strana grandinata</b><br /><br />L'altro giorno sono dovuto uscire di casa mentre il tempo prometteva un bel temporale... e io avevo un buco nel tetto. Per non rischiare danni maggiori, ho sistemato un bel catino proprio sotto al buco; ma quando sono tornato la situazione era questa:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4746121871/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4140/4746121871_34237abe17_o.png" width="500" height="250" alt="Grandine 1" /></a><br /><br />C'era stata una grandinata eccezionale, e io ho trovato sì il catino pieno di ghiaccio, ma molti chicchi erano sparsi sul pavimento. Una spiegazione potrebbe essere che il catino si sia riempito troppo, o che qualche chicco ne sia rimbalzato fuori; nonostante queste ipotesi, ho voluto appurare se per caso non succeda qualcosa durante il <i>viaggio</i>: siamo sicuri che tutti i chicchi di grandine arrivino sempre nel catino?<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4746121957/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4075/4746121957_146d684860_o.gif" width="500" height="300" alt="Grandine 2" /></a><br /><br />Nell'animazione qui sopra mostro 4 casi diversi:<br /><br />A — il chicco di grandine cade lontano dal buco, quindi non arriverà mai sul mio pavimento. <br />B — il chicco passa esattamente dal centro del buco, e infatti cade nel catino.<br />C, D — questi due chicchi di grandine rimbalzano sul bordo del buco, deviano la loro traiettoria e cadono sul pavimento.<br /><br />Nuova curiosità: quante probabilità ci sono che i chicchi di grandine cadano fuori dal catino?<br /><br />Con una simulazione al computer ho fatto cadere i chicchi di grandine da posizioni casuali, registrando per ciascuno il punto di arrivo sul pavimento. Accumulando un milione di prove ho potuto costruire il grafico che segue: l'altezza variabile del grafico bianco a forma di campana indica la quantità di chicchi che è caduta in ogni punto del pavimento.<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4749501644/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4142/4749501644_417b8a99b1_o.png" width="500" height="300" alt="Grandine 3a" /></a><br /><br />Il punto indicato con A sul pavimento è proprio sotto al buco nel tetto, e la linea rossa, che indica l'altezza della campana in quel punto, dimostra che le probabilità che un chicco di grandine cada proprio lì sono massime. Il punto B è in una zona che <i>non</i> si trova sotto al buco, eppure le probabilità che i chicchi di grandine cadano lì (indicate dalla lunghezza della linea verde) sono tutt'altro che trascurabili. Infine il punto C, molto lontano dal buco, ha anch'esso una buona probabilità di essere raggiunto dalla grandine!<br /><br /><br />Ieri ho scoperto di avere un secondo buco nel tetto, e stava arrivando un altro temporale. Certo non speravo più di potermela cavare sistemando un semplice paio di catini, in compenso mi è venuta un'altra curiosità: ora che ci sono due buchi, quali sono le probabilità che i chicchi di grandine cadano nei vari punti del pavimento?<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4748859641/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4096/4748859641_004a8a56e7_o.png" width="500" height="300" alt="Grandine 3b" /></a><br /><br />Le cifre 1 e 2 indicano i due buchi nel tetto. La riga verde sopra al punto A indica le probabilità totali che i chicchi di grandine cadano sul pavimento proprio in quel punto: l'area in rosso infatti indica le probabilità che hanno di arrivare nei vari punti del pavimento i chicchi che passano dal buco 1, mentre l'area in bianco si riferisce ai chicchi di grandine che passano dal buco 2; la somma di queste due curve di probabilità dice quanto ghiaccio cadrà su ogni punto del pavimento. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a> <br /><br /><a name="200"></a><b>Uno strano specchio di mare</b><br /><br />Dopo aver ripulito tutto (e tappato i buchi nel tetto), per rilassarmi sono andato al mare. Come per incanto i miei pensieri hanno abbandonato la grandine... per occuparsi delle onde marine: infatti mi è capitato di vedere dal vivo il fenomeno di diffrazione di cui abbiamo già parlato <a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4647214600/">qui</a>. Mi sono chiesto come variasse l'altezza dell'acqua momento per momento, e ho ottenuto quanto segue:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4752086207/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4143/4752086207_552bf93e87_o.gif" width="500" height="350" alt="Interferenza 1a" /></a><br /><br />La linea rossa indica in ogni istante l'altezza dell'acqua che si trova in corrispondenza della linea grigia. Ciò che però mi interessa in modo particolare è l'ampiezza delle onde, non l'altezza istantanea dell'acqua: nel disegno che segue, il grafico rosso indica l'altezza massima raggiunta dall'acqua in ogni punto, e quindi l'ampiezza delle relative onde. <br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4752086289/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4078/4752086289_297a4b20c0_o.png" width="500" height="300" alt="Interferenza 1b" /></a><br /><br />Mi sono stupito nel vedere la netta somiglianza fra il comportamento di queste onde e quello della grandine che abbiamo visto prima. Nell'immagine qui sotto, a sinistra mi sono limitato ad "appiattire" un po' la campana della grandine: la somiglianza è davvero notevole!<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4754805765/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4073/4754805765_9b30f6ca92.jpg" width="500" height="80" alt="Confronto Corpuscoli Onde, 1" /></a><br /><br /><i>Voglio ricordare che, per quanto i grafici relativi sia alla grandine che alle onde siano ottenuti grazie simulazioni fatte al computer, i procedimenti di calcolo (che riproducono la realtà dei fenomeni fisici) sono totalmente diversi: per la grandine si tratta di una statistica di eventi casuali governati dalle leggi della meccanica, mentre per le onde si tratta della simulazione di una matrice di punti materiali legati da molle, come spiegato <a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4647214600/comment72157624065353277/">qui</a>. Proprio il fatto che i risultati siano così simili spiega perché è stato così difficile capire di cosa fosse fatta la luce, se onde o corpuscoli!</i><br /><br />Proseguendo nella mia passeggiata sul lungomare mi sono imbattuto in un altro fenomeno: onde che passano contemporaneamente da due fessure diverse.<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4752097949/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4115/4752097949_77aba0bfb5_o.gif" width="500" height="350" alt="Interferenza 2a" /></a><br /><br />Inizialmente le onde si comportano normalmente, ma quando si diffondono fino al punto da sovrapporsi si genera un'interferenza fra i due gruppi di onde: il risultato si vede particolarmente bene nel fotogramma finale dell'animazione qui sopra.<br /><br />Nell'immagine che segue possiamo vedere l'ampiezza delle onde, così come abbiamo fatto per le onde che venivano generate da una fessura unica:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4752098037/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4096/4752098037_7851383b37_o.png" width="500" height="299" alt="Interferenza 2b" /></a><br /><br />Confrontiamo quest'ultima curva con quella della grandine che passa attraverso due buchi:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4755597410/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4135/4755597410_ec24f18a6f.jpg" width="500" height="80" alt="Confronto Corpuscoli Onde, 2" /></a><br /><br />Si vede subito che c'è una differenza notevolissima: la curva di sinistra (grandine) ha un andamento dolce, molto continuo; quella di destra presenta un andamento di massima (indicato dalla linea gialla) molto simile, ma esibisce anche delle rapide oscillazioni, dei massimi e dei minimi molto sfrangiati: infatti questo genere di curva, riferito ai fenomeni ondulatori, si chiama proprio "Frangia di interferenza".<br /><br />A cosa si devono le frange d'interferenza? Le onde generate in corrispondenza delle due fessure hanno la stessa ampiezza e partono con la stessa fase (ossia, si trovano sempre al loro picco massimo nello stesso istante). Le onde però ci mettono del tempo per diffondersi, e ciò genera "sfasamenti" variabili fra le onde:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4757482116/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4139/4757482116_a043c223ef_o.gif" width="500" height="500" alt="Interferenza sinusoidi" /></a><br /><br />1 — In alto a sinistra si vedono due onde che impiegano esattamente lo stesso tempo per raggiungere il punto di intersezione sulla linea viola. In quel punto le onde arrivano esattamente in fase, i loro picchi coincidono sempre, quindi il loro effetto si somma; l'onda rossa ottenuta dall'unione delle due onde ha ampiezza doppia rispetto a ciascuna delle onde verde e gialla.<br /><br />2 — In alto a destra la lunghezza del cammino compiuto dalle due onde differisce per esattamente mezza lunghezza d'onda. Questo vuol dire che quando una si trova al picco massimo, l'altra è al picco opposto: praticamente c'è una continua compensazione pieno-vuoto, e l'onda generata ha ampiezza nulla.<br /><br />3 — In basso a sinistra le due onde arrivano nuovamente in fase, ma data la differente lunghezza dei cammini percorsi, l'onda gialla compie un'oscillazione in più rispetto a quella verde. Il risultato è un'onda di ampiezza pari a quella generata nel caso 1.<br /><br />4 — In basso a destra la confluenza fra le due onde si verifica in un punto in cui sono quasi in controfase, cioè i picchi positivo e negativo si compensano ma senza annullarsi del tutto: l'onda che ne esce ha un'ampiezza molto ridotta.<br /><br /><i>Nota: tutti i punti di confluenza delle onde che partono dalle fessure sono allineati sulla stessa linea viola; è proprio con questo tipo di procedimento che si calcolano le frange d'interferenza.</i><br /><br />Ricapitolando, possiamo dire che onde e particelle esibiscono molti comportamenti similari; ma non l'interferenza. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="300"></a><b>Thomas Young</b><br /><br />Nella storia dell'ottica ci siamo già imbattuti in vari personaggi notevoli, come Fermat, Huygens, Newton. Quello che vi presento ora, per certi versi, è forse il più incredibile di tutti: ecco a voi... Thomas Young!<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4753908437/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4119/4753908437_da47ee5bd1.jpg" width="500" height="275" alt="Thomas Young" /></a><br /><br />Nasce nel 1773 in Inghilterra. A due anni sa leggere e scrivere; a sei conosce già il latino, a quattordici anche greco, francese, italiano, ebraico, caldeo, siriaco, samaritano, arabo, persiano, turco ed etiope!<br /><br />Nel 1792 inizia il corso di studi in medicina a Cambridge, infatti agli inizi del XIX secolo Young è (almeno in teoria) un medico: ma è molto più interessato alle malattie, che ai malati. Per fortuna un vecchio zio vede bene di lasciargli una ricca eredità, per cui gradualmente lascerà ad altri la cura dei pazienti per dedicarsi liberamente ai suoi studi.<br /><br />Le sue ricerche spaziano in moltissimi campi: porta il nome di "modulo di Young" un coefficiente usato nello studio della deformazione dei materiali; compie importanti studi riguardo la capillarità e la tensione superficiale dei liquidi; in particolare è il primo ad usare il termine <i>energia </i>nel senso che gli diamo oggi, ma... non avevamo detto che era un medico? Beh, in effetti si era laureato anche in fisica a Gottinga, chissà se per l'occasione avrà imparato anche il tedesco!<br /><br />A proposito di medicina, e in particolare di fisiologia, già nel 1793 riesce a spiegare, a seguito di esperimenti originali da lui compiuti, che la messa a fuoco nell'occhio dipende dalla variazione di curvatura della superficie interna del cristallino. Nel 1801 pubblica le sue ricerche secondo le quali l'elemento sensibile dell'occhio sarebbe la retina, non il cristallino come molti credevano; inoltre che la percezione dei colori sarebbe dovuta a "solo" tre tipi diversi di terminazioni nervose sensibili al rosso, al verde e al blu... e tutto questo, ancora prima di aver compiuto trent'anni.<br /><br />In quegli stessi anni si occupa anche di ricerche sulla luce... ma prima devo spiegare cosa ci stia a fare qui sopra, assieme al suo ritratto, quel testo scritto in caratteri antichi: si tratta di una sezione della celeberrima Stele di Rosetta, la pietra "trilingue" che ha consentito di decifrare, dopo enormi sforzi, le due scritture egizie (geroglifico e demotico) a partire da un testo greco (il greco non compare nella foto). <br /><br />Ebbene, il primo a capirci qualcosa... fu proprio il nostro Thomas Young, contribuendo alla fondamentale scoperta che si tratta di due scritture basate su <i>fonogrammi</i> (a ogni segno corrisponde un suono, come negli alfabeti moderni), invece che su <i>semagrammi</i> (a ogni simbolo corrisponde un concetto), come ritenuto da tutti coloro che avevano studiato le scritture egizie fino ad allora.<br /><br />Per finire con gli aneddoti biografici: nel suo articolo "Lingue", scritto per la Encyclopaedia Britannica, Young mette a confronto grammatica e vocabolario di QUATTROCENTO lingue... ebbene sì, credo proprio che il tedesco lo avesse imparato! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="400"></a><b>Esperimento della doppia fenditura</b><br /><br />Nel corso dei suoi studi sulla fisiologia dell'occhio, Young non può non interrogarsi sulla natura della luce, e va convincendosi che si tratti di un fenomeno ondulatorio. Evidentemente conosce bene il fenomeno dell'interferenza, infatti prova a verificare se anche la luce produca fenomeni di interferenza.<br /><br />Per quanto la luce abbia una lunghezza d'onda piccolissima (inferiore al millesimo di millimetro), e quindi apparentemente sia molto difficile da maneggiare, l'esperimento è più facile da realizzare di quanto sembri. Infatti l'interferenza delle onde ha la proprietà per cui, allontanandosi dalla doppia fenditura, le zone di rafforzamento o di elisione delle onde diventano sempre più ampie; le linee nella figura che segue sono tracciate in corrispondenza dei punti sui quali non si generano onde:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4752826880/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4142/4752826880_f99313192d_o.png" width="500" height="500" alt="Interferenza: zeri" /></a><br /><br />Ho provato a realizzare l'esperimento per conto mio usando un piccolo puntatore laser (<b>ATTENZIONE</b>: se decideste di replicare l'esperimento, non dirigete mai la luce del puntatore direttamente negli occhi, né vostri né altrui):<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4739024282/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4137/4739024282_f0173e9b28.jpg" width="500" height="500" alt="Interferenza" /></a><br /><br />In alto a sinistra si vede un cartoncino che funge da schermo, che ha due piccolissimi fori praticati mediante uno spillo. Il puntatore laser illumina i due fori per proiettare un doppio fascio di luce su un foglio a quadretti posizionato a circa cinque metri di distanza (anche se non si vedono bene, i quadretti hanno più o meno le stesse dimensioni in tutti e quattro gli scatti). Ecco i risultati dell'esperimento:<br /><br />— In alto a destra si vede la proiezione del raggio laser così com'è, senza schermo interposto. <br /><br />— In basso a sinistra si vede la proiezione del raggio laser che passa attraverso uno solo dei fori nel cartoncino: il disco di luce è più ampio ma ha un'intensità ridotta, ed intorno ad esso è visibile qualche anello di diffrazione. <br /><br />— In basso a destra il raggio laser passa attraverso i due forellini: si vede comparire chiaramente la frangia d'interferenza. Insomma: è proprio vero che nelle condizioni giuste luce più luce fa buio!<br /><br />Ovviamente Young non dispone di un raggio laser, ma riesce a notare qualcosa di sorprendente anche con la semplice luce solare. La quale, come sappiamo, è una mescolanza di colori, ciascuno associato ad una diversa lunghezza d'onda: Young infatti non vede zone di chiaro-scuro (quelle si vedono solo con una sorgente di luce monocromatica), ma frange variamente colorate.<br /><br />Nel 1802 pubblica sulle <i>Philosophical Transactions</i> della Royal Society un articolo dal titolo "Resoconto di alcuni casi di produzione dei colori non ancora descritti" in cui descrive questa e altre esperienze, che spiega in base alla teoria ondulatoria. Ma nell'immediato questo suo articolo non ottiene grandi riconoscimenti: da un lato è scritto in modo non molto chiaro, utilizzando un approccio matematico piuttosto elementare (quindi viene un po' snobbato dagli altri scienziati); ma soprattutto...<br /><br />... Young si macchia del delitto di "lesa maestà"! Infatti sostenendo la teoria ondulatoria della luce va contro l'opinione di Newton, e questa è una cosa che il mondo scientifico inglese non può assolutamente tollerare, soprattutto se a farlo è proprio un inglese! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="500"></a><b>Leggi di Fresnel</b><br /><br />Il testimone quindi "attraversa" la Manica... e viene preso in consegna dai francesi, come il Malus di cui abbiamo parlato a proposito della <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/birifrangenza-e-polarizzazione.html">polarizzazione</a>. Il personaggio più importante in questa fase fu Augustin-Jean Fresnel (quello delle "lenti di Fresnel", 1788-1827): nel corso di molti anni elabora le formule che spiegano tutti i fenomeni di riflessione, rifrazione, interferenza, diffrazione. lo studio della luce polarizzata lo porta dopo molte incertezze ad accettare una luce composta di onde trasversali, sostenendo l'ipotesi più difficile da digerire per quanto riguarda la propagazione della luce.<br /><br />Infatti quando Fresnel presenta i suoi studi all'Accademia delle Scienze di Parigi, tra il 1815 ed il 1819, suscita le immediate proteste di personaggi del calibro di Pierre Simon Laplace e di Siméon-Denis Poisson, sostenitori della teoria corpuscolare. <br /><br />In particolare Poisson studia i lavori di Fresnel nella speranza di trovarci qualche punto debole, e a un certo punto è sicuro di averlo trovato: secondo le formule di Fresnel, se un fascio di luce investe uno schermo circolare, al di là dell'ostacolo, lungo l'asse che congiunge la sorgente di luce e il centro dello schermo, dovrebbe comparire un raggio di luce; il che secondo Poisson evidentemente è impossibile.<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4754743920/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4143/4754743920_a1833e30b4.jpg" width="500" height="173" alt="Macchia di Poisson" /></a><br /><br />La verifica viene fatta immediatamente, e il risultato è che questo raggio di luce si "materializza" davvero! La spiegazione sta nel fatto che al momento che la luce generata in A raggiunge lo schermo B, dal bordo di B si irradiano le onde che generano i normali fenomeni di diffrazione. Quindi tutti i punti che si trovano lungo l'asse che si prolunga oltre il centro dello schermo saranno equidistanti dal bordo dello schermo stesso, e riceveranno le onde diffratte perfettamente in fase, sommandosi. <br /><br />Ho realizzato una simulazione di questo fenomeno, modificando il mio <a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4647214600/comment72157624065353277/">programma delle onde</a> in modo da fare i calcoli su una matrice a tre dimensioni. Dopo circa sei ore di calcoli, il computer ha fornito questo risultato:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4752212181/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4116/4752212181_0825883940_o.gif" width="500" height="300" alt="Macchia di Poisson" /></a><br /><br />In realtà questo fenomeno era già stato descritto nel 1723 da Giacomo Filippo Maraldi (1665-1729), ma la sua osservazione fu per lo più ignorata, fino ad essere riscoperta nell'occasioe che ho raccontato più sopra. Per ironia della sorte, oggi questo fenomeno è noto come "Macchia di Poisson".<br /><br />In compenso prende il nome di "Diffrazione di Fresnel" il fenomeno complementare: se invece di investire un ostacolo circolare il fascio di luce viene fatto passare in mezzo ad un'apertura rotonda, poco al di là dell'apertura si viene a creare un "punto nero", una zona in cui la luce proveniente direttamente dalla sorgente luminosa e le onde diffratte dal bordo dello schermo si elidono completamente. Ecco qui un'altra simulazione (altre sei ore di calcolo per il mio povero computer); il "punto nero" è evidenziato dal rettangolo rosso alla fine dell'animazione:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4772248000/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4114/4772248000_1e2abf32a2_o.gif" width="500" height="300" alt="Diffrazione di Fresnel" /></a><br /><br />Con questa storia abbiamo assistito a uno dei casi più straordinari di applicazione del "metodo scientifico": una massa di indizi (i fenomeni della luce), che consentono di elaborare leggi matematiche (le leggi di Fresnel), che consentono di prevedere un fenomeno mai osservato prima (la macchia di Poisson), che supera la prova sperimentale: a me sembra una cosa davvero straordinaria! E anche Fresnel doveva essere dello stesso parere, infatti scrive:<blockquote><i>Tutti i complimenti che ho ricevuto [...] non mi hanno mai fatto così tanto piacere come la scoperta di una verità teoretica, o la conferma di un calcolo dall'esperimento</i></blockquote><br /> <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="900"></a><b>Dettagli sulla simulazione della grandine</b><br /><br />Tutti i testi che si occupano di interferenza fanno il confronto fra il comportamento delle particelle o delle onde che passano attraverso buchi o fessure, ma molto spesso sostituiscono alla parola "particelle" la parola "proiettili".<br /><br />Inizialmente pensavo di parlare anch'io di proiettili, poi mi è venuto in mente che la grandine poteva essere un miglior espediente narrativo. La sostanza comunque non cambiava.<br /><br />La faccenda del proiettile (o grandine) mi ha portato fuori strada nello scrivere il programma di simulazione, per almeno due ordini di motivi: il primo è che il buco nel tetto deve avere esattamente lo stesso diametro dei chicchi di grandine.<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4760081186/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4098/4760081186_164c175fd7_m.jpg" width="240" height="144" alt="Simulazione 1" /></a><br /><br />Infatti provando con un buco più grande, le probabilità che i chicchi passino in mezzo al buco, senza toccarne il bordo, sono nettamente superiori a qualsiasi altro percorso che comprenda un urto con il bordo stesso. Con un buco più grande il risultato sarebbe questo:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4760081058/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4139/4760081058_3453a3ccf4_o.png" width="500" height="250" alt="Grandine, buco grande" /></a><br /><br />Il secondo problema riguarda il calcolo dell'angolo di deviazione del chicco di grandine dopo l'urto. Infatti ho scritto un programma che riproduceva le normali leggi fisiche relative agli urti elastici fra corpi rigidi:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4759447203/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4118/4759447203_49bec42591.jpg" width="500" height="300" alt="Simulazione 2" /></a><br /><br />Il chicco di grandine scende in direzione verticale, e un punto della sua circonferenza (il cui moto è indicato dalla freccia verde) colliderà con lo spigolo del buco nel tetto (linee rosse). Al momento dell'urto il chicco riceve una spinta orientata secondo il raggio indicato in nero (è il raggio che congiunge il punto di impatto con il centro del chicco), e in pratica è come se avvenisse un rimbalzo del chicco sulla linea gialla, perpendicolare al raggio nero. Come conseguenza dell'urto, la traiettoria del chicco di grandine viene deviato in modo che l'angolo β sia uguale all'angolo α.<br /><br />Eseguendo il programma di simulazione mi sono sorpreso molto nel vedere risultati come questo:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4759447035/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4094/4759447035_542cd01723_o.png" width="500" height="250" alt="Grandine, rimbalzo" /></a><br /><br />Le sezioni laterali della curva sono molto simili a quelle che abbiamo visto sopra, nella spiegazione dell'interferenza; ma guardando la zona centrale salta fuori che le probabilità di trovare chicchi di grandine proprio sotto al buco nel tetto sono praticamente nulle! <br /><br />Questo è un fenomeno che mi sarei dovuto aspettare... invece ho perso diverse ore a cercare il "baco" nel programma. L'origine di questo inaspettato comportamento dei chicchi di grandine può essere compreso con lo schema che segue:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4760081308/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4094/4760081308_5f790eab44.jpg" width="500" height="400" alt="Simulazione 3" /></a><br /><br />Affinché l'angolo β sia molto stretto, la distanza orizzontale <i>d</i> fra il margine sinistro del chicco e il bordo dello spigolo (vedi anche l'ingrandimento sulla destra) deve essere ridottissima; quindi le probabilità che il chicco di grandine sfiori il bordo del buco così di striscio da non essere quasi deviato nella sua traiettoria sono praticamente nulle: per chi mastica un po' di trigonometria, il problema risiede nell'elevatissima sensibilità della funzione arcoseno per angoli vicini ai 90°.<br /><br /><br />Alla fine ho optato per un altro genere di simulazione: non un urto elastico fra due corpi rigidi, ma una repulsione di tipo "quadratico inverso", analoga a quella che si ha fra cariche elettriche o poli magnetici dello stesso segno.<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4759447089/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4073/4759447089_09a5996557.jpg" width="500" height="300" alt="Simulazione 4" /></a><br /><br />Durante la sua caduta, l'oggetto <i>c</i> viene respinto da entrambi i poli <i>a</i> e <i>b</i> che sono idealmente posizionati ai lati del buco nel tetto. Le forze dipendono dall'inverso del quadrato delle distanze: siccome la distanza <i>ac</i> è minore della <i>bc</i>, l'oggetto <i>c</i> è spinto a destra dal polo <i>a</i> più di quanto lo sia verso sinistra dal polo <i>b</i>, quindi devia verso destra (freccia viola).<br /><br />I risultati ottenuti, come quelli che ho mostrato parlando dell'interferenza, sono esattamente quelli che si vedono nei testi scientifici. Le mie simulazioni non rispecchiano quindi il comportamento della grandine, che come dicevo è stata scelta come espediente narrativo per rendere facilmente comprensibili i fenomeni; d'altra parte il metodo di calcolo che ho adottato rispecchia fedelmente il comportamento di altri fenomeni fisici, maggiormente appropriati allo studio dell'interferenza, ma che sarebbero stati più complicati da descrivere. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><i>Prossimo capitolo: <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/arcobaleno.html">L'arcobaleno</a></i>aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-29760840164492467852010-07-15T10:58:00.008+02:002010-07-15T13:53:23.913+02:00Ottica: Birifrangenza e Polarizzazione<a name="index"></a><b>Sommario:</b><br /><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/ottica-unesposizione-informale.html">+ Introduzione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/riflessione.html">+ Riflessione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/rifrazione.html">+ Rifrazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/diffrazione.html">+ Diffrazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/diffrazione.html">+ Cannocchiale e Aberrazione sferica</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/dispersione.html">+ Dispersione e Telesopio di Newton</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/etere-luminifero.html">+ Etere Luminifero</a><br /><a href="#100">– Birifrangenza e Polarizzazione</a><br /> <i><a href="#100">Lo Spato d'Islanda</a></i><br /> <i><a href="#200">Newton e Huygens</a></i><br /> <i><a href="#300">La Polarizzazione della Luce</a></i><br /> <i><a href="#400">Onde Longitudinali e Trasversali</a></i><br /> <i><a href="#500">Étienne-Louis Malus</a></i><br /> <i><a href="#600">Esperimenti fatti in casa</a></i><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/interferenza.html">+ Interferenza</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/arcobaleno.html">+ L'arcobaleno</a><br /><br /><a name="100"></a><b>Lo Spato d'Islanda</b><br /><br />Nei capitoli precedenti abbiamo lasciato Newton e Huygens a becchettarsi sulle diverse interpretazioni dei raggi di luce. Erano corpuscoli, come sosteneva Newton, oppure onde, secondo il pensiero di Huygens?<br /><br />Anno 1669: colpo di scena. Il medico danese Rasmus Bartholin (1625-1698) osserva uno strano minerale: un tipo di calcite, chiamato anche Spato Vetrino, o Spato d'Islanda (quello della foto in alto). Bartholin nota che gli oggetti osservati attraverso questo materiale appaiono sdoppiati, come se questa calcite fosse capace di esibire contemporaneamente due indici di rifrazione diversi; da qui il nome di questo strano fenomeno: <br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4578259991/" title="Ci vedo doppio! di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4025/4578259991_9df8fbca28.jpg" width="500" height="432" alt="Ci vedo doppio!" /></a><br /><br />In questa foto il cristallo è appoggiato su un foglio bianco che porta stampata la parola CALCITE con caratteri semplici; il fatto che la scritta risulti doppia, sfalsata in verticale, è conseguenza di un comportamento davvero eccezionale di questo materiale (e pochi altri) assolutamente naturale: la <i>birifrangenza</i>.<br /><br />Vediamo cosa succede a un raggio di luce (indicato in viola, proveniente da sinistra) che attraversa un cristallo di Spato d'Islanda, perfettamente lucidato e con le facce parallele fra loro. <br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4732747241/"><img src="http://farm2.static.flickr.com/1323/4732747241_fb95b4b93c.jpg" width="500" height="250" alt="Birifrangenza 1" /></a><br /><br />Secondo la legge di rifrazione, un raggio di luce che arrivi sul cristallo in direzione perfettamente perpendicolare alla sua superficie non deve deviare, né la cosa deve accadere all'uscita del cristallo stesso: nell'immagine qui sopra tale raggio è indicato in rosso, e viene chiamato "raggio ordinario". Il cristallo però esibisce un fenomeno aggiuntivo: all'interno del cristallo, una parte della luce (il cosiddetto "raggio straordinario") segue un percorso diverso, in modo da fuoriuscire da un punto diverso. All'uscita dal cristallo i due raggi proseguono paralleli fra loro... ma cosa mai può essere accaduto all'interno del cristallo affinché il raggio in entrata si sia diviso in due? <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="200"></a><b>Newton e Huygens</b><br /><br />Immediatamente iniziano i tentavi di spiegare il fenomeno: per Newton la causa sta nei <i>suoi</i> corpuscoli, che potrebbero avere qualche asimmetria nella loro struttura. Huygens dal canto suo è convinto di riuscire a spiegare il fenomeno grazie alle <i>sue</i> onde longitudinali, ma un bel giorno...<br /><br />... proprio Huygens esegue un esperimento che lo farà capitolare. Egli prende due cristalli e li allinea in modo che ciascuno di essi faccia deviare il raggio straordinario esattamente nella stessa direzione. Poi fa passare un raggio di luce attraverso i due cristalli... cosa succederà adesso?<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4733448204/"><img src="http://farm2.static.flickr.com/1329/4733448204_6198740b0d.jpg" width="500" height="250" alt="Birifrangenza 3" /></a><br /><br />Huygens è convinto che ciascuno dei due raggi uscenti dal primo cristallo abbia la stessa natura del raggio di luce entrante, ovvero un fascio di onde longitudinali. Si aspetta quindi che nel passare dal secondo cristallo i due raggi diventino quattro, o qualcosa del genere... ma siccome il risultato dell'esperimento è confuso, per capire meglio cosa sta succedendo oscura uno dei raggi per volta.<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4733391280/"><img src="http://farm2.static.flickr.com/1017/4733391280_84736ea679.jpg" width="500" height="250" alt="Birifrangenza 2" /></a><br /><br />Con grande sorpresa Huygens vede che, come mostrato in figura, il raggio straordinario non si divide assolutamente ma subisce una seconda rifrazione straordinaria; se invece lascia transitare soltanto il raggio ordinario, questo prosegue in linea retta (secondo la normale legge di rifrazione) attraverso entrambi i cristalli.<br /><br />Lo stupore di Huygens deriva dal fatto che le onde evidentemente "conservano" memoria del percorso già compiuto; insomma hanno un qualche attributo che consente loro di comportarsi in modi diversi nel caso che abbiano già attraversato un cristallo oppure non lo abbiano ancora fatto... e questo attributo le onde longitudinali non ce l'hanno proprio. Newton dirà infatti che la luce "ha lati"... cosa che però non costituisce una spiegazione compiuta dei fenomeni, infatti neanche Newton ha idee molto chiare in proposito.<br /><br />Ricordo che in questo primo esperimento Huygens ha orientato i cristalli nella stessa direzione "ottica". Ruotando i cristalli l'uno rispetto all'altro, egli ottiene una casistica assai complessa di risultati per cui a un certo punto dichiarerà <blockquote><i>di non essere in grado di individuarne le cause. Ma per questa ragione di non desistere dal descriverli con lo scopo di dare ad altri l'opportunità di indagarli.</i></blockquote><br />Per andare avanti nella comprensione di questi fenomeni si dovrà aspettare più di un secolo; in questo lasso di tempo la scena sarà dominata dalle teorie corpuscolari di Newton (più per l'importanza del personaggio che per ragioni scientifiche) in quanto non era stata ancora trovata nessuna prova decisiva. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="300"></a><b>La Polarizzazione della Luce</b><br /><br />Nel 1808 viene fatta, in modo più o meno casuale, un'importante scoperta: l'ufficiale francese (ma anche ingegnere, fisico, e matematico, 1775-1812) Étienne-Louis Malus sta "giocando" con un cristallo di calcite, quando si accorge che uno dei raggi... è sparito! Girando il cristallo, vede attenuarsi questo raggio e "accendersi" l'altro finché il primo si spegne e il secondo raggiunge la massima intensità. <br /><br />Lì per lì pensa a un cristallo "difettoso", ma poi gli viene il sospetto che il fenomeno possa dipendere dalla luce che lo attraversa: infatti non sta usando la luce del sole diretta, bensì un fascio di luce riflesso da una finestra. Allora ripete gli esperimenti con la luce solare diretta: il cristallo in questo caso funziona normalmente, con i due raggi sempre visibili, di cui quello straordinario che "ruota" normalmente assieme al cristallo.<br /><br />Malus aveva scoperto un nuovo fenomeno: la <i>polarizzazione </i>della luce a causa della sua riflessione. Malus era un convinto sostenitore della teoria ondulatoria di Huygens. Nel fare i suoi esperimenti però accumula sempre più indizi che gli fanno pensare che non si tratti di onde longitudinali, come credeva Huygens, bensì trasversali. Ma cos'hanno mai di diverso questi due tipi di onde? <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="400"></a><b>Onde Longitudinali e Trasversali</b><br /><br />Immaginiamo di far oscillare sul piano verticale una corda come quelle che usano i bambini per saltare. Se la corda passa attraverso due tavole di una staccionata, l'onda si propaga senza alcun problema:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4713081871/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4054/4713081871_3537d50a70_o.gif" width="500" height="106" alt="Polarizzazione 1" /></a><br /><br />mentre se la corda passa attraverso una fessura orizzontale, l'onda non riesce a superare l'ostacolo:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4713720364/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4063/4713720364_9116b08cc9_o.gif" width="500" height="106" alt="Polarizzazione 2" /></a><br /><br />La corda che oscilla come mostrato in queste due animazioni si muove secondo un moto ondulatorio trasversale; nelle onde longitudinali invece questo fenomeno di "arresto" non si verifica:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4735163054/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4141/4735163054_9b9060fae2_o.gif" width="500" height="106" alt="Onde longitudinali, non polarizzate" /></a><br /><br />Vediamo ora cosa succede se le onde non sono né orizzontali né verticali, ovvero se non sono né allineate né perpendicolari alla fessura che funge da ostacolo:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4734695153/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4122/4734695153_bb19c6ee26_o.gif" width="500" height="100" alt="Scomposizione onde trasversali" /></a><br /><br />Ogni onda può sempre essere scomposta in due "proiezioni" ortogonali fra loro. Nel quadrante di sinistra si vede in viola l'orientamento del piano sul quale si propaga l'onda luminosa, e le proiezioni di questo sul piano orizzontale (blu) e verticale (rosso). Sulla destra si vede lo sviluppo dell'onda originale (viola) e le sue scomposizioni (rossa e blu); la somma di queste due onde dà come risultato esattamente l'onda originale, quindi le due rappresentazioni di questo raggio di luce sono assolutamente equivalenti. Nell'ultima sezione di destra si vede transitare solo la componente verticale dell'onda, come se in quel punto fosse stata applicata la "staccionata" verticale (ovvero un filtro polarizzatore adeguatamente orientato).<br /><br />Ovviamente il Sole ci invia raggi luminosi, diciamo così, "alla rinfusa", cioè orientati secondo qualsiasi piano di oscillazione trasversale. Per semplificare i calcoli si scompone ogni raggio nelle sue componenti verticale e orizzontale:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4734723817/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4140/4734723817_d88f1ce85d_o.gif" width="500" height="100" alt="Scomposizione ricomposizione onde" /></a><br /><br />a sinistra, in viola, si vede un certo numero di onde variamente orientate; nella parte centrale la loro scomposizione; a destra il risultato ottenuto totalizzando le componenti orizzontale e verticale delle onde incidenti. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="500"></a><b>Étienne-Louis Malus</b><br /><br />Torniamo adesso al lavoro di Malus. A seguito della sua scoperta inizia a studiare gli effetti di rifrazione e riflessione della luce polarizzata, ovvero di luce composta solo da onde che giacciono su un unico piano per volta. Le leggi di Snell che descrivono gli angoli di riflessione e rifrazione (ordinaria) rimangono sempre valide, indipendentemente dall'angolo di polarizzazione della luce incidente. Ciò che cambia sono le intensità: la luce che incide su un materiale trasparente viene in parte riflessa e in parte rifratta, ma queste proporzioni variano al variare della polarizzazione della luce.<br /><br />Nel 1810 Malus pubblica le sue scoperte, in cui descrive il comportamento della riflessione e rifrazione su diversi materiali tenendo conto di questo nuovo concetto delle onde polarizzate. I suoi risultati sono corretti per quanto riguarda l'acqua, ma non per il vetro; ma non per colpa sua: a quei tempi il vetro non veniva ancora prodotto con le necessarie caratteristiche di precisione ottica (in particolare, molte lastre di vetro dell'epoca esibivano un diverso coefficiente di rifrazione sulle superfici rispetto al loro interno).<br /><br />Il testimone passerà ad altri eminenti personaggi, di cui parlerò nella prossima puntata. Resta comunque aperta la questione di fondo: di cosa è fatta la luce? Corpuscoli od onde? Gli scienziati erano ancora convinti di poter spiegare tutto in base ai corpuscoli, poiché ormai era chiaro che fosse impossibile farlo con le onde longitudinali. D'altra parte le onde trasversali ponevano una quantità di problemi teorici, a partire dal mezzo in cui si propagano. Come già accennato nella puntata precedente, il cosiddetto "etere luminifero", per consentire alle onde trasversali di viaggiare alla velocità della luce, avrebbe dovuto essere più rigido dell'acciaio; ma questo etere non rivelava la propria presenza in nessun tipo di esperimento scientifico a parte di quelli ottici. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="600"></a><b>Esperimenti fatti in casa</b><br /><br />Materiale occorrente: <br /><br />— un cristallo di spato d'Islanda. Si trova nei negozi di minerali, costa intorno alla decina di euro.<br /><br />— un filtro polarizzatore per macchina fotografica.<br /><br />— un puntatore laser. Non lo vendono più come giocattolo, ma lo si trova nei negozi di articoli per ufficio; se ne trovano al prezzo di un'altra decina di euro. <br /><b>Attenzione: non puntare mai </b>il laser direttamente negli occhi, né propri né altrui!<br /><br />Il primo esperimento consiste nel sistemare il cristallo di calcite su una scritta stampata, ottenendo un effetto di sdoppiamento simile a quello di cui ho parlato qui sopra. Sovrapponendo il filtro polarizzatore al cristallo, e facendolo ruotare, si vede un effetto di questo genere:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4590674279/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4020/4590674279_1293fa0e4c_o.gif" width="500" height="431" alt="Calcite e Polarizzatore" /></a><br /><br />La luce che illumina la scritta passa attraverso il cristallo dividendosi in due fasci a diverse polarizzazioni, ortogonali fra loro. Il filtro consente di vederne uno solo per volta, quando l'allineamento fra il piano di polarizzazione di uno dei fasci e il filtro sono perfettamente coincidenti, oppure entrambi i fasci quando il filtro è ruotato in una posizione intermedia fra gli angoli di polarizzazione dei due fasci di luce.<br /><br /><br />Secondo esperimento: invece di sfruttare la luce ambientale, usiamo un raggio laser in una stanza buia. Per fare le foto che seguono ho sistemato le cose in questo modo:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4707148366/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4044/4707148366_87b5b3c394.jpg" width="500" height="157" alt="Calcite 1" /></a><br /><br />Il raggio di luce generato dal puntatore laser A viene fatto passare attraverso il filtro polarizzatore B; poi, attraverso la maschera C dotata di un piccolo foro circolare (l'uscita del mio raggio laser non è perfettamente puntiforme, e ha bisogno di essere "ritagliato"), raggiunge il cristallo D per proiettarsi sullo schermo E. <i>(Ringrazio la signora aldoaldoz per avermi concesso in prestito d'uso le mollette da bucato, indispensabili per tenere acceso il puntatore laser e per tenere al loro posto tutti gli oggetti mostrati nella fotografia).</i><br /><br />Ecco il risultato dell'esperimento:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4706507989/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4064/4706507989_bd4988ff82.jpg" width="500" height="267" alt="Calcite 2" /></a><br /><br />In basso tre foto della luce proiettata sullo schermo, fatte con un diverso orientamento del filtro polarizzatore; in alto, il cristallo fotografato durante l'esperimento: si vede qualche alone di luce rossa, dovuto a fenomeni di diffrazione che si manifestano sulle superfici del cristallo. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><i>Prossimo capitolo: <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/interferenza.html">Interferenza</a></i>aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8099131366266196323.post-2134039300722260042010-07-15T10:19:00.009+02:002010-07-26T09:14:48.136+02:00Ottica: Etere Luminifero<a name="index"></a><b>Sommario:</b><br /><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/ottica-unesposizione-informale.html">+ Introduzione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/riflessione.html">+ Riflessione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/rifrazione.html">+ Rifrazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/diffrazione.html">+ Diffrazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/diffrazione.html">+ Cannocchiale e Aberrazione sferica</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/dispersione.html">+ Dispersione e Telesopio di Newton</a><br /><a href="#100">– Etere Luminifero</a><br /> <i><a href="#100">Il vuoto</a></i><br /> <i><a href="#200">Il barometro di Torricelli</a></i><br /> <i><a href="#300">Otto von Guericke</a></i><br /> <i><a href="#400">Propagazione delle onde</a></i><br /> <i><a href="#500">Onde Longitudinali</a></i><br /> <i><a href="#600">Onde Trasversali</a></i><br /> <i><a href="#700">La Luce: onde o corpuscoli?</a></i><br /> <i><a href="#900">Fisica nel Vuoto</a></i><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/birifrangenza-e-polarizzazione.html">+ Birifrangenza e Polarizzazione</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/interferenza.html">+ Interferenza</a><br /><a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/arcobaleno.html">+ L'arcobaleno</a><br /><br /><a name="100"></a><b>Il vuoto</b><br /><br />Il vuoto è qualcosa che ha incuriosito i "filosofi della natura" fin dalla più remota antichità... e non è che gli scienziati di oggi ne sappiano proprio tutto tutto tutto! (leggete <a href="#900">qui sotto</a> per qualche considerazione aggiuntiva sul vuoto, anche se un po' fuori tema).<br /><br />Il personaggio forse più notevole della Grecia antica è Democrito, proprio quello che già aveva immaginato gli atomi. Ebbene, per lui questi si spostavano liberamente nel <i>vuoto</i>, muovendosi di moto rettilineo uniforme fino a quando non andavano ad urtare altri atomi (con questo anticipava di quasi duemila anni il moderno principio d'inerzia).<br /><br />Purtroppo la teoria di Democrito fu eclissata da quel <i>mostro sacro</i> di Aristotele. Secondo il quale il moto dei corpi era dovuto non alla propria inerzia, o come si direbbe oggi alla sua <i>quantità di moto</i>; piuttosto la causa del movimento dei corpi era nel "mezzo" in cui essi si muovevano: secondo Aristotele un proiettile, una volta scagliato, proseguirebbe nel moto perché spinto dall'aria che continuamente si precipita ad occupare il vuoto lasciato dal proiettile al suo passaggio.<br /><br />Secondo Aristotele, inoltre, la velocità dei corpi era inversamente proporzionale alla densità del mezzo che attraversavano, per esempio più veloci nell'aria che nell'acqua. Conclusione: il vuoto, al quale ovviamente corrisponde una densità nulla, avrebbe significato velocità infinita; il che era impossibile. Da qui la convinzione aristotelica dell'impossibilità del vuoto : <i>"Natura abhorret a vacuo&!"</i><br /><br />L'argomento del vuoto fu affrontato anche nel mondo arabo, da due dei più noti personaggi dei secoli XI e XII secolo: Avicenna, che in qualche modo riprendeva le idee di Democrito; e Averroè che, avendo scritto numerosi commenti sulle opere di Aristotele, più o meno ne ricalcava le posizioni. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="200"></a><b>Il barometro di Torricelli</b><br /><br />Come si sa le idee di Aristotele pervasero la storia della scienza fino a tutto il XVI secolo. Persino Galileo aveva problemi ad ammettere il vuoto, mentre Cartesio, ancora nel 1644, nei suoi <i>Principia Philosophiae</i> sosteneva l'inesistenza del vuoto. Ma in quello stesso anno Evangelista Torricelli, collaboratore di Galileo, fece il celeberrimo esperimento con cui inventò il barometro:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4713872004/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4065/4713872004_fde67d4493_m.jpg" width="240" height="240" alt="Barometro di Torricelli" /></a> <a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4714031744/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4049/4714031744_ec81f645de_m.jpg" width="193" height="240" alt="Barometro di Torricelli" /></a><br /><br />Torricelli riempì con del mercurio un tubo di vetro lungo circa un metro e sigillato a un'estremità, poi lo capovolse in modo che l'imboccatura si immergesse in una bacinella contenente lo stesso materiale. Il risultato è noto: il livello del mercurio nella provetta scende fino a portare in equilibrio le forze dovute alla pressione atmosferica (A) e al peso del mercurio (Hg). La grande novità era... il volume della provetta in alto, non più riempito da mercurio: che cosa ci poteva esserci lì dentro? Assolutamente niente... ecco, lì era stato creato il vuoto! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="300"></a><b>Otto von Guericke</b><br /><br />L'esperimento di Torricelli fece il giro d'Europa in brevissimo tempo, anche perché era una esperienza relativamente facile da replicare. E qui entra in gioco un altro personaggio notevole, Otto von Guericke (1602-1686): fu un politico, giurista e scienziato tedesco, che nel 1650 inventò la prima pompa in grado di creare il vuoto (una specie di pompa da biciclette, ma con il funzionamento invertito).<br /><br />Von Guericke si rese subito conto delle enormi forze provocate dalla pressione atmosferica, e trovò un modo molto scenografico di dimostrarle:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4705981547/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4012/4705981547_498e97f8d0.jpg" width="500" height="343" alt="Emisferi di Magdeburgo" /></a><br /><br />Fece infatti costruire due semisfere in bronzo, le unì grazie a una guarnizione e produsse il vuoto al loro interno per mezzo della pompa che aveva inventato. Disposte otto coppie di cavalli, quattro per parte, non fu possibile separare le semisfere; ma poi, fatta rientrare l'aria all'interno, le due semisfere si separarono da sé!<br /><br />Von Guericke, oltre a mettere in atto questo e altri esperimenti, investigò le proprietà del vuoto: per esempio scoprì che una candela nel vuoto si spegne, e che gli animali non riescono a sopravviverci. Ma la scoperta cruciale dal punto di vista dell'ottica fu la seguente: <br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4706147071/" title="Sveglia... sotto Vuoto! di aldoaldoz, su Flickr"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4027/4706147071_a907afb2f6_m.jpg" width="240" height="240" alt="Sveglia... sotto Vuoto!" /></a><br /><br />con un esperimento simile a questa foto, si rese conto che la luce poteva attraversare il vuoto, ma il suono no; rumori generati all'interno di un contenitore in cui fosse generato il vuoto non si propagavano all'esterno. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="400"></a><b>Propagazione delle onde</b><br /><br />Certo ora sarebbe andare un po' troppo fuori tema se parlassi del suono... comunque qualche accenno lo considero necessario. <br /><br />Gli studi iniziano nell'antica Grecia, già a partire da Pitagora che studia i rapporti numerici fra le altezze delle note: Pitagora metterà poi questi rapporti in relazione con le grandezze delle sfere celesti, da cui la famosa "armonia delle sfere"! <br /><br />Il primo moderno ad occuparsene fu, manco a dirlo... Galileo Galilei, forse anche perché suo padre Vincenzo era un compositore e teorico musicale. Fra le altre cose, Galileo studiò le corde vibranti e riconobbe il legame fra altezza del suono e la sua frequenza. Nello stesso periodo, proprio quel <a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4571559089/">Marin Mersenne</a> che abbiamo incontrato al tempo della disputa fra Fermat e Cartesio a proposito della rifrazione della luce, misura la velocità del suono nell'aria. E il Von Guericke? Dopo avere scoperto che il suono non si propaga nel vuoto, scoprì che invece lo faceva molto bene sia nei liquidi che nei solidi.<br /><br />Per quanto riguarda la propagazione del suono, c'era la convinzione praticamente unanime sul fatto che si trattasse di onde; le quali si propagano sempre in un mezzo, qualunque esso sia... e proprio la scoperta che il suono non si propaga nel vuoto ne era un'ulteriore prova. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="500"></a><b>Onde longitudinali</b><br /><br />Eccoci a parlare di onde... ma cosa sono esattamente? Ne esistono di un solo tipo?<br /><br />Cominciamo dal caso più semplice: la propagazione del suono nell'aria. Ammettiamo che l'aria sia fatta da una serie di "bolle" che si sfiorano l'una con l'altra; causando un movimento nella prima bolla, tale movimento si propaga a quelle vicine:<br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4713720114/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4056/4713720114_0008933752_o.gif" width="500" height="100" alt="Onda lineare" /></a><br /><br />Questo è a grandi linee ciò che succede nella propagazione del suono nell'aria, in cui le onde si propagano in modo "longitudinale", cioè la perturbazione si propaga nella stessa direzione in cui si muovono le bolle stesse. <br /><br />A proposito della nostra fila di bolle però possiamo generare un altro tipo di movimento:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4713720204/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4013/4713720204_cd804fa593_o.gif" width="500" height="100" alt="Onda trasversale in aria" /></a><br /><br />Qui il movimento viene generato in direzione perpendicolare alla linea di propagazione che vogliamo studiare. La bassa viscosità dell'aria fa sì che questo movimento venga propagato di pochissimo alle bolle adiacenti, di fatto impedendo a questo tipo di perturbazione di propagarsi. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="600"></a><b>Onde trasversali</b><br /><br />Ma se invece dell'aria usiamo una barra metallica? Ebbene, tirando una martellata in senso longitudinale, la vibrazione si propaga più o meno come nell'aria. Se il colpo viene dato in senso trasversale alla barra metallica, si ottiene invece un effetto molto più significativo che nell'aria:<br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4713081817/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4021/4713081817_854e1a5676_o.gif" width="500" height="100" alt="Onda trasversale in un metallo" /></a><br /><br />La martellata data in questo modo genera un'onda "trasversale", cioè un'onda in cui la perturbazione si propaga in modo perpendicolare rispetto al movimento delle singole parti della barra di metallo. Detto in altre parole, i singoli pezzetti della barra oscillano sulla loro posizione verticale, mentre la perturbazione trasla da sinistra a destra, in orizzontale.<br /><br />Nei liquidi, e ancor più nei solidi, le onde longitudinali e trasversali coesistono senza problemi. E questo è proprio ciò che accade anche nei terremoti! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="700"></a><b>La Luce: onde o corpuscoli?</b><br /><br />Abbiamo parlato di vuoto, di onde che non si propagano nel vuoto, e che si muovono in modo longitudinale o trasversale a seconda del mezzo in cui si propagano... ora non resta che tornare a parlare della Luce. <br /><br />A questo punto le ipotesi sulla natura della luce sono ben tre:<br /><br />— La luce è costituita da corpuscoli (Newton), e questo ne giustifica la propagazione nel vuoto;<br /><br />— La luce è costituita da onde longitudinali (Huygens), il quale spiega in questo modo alcuni fenomeni come riflessione e rifrazione. Tali onde si propagherebbero in un "Etere Luminifero" che permea tutto l'universo: morbido quanto basta per non essere avvertito in altro modo, ma con altre caratteristiche "su misura" tali da giustificare la trasmissione della luce;<br /><br />— La luce è costituita da onde trasversali. Per il momento nessuno la considera un'ipotesi plausibile, perché questo tipo di onde richiederebbe un tipo di etere "solido": per giustificare la velocità di propagazione della luce, che ancora non era stata misurata ma che si sapeva comunque essere molto elevata, ci sarebbe voluto un etere più duro dell'acciaio, e al contempo "sottile" al punto da non essere avvertito. <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><a name="900"></a><b>La fisica del vuoto</b><br /><br />Questa sezione è un po' fuori tema, ma devo giustificare la mia frase impertinente, secondo cui i fisici non avrebbero ancora capito proprio tutto tutto del vuoto. Qui di seguito descrivo alcuni fatti che, per quanto apparentemente bizzarri e difficili da "digerire", sono stati davvero verificati!<br /><br />In nessun angolo dell'universo si può dire che esista uno spazio totalmente vuoto. Se anche non contenesse neanche un atomo, una certa regione di spazio sarebbe comunque attraversata da fotoni di luce, neutrini, campi gravitazionali, e chissà quante altre cose.<br /><br />Ammettiamo per ipotesi di riuscire a realizzare una camera a vuoto totalmente priva di materia al suo interno. Le pareti della camera a vuoto comunque emettono luce sotto forma di raggi infrarossi; allora si può dire che il vuoto ha una particolare temperatura, ovvero una certa quantità di energia: non possiamo ancora dire di aver ottenuto un vuoto perfetto.<br /><br />Ammettiamo allora di portare la camera a vuoto a una temperatura pari allo zero assoluto: in queste condizioni i fotoni non vengono più generati, quindi saremmo tentati di dire che abbiamo finalmente ottenuto uno spazio completamente vuoto, privo sia di particelle che di energia. Ma a causa del principio di indeterminazione di Heisenberg, l'energia <i>non può</i> non essere soggetta a fluttuazioni: ecco quindi un ribollire di coppie di particelle virtuali, che nascono e si annichiliscono in continuazione.<br /><br />Insomma il vuoto viene interpretato dalla meccanica quantistica come un equilibrio dinamico di particelle di materia e di antimateria in continua generazione e annichilazione. Ciascuna di queste particelle va interpretata secondo la dualità onda-particella... per cui ecco, proprio a proposito di onde, è giunto il momento di descrivere un fatto teorico (verificato dalle esperienze di laboratorio) veramente straordinario!<br /><br /> <br />In uno spazio vuoto di dimensioni infinite, qualsiasi particella, reale o virtuale che sia, può vibrare a qualsiasi lunghezza d'onda. Ma in uno spazio limitato, come in una camera a vuoto, le onde-particelle possono vibrare solo a lunghezze d'onda che siano multiple e sottomultiple della distanza fra le pareti. <br /><br />Immaginiamo allora la seguente situazione: all'interno della camera a vuoto poniamo una coppia di placche conduttrici, molto vicine fra loro. Le onde che si possono generare <i>fra</i> le placche (quindi in uno spazio stretto) sono soggette a maggiori vincoli rispetto a quelle che si generano in tutto il resto della camera a vuoto; in altre parole, sono molte di più le lunghezze d'onda consentite all'esterno delle placche che al loro interno: <br /><br /><a href="http://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4715965439/"><img src="http://farm5.static.flickr.com/4056/4715965439_0221b90100_o.png" width="500" height="300" alt="Effetto Casimir" /></a><br /><br />Questo vuol dire che la densità di energia all'esterno delle placche è superiore alla densità presente al loro interno, cosa che si traduce in una differenza <i>misurabile</i> di pressione: questo fenomeno ha il nome di "effetto Casimir", dal nome del fisico olandese Hendrik Casimir (1909-2000). <br /><br />Ricapitolando, se in una camera a vuoto mettiamo due placche sufficientemente vicine, si riesce a misurare una differenza di pressione fra l'interno e l'esterno delle placche stesse. Ma come può il <i>vuoto </i>generare una differenza di pressione fra un "dentro" e un "fuori" che sono in comunicazione fra loro? Misteri... della meccanica quantistica!<br /><br />Dell'effetto Casimir sono state fatte varie misurazioni sperimentali; ma date le difficoltà pratiche (dovute alle distanze fra le placche, che devono essere nell'ordine del millesimo di millimetro, e al bassissimo valore delle forze in gioco) la conferma definitiva non si è avuta prima del 1997: il Casimir ha quindi fatto in tempo a vedere confermata la sua teoria! <a href="#index" title="Ritorna al sommario" target="_self"><font color="blue"> <b>▲</b> </font></a><br /><br /><i>Prossimo capitolo: <a href="http://aldoaldoz.blogspot.com/2010/07/birifrangenza-e-polarizzazione.html">Birifrangenza e Polarizzazione</a></i>aldoaldozhttp://www.blogger.com/profile/06313320981732796063noreply@blogger.com0