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Ottica: Birifrangenza e Polarizzazione

Sommario:

+ Introduzione
+ Riflessione
+ Rifrazione
+ Diffrazione
+ Cannocchiale e Aberrazione sferica
+ Dispersione e Telesopio di Newton
+ Etere Luminifero
– Birifrangenza e Polarizzazione
      Lo Spato d'Islanda
      Newton e Huygens
      La Polarizzazione della Luce
      Onde Longitudinali e Trasversali
      Étienne-Louis Malus
      Esperimenti fatti in casa
+ Interferenza
+ L'arcobaleno

Lo Spato d'Islanda

Nei capitoli precedenti abbiamo lasciato Newton e Huygens a becchettarsi sulle diverse interpretazioni dei raggi di luce. Erano corpuscoli, come sosteneva Newton, oppure onde, secondo il pensiero di Huygens?

Anno 1669: colpo di scena. Il medico danese Rasmus Bartholin (1625-1698) osserva uno strano minerale: un tipo di calcite, chiamato anche Spato Vetrino, o Spato d'Islanda (quello della foto in alto). Bartholin nota che gli oggetti osservati attraverso questo materiale appaiono sdoppiati, come se questa calcite fosse capace di esibire contemporaneamente due indici di rifrazione diversi; da qui il nome di questo strano fenomeno:

Ci vedo doppio!

In questa foto il cristallo è appoggiato su un foglio bianco che porta stampata la parola CALCITE con caratteri semplici; il fatto che la scritta risulti doppia, sfalsata in verticale, è conseguenza di un comportamento davvero eccezionale di questo materiale (e pochi altri) assolutamente naturale: la birifrangenza.

Vediamo cosa succede a un raggio di luce (indicato in viola, proveniente da sinistra) che attraversa un cristallo di Spato d'Islanda, perfettamente lucidato e con le facce parallele fra loro.

Birifrangenza 1

Secondo la legge di rifrazione, un raggio di luce che arrivi sul cristallo in direzione perfettamente perpendicolare alla sua superficie non deve deviare, né la cosa deve accadere all'uscita del cristallo stesso: nell'immagine qui sopra tale raggio è indicato in rosso, e viene chiamato "raggio ordinario". Il cristallo però esibisce un fenomeno aggiuntivo: all'interno del cristallo, una parte della luce (il cosiddetto "raggio straordinario") segue un percorso diverso, in modo da fuoriuscire da un punto diverso. All'uscita dal cristallo i due raggi proseguono paralleli fra loro... ma cosa mai può essere accaduto all'interno del cristallo affinché il raggio in entrata si sia diviso in due?     

Newton e Huygens

Immediatamente iniziano i tentavi di spiegare il fenomeno: per Newton la causa sta nei suoi corpuscoli, che potrebbero avere qualche asimmetria nella loro struttura. Huygens dal canto suo è convinto di riuscire a spiegare il fenomeno grazie alle sue onde longitudinali, ma un bel giorno...

... proprio Huygens esegue un esperimento che lo farà capitolare. Egli prende due cristalli e li allinea in modo che ciascuno di essi faccia deviare il raggio straordinario esattamente nella stessa direzione. Poi fa passare un raggio di luce attraverso i due cristalli... cosa succederà adesso?

Birifrangenza 3

Huygens è convinto che ciascuno dei due raggi uscenti dal primo cristallo abbia la stessa natura del raggio di luce entrante, ovvero un fascio di onde longitudinali. Si aspetta quindi che nel passare dal secondo cristallo i due raggi diventino quattro, o qualcosa del genere... ma siccome il risultato dell'esperimento è confuso, per capire meglio cosa sta succedendo oscura uno dei raggi per volta.

Birifrangenza 2

Con grande sorpresa Huygens vede che, come mostrato in figura, il raggio straordinario non si divide assolutamente ma subisce una seconda rifrazione straordinaria; se invece lascia transitare soltanto il raggio ordinario, questo prosegue in linea retta (secondo la normale legge di rifrazione) attraverso entrambi i cristalli.

Lo stupore di Huygens deriva dal fatto che le onde evidentemente "conservano" memoria del percorso già compiuto; insomma hanno un qualche attributo che consente loro di comportarsi in modi diversi nel caso che abbiano già attraversato un cristallo oppure non lo abbiano ancora fatto... e questo attributo le onde longitudinali non ce l'hanno proprio. Newton dirà infatti che la luce "ha lati"... cosa che però non costituisce una spiegazione compiuta dei fenomeni, infatti neanche Newton ha idee molto chiare in proposito.

Ricordo che in questo primo esperimento Huygens ha orientato i cristalli nella stessa direzione "ottica". Ruotando i cristalli l'uno rispetto all'altro, egli ottiene una casistica assai complessa di risultati per cui a un certo punto dichiarerà
di non essere in grado di individuarne le cause. Ma per questa ragione di non desistere dal descriverli con lo scopo di dare ad altri l'opportunità di indagarli.

Per andare avanti nella comprensione di questi fenomeni si dovrà aspettare più di un secolo; in questo lasso di tempo la scena sarà dominata dalle teorie corpuscolari di Newton (più per l'importanza del personaggio che per ragioni scientifiche) in quanto non era stata ancora trovata nessuna prova decisiva.     

La Polarizzazione della Luce

Nel 1808 viene fatta, in modo più o meno casuale, un'importante scoperta: l'ufficiale francese (ma anche ingegnere, fisico, e matematico, 1775-1812) Étienne-Louis Malus sta "giocando" con un cristallo di calcite, quando si accorge che uno dei raggi... è sparito! Girando il cristallo, vede attenuarsi questo raggio e "accendersi" l'altro finché il primo si spegne e il secondo raggiunge la massima intensità.

Lì per lì pensa a un cristallo "difettoso", ma poi gli viene il sospetto che il fenomeno possa dipendere dalla luce che lo attraversa: infatti non sta usando la luce del sole diretta, bensì un fascio di luce riflesso da una finestra. Allora ripete gli esperimenti con la luce solare diretta: il cristallo in questo caso funziona normalmente, con i due raggi sempre visibili, di cui quello straordinario che "ruota" normalmente assieme al cristallo.

Malus aveva scoperto un nuovo fenomeno: la polarizzazione della luce a causa della sua riflessione. Malus era un convinto sostenitore della teoria ondulatoria di Huygens. Nel fare i suoi esperimenti però accumula sempre più indizi che gli fanno pensare che non si tratti di onde longitudinali, come credeva Huygens, bensì trasversali. Ma cos'hanno mai di diverso questi due tipi di onde?     

Onde Longitudinali e Trasversali

Immaginiamo di far oscillare sul piano verticale una corda come quelle che usano i bambini per saltare. Se la corda passa attraverso due tavole di una staccionata, l'onda si propaga senza alcun problema:

Polarizzazione 1

mentre se la corda passa attraverso una fessura orizzontale, l'onda non riesce a superare l'ostacolo:

Polarizzazione 2

La corda che oscilla come mostrato in queste due animazioni si muove secondo un moto ondulatorio trasversale; nelle onde longitudinali invece questo fenomeno di "arresto" non si verifica:

Onde longitudinali, non polarizzate

Vediamo ora cosa succede se le onde non sono né orizzontali né verticali, ovvero se non sono né allineate né perpendicolari alla fessura che funge da ostacolo:

Scomposizione onde trasversali

Ogni onda può sempre essere scomposta in due "proiezioni" ortogonali fra loro. Nel quadrante di sinistra si vede in viola l'orientamento del piano sul quale si propaga l'onda luminosa, e le proiezioni di questo sul piano orizzontale (blu) e verticale (rosso). Sulla destra si vede lo sviluppo dell'onda originale (viola) e le sue scomposizioni (rossa e blu); la somma di queste due onde dà come risultato esattamente l'onda originale, quindi le due rappresentazioni di questo raggio di luce sono assolutamente equivalenti. Nell'ultima sezione di destra si vede transitare solo la componente verticale dell'onda, come se in quel punto fosse stata applicata la "staccionata" verticale (ovvero un filtro polarizzatore adeguatamente orientato).

Ovviamente il Sole ci invia raggi luminosi, diciamo così, "alla rinfusa", cioè orientati secondo qualsiasi piano di oscillazione trasversale. Per semplificare i calcoli si scompone ogni raggio nelle sue componenti verticale e orizzontale:

Scomposizione ricomposizione onde

a sinistra, in viola, si vede un certo numero di onde variamente orientate; nella parte centrale la loro scomposizione; a destra il risultato ottenuto totalizzando le componenti orizzontale e verticale delle onde incidenti.     

Étienne-Louis Malus

Torniamo adesso al lavoro di Malus. A seguito della sua scoperta inizia a studiare gli effetti di rifrazione e riflessione della luce polarizzata, ovvero di luce composta solo da onde che giacciono su un unico piano per volta. Le leggi di Snell che descrivono gli angoli di riflessione e rifrazione (ordinaria) rimangono sempre valide, indipendentemente dall'angolo di polarizzazione della luce incidente. Ciò che cambia sono le intensità: la luce che incide su un materiale trasparente viene in parte riflessa e in parte rifratta, ma queste proporzioni variano al variare della polarizzazione della luce.

Nel 1810 Malus pubblica le sue scoperte, in cui descrive il comportamento della riflessione e rifrazione su diversi materiali tenendo conto di questo nuovo concetto delle onde polarizzate. I suoi risultati sono corretti per quanto riguarda l'acqua, ma non per il vetro; ma non per colpa sua: a quei tempi il vetro non veniva ancora prodotto con le necessarie caratteristiche di precisione ottica (in particolare, molte lastre di vetro dell'epoca esibivano un diverso coefficiente di rifrazione sulle superfici rispetto al loro interno).

Il testimone passerà ad altri eminenti personaggi, di cui parlerò nella prossima puntata. Resta comunque aperta la questione di fondo: di cosa è fatta la luce? Corpuscoli od onde? Gli scienziati erano ancora convinti di poter spiegare tutto in base ai corpuscoli, poiché ormai era chiaro che fosse impossibile farlo con le onde longitudinali. D'altra parte le onde trasversali ponevano una quantità di problemi teorici, a partire dal mezzo in cui si propagano. Come già accennato nella puntata precedente, il cosiddetto "etere luminifero", per consentire alle onde trasversali di viaggiare alla velocità della luce, avrebbe dovuto essere più rigido dell'acciaio; ma questo etere non rivelava la propria presenza in nessun tipo di esperimento scientifico a parte di quelli ottici.     

Esperimenti fatti in casa

Materiale occorrente:

— un cristallo di spato d'Islanda. Si trova nei negozi di minerali, costa intorno alla decina di euro.

— un filtro polarizzatore per macchina fotografica.

— un puntatore laser. Non lo vendono più come giocattolo, ma lo si trova nei negozi di articoli per ufficio; se ne trovano al prezzo di un'altra decina di euro.
Attenzione: non puntare mai il laser direttamente negli occhi, né propri né altrui!

Il primo esperimento consiste nel sistemare il cristallo di calcite su una scritta stampata, ottenendo un effetto di sdoppiamento simile a quello di cui ho parlato qui sopra. Sovrapponendo il filtro polarizzatore al cristallo, e facendolo ruotare, si vede un effetto di questo genere:

Calcite e Polarizzatore

La luce che illumina la scritta passa attraverso il cristallo dividendosi in due fasci a diverse polarizzazioni, ortogonali fra loro. Il filtro consente di vederne uno solo per volta, quando l'allineamento fra il piano di polarizzazione di uno dei fasci e il filtro sono perfettamente coincidenti, oppure entrambi i fasci quando il filtro è ruotato in una posizione intermedia fra gli angoli di polarizzazione dei due fasci di luce.


Secondo esperimento: invece di sfruttare la luce ambientale, usiamo un raggio laser in una stanza buia. Per fare le foto che seguono ho sistemato le cose in questo modo:

Calcite 1

Il raggio di luce generato dal puntatore laser A viene fatto passare attraverso il filtro polarizzatore B; poi, attraverso la maschera C dotata di un piccolo foro circolare (l'uscita del mio raggio laser non è perfettamente puntiforme, e ha bisogno di essere "ritagliato"), raggiunge il cristallo D per proiettarsi sullo schermo E. (Ringrazio la signora aldoaldoz per avermi concesso in prestito d'uso le mollette da bucato, indispensabili per tenere acceso il puntatore laser e per tenere al loro posto tutti gli oggetti mostrati nella fotografia).

Ecco il risultato dell'esperimento:

Calcite 2

In basso tre foto della luce proiettata sullo schermo, fatte con un diverso orientamento del filtro polarizzatore; in alto, il cristallo fotografato durante l'esperimento: si vede qualche alone di luce rossa, dovuto a fenomeni di diffrazione che si manifestano sulle superfici del cristallo.     

Prossimo capitolo: Interferenza

Ottica: Etere Luminifero

Sommario:

+ Introduzione
+ Riflessione
+ Rifrazione
+ Diffrazione
+ Cannocchiale e Aberrazione sferica
+ Dispersione e Telesopio di Newton
– Etere Luminifero
      Il vuoto
      Il barometro di Torricelli
      Otto von Guericke
      Propagazione delle onde
      Onde Longitudinali
      Onde Trasversali
      La Luce: onde o corpuscoli?
      Fisica nel Vuoto
+ Birifrangenza e Polarizzazione
+ Interferenza
+ L'arcobaleno

Il vuoto

Il vuoto è qualcosa che ha incuriosito i "filosofi della natura" fin dalla più remota antichità... e non è che gli scienziati di oggi ne sappiano proprio tutto tutto tutto! (leggete qui sotto per qualche considerazione aggiuntiva sul vuoto, anche se un po' fuori tema).

Il personaggio forse più notevole della Grecia antica è Democrito, proprio quello che già aveva immaginato gli atomi. Ebbene, per lui questi si spostavano liberamente nel vuoto, muovendosi di moto rettilineo uniforme fino a quando non andavano ad urtare altri atomi (con questo anticipava di quasi duemila anni il moderno principio d'inerzia).

Purtroppo la teoria di Democrito fu eclissata da quel mostro sacro di Aristotele. Secondo il quale il moto dei corpi era dovuto non alla propria inerzia, o come si direbbe oggi alla sua quantità di moto; piuttosto la causa del movimento dei corpi era nel "mezzo" in cui essi si muovevano: secondo Aristotele un proiettile, una volta scagliato, proseguirebbe nel moto perché spinto dall'aria che continuamente si precipita ad occupare il vuoto lasciato dal proiettile al suo passaggio.

Secondo Aristotele, inoltre, la velocità dei corpi era inversamente proporzionale alla densità del mezzo che attraversavano, per esempio più veloci nell'aria che nell'acqua. Conclusione: il vuoto, al quale ovviamente corrisponde una densità nulla, avrebbe significato velocità infinita; il che era impossibile. Da qui la convinzione aristotelica dell'impossibilità del vuoto : "Natura abhorret a vacuo&!"

L'argomento del vuoto fu affrontato anche nel mondo arabo, da due dei più noti personaggi dei secoli XI e XII secolo: Avicenna, che in qualche modo riprendeva le idee di Democrito; e Averroè che, avendo scritto numerosi commenti sulle opere di Aristotele, più o meno ne ricalcava le posizioni.     

Il barometro di Torricelli

Come si sa le idee di Aristotele pervasero la storia della scienza fino a tutto il XVI secolo. Persino Galileo aveva problemi ad ammettere il vuoto, mentre Cartesio, ancora nel 1644, nei suoi Principia Philosophiae sosteneva l'inesistenza del vuoto. Ma in quello stesso anno Evangelista Torricelli, collaboratore di Galileo, fece il celeberrimo esperimento con cui inventò il barometro:

Barometro di Torricelli Barometro di Torricelli

Torricelli riempì con del mercurio un tubo di vetro lungo circa un metro e sigillato a un'estremità, poi lo capovolse in modo che l'imboccatura si immergesse in una bacinella contenente lo stesso materiale. Il risultato è noto: il livello del mercurio nella provetta scende fino a portare in equilibrio le forze dovute alla pressione atmosferica (A) e al peso del mercurio (Hg). La grande novità era... il volume della provetta in alto, non più riempito da mercurio: che cosa ci poteva esserci lì dentro? Assolutamente niente... ecco, lì era stato creato il vuoto!     

Otto von Guericke

L'esperimento di Torricelli fece il giro d'Europa in brevissimo tempo, anche perché era una esperienza relativamente facile da replicare. E qui entra in gioco un altro personaggio notevole, Otto von Guericke (1602-1686): fu un politico, giurista e scienziato tedesco, che nel 1650 inventò la prima pompa in grado di creare il vuoto (una specie di pompa da biciclette, ma con il funzionamento invertito).

Von Guericke si rese subito conto delle enormi forze provocate dalla pressione atmosferica, e trovò un modo molto scenografico di dimostrarle:

Emisferi di Magdeburgo

Fece infatti costruire due semisfere in bronzo, le unì grazie a una guarnizione e produsse il vuoto al loro interno per mezzo della pompa che aveva inventato. Disposte otto coppie di cavalli, quattro per parte, non fu possibile separare le semisfere; ma poi, fatta rientrare l'aria all'interno, le due semisfere si separarono da sé!

Von Guericke, oltre a mettere in atto questo e altri esperimenti, investigò le proprietà del vuoto: per esempio scoprì che una candela nel vuoto si spegne, e che gli animali non riescono a sopravviverci. Ma la scoperta cruciale dal punto di vista dell'ottica fu la seguente:

Sveglia... sotto Vuoto!

con un esperimento simile a questa foto, si rese conto che la luce poteva attraversare il vuoto, ma il suono no; rumori generati all'interno di un contenitore in cui fosse generato il vuoto non si propagavano all'esterno.     

Propagazione delle onde

Certo ora sarebbe andare un po' troppo fuori tema se parlassi del suono... comunque qualche accenno lo considero necessario.

Gli studi iniziano nell'antica Grecia, già a partire da Pitagora che studia i rapporti numerici fra le altezze delle note: Pitagora metterà poi questi rapporti in relazione con le grandezze delle sfere celesti, da cui la famosa "armonia delle sfere"!

Il primo moderno ad occuparsene fu, manco a dirlo... Galileo Galilei, forse anche perché suo padre Vincenzo era un compositore e teorico musicale. Fra le altre cose, Galileo studiò le corde vibranti e riconobbe il legame fra altezza del suono e la sua frequenza. Nello stesso periodo, proprio quel Marin Mersenne che abbiamo incontrato al tempo della disputa fra Fermat e Cartesio a proposito della rifrazione della luce, misura la velocità del suono nell'aria. E il Von Guericke? Dopo avere scoperto che il suono non si propaga nel vuoto, scoprì che invece lo faceva molto bene sia nei liquidi che nei solidi.

Per quanto riguarda la propagazione del suono, c'era la convinzione praticamente unanime sul fatto che si trattasse di onde; le quali si propagano sempre in un mezzo, qualunque esso sia... e proprio la scoperta che il suono non si propaga nel vuoto ne era un'ulteriore prova.     

Onde longitudinali

Eccoci a parlare di onde... ma cosa sono esattamente? Ne esistono di un solo tipo?

Cominciamo dal caso più semplice: la propagazione del suono nell'aria. Ammettiamo che l'aria sia fatta da una serie di "bolle" che si sfiorano l'una con l'altra; causando un movimento nella prima bolla, tale movimento si propaga a quelle vicine:
Onda lineare

Questo è a grandi linee ciò che succede nella propagazione del suono nell'aria, in cui le onde si propagano in modo "longitudinale", cioè la perturbazione si propaga nella stessa direzione in cui si muovono le bolle stesse.

A proposito della nostra fila di bolle però possiamo generare un altro tipo di movimento:

Onda trasversale in aria

Qui il movimento viene generato in direzione perpendicolare alla linea di propagazione che vogliamo studiare. La bassa viscosità dell'aria fa sì che questo movimento venga propagato di pochissimo alle bolle adiacenti, di fatto impedendo a questo tipo di perturbazione di propagarsi.     

Onde trasversali

Ma se invece dell'aria usiamo una barra metallica? Ebbene, tirando una martellata in senso longitudinale, la vibrazione si propaga più o meno come nell'aria. Se il colpo viene dato in senso trasversale alla barra metallica, si ottiene invece un effetto molto più significativo che nell'aria:

Onda trasversale in un metallo

La martellata data in questo modo genera un'onda "trasversale", cioè un'onda in cui la perturbazione si propaga in modo perpendicolare rispetto al movimento delle singole parti della barra di metallo. Detto in altre parole, i singoli pezzetti della barra oscillano sulla loro posizione verticale, mentre la perturbazione trasla da sinistra a destra, in orizzontale.

Nei liquidi, e ancor più nei solidi, le onde longitudinali e trasversali coesistono senza problemi. E questo è proprio ciò che accade anche nei terremoti!     

La Luce: onde o corpuscoli?

Abbiamo parlato di vuoto, di onde che non si propagano nel vuoto, e che si muovono in modo longitudinale o trasversale a seconda del mezzo in cui si propagano... ora non resta che tornare a parlare della Luce.

A questo punto le ipotesi sulla natura della luce sono ben tre:

— La luce è costituita da corpuscoli (Newton), e questo ne giustifica la propagazione nel vuoto;

— La luce è costituita da onde longitudinali (Huygens), il quale spiega in questo modo alcuni fenomeni come riflessione e rifrazione. Tali onde si propagherebbero in un "Etere Luminifero" che permea tutto l'universo: morbido quanto basta per non essere avvertito in altro modo, ma con altre caratteristiche "su misura" tali da giustificare la trasmissione della luce;

— La luce è costituita da onde trasversali. Per il momento nessuno la considera un'ipotesi plausibile, perché questo tipo di onde richiederebbe un tipo di etere "solido": per giustificare la velocità di propagazione della luce, che ancora non era stata misurata ma che si sapeva comunque essere molto elevata, ci sarebbe voluto un etere più duro dell'acciaio, e al contempo "sottile" al punto da non essere avvertito.     

La fisica del vuoto

Questa sezione è un po' fuori tema, ma devo giustificare la mia frase impertinente, secondo cui i fisici non avrebbero ancora capito proprio tutto tutto del vuoto. Qui di seguito descrivo alcuni fatti che, per quanto apparentemente bizzarri e difficili da "digerire", sono stati davvero verificati!

In nessun angolo dell'universo si può dire che esista uno spazio totalmente vuoto. Se anche non contenesse neanche un atomo, una certa regione di spazio sarebbe comunque attraversata da fotoni di luce, neutrini, campi gravitazionali, e chissà quante altre cose.

Ammettiamo per ipotesi di riuscire a realizzare una camera a vuoto totalmente priva di materia al suo interno. Le pareti della camera a vuoto comunque emettono luce sotto forma di raggi infrarossi; allora si può dire che il vuoto ha una particolare temperatura, ovvero una certa quantità di energia: non possiamo ancora dire di aver ottenuto un vuoto perfetto.

Ammettiamo allora di portare la camera a vuoto a una temperatura pari allo zero assoluto: in queste condizioni i fotoni non vengono più generati, quindi saremmo tentati di dire che abbiamo finalmente ottenuto uno spazio completamente vuoto, privo sia di particelle che di energia. Ma a causa del principio di indeterminazione di Heisenberg, l'energia non può non essere soggetta a fluttuazioni: ecco quindi un ribollire di coppie di particelle virtuali, che nascono e si annichiliscono in continuazione.

Insomma il vuoto viene interpretato dalla meccanica quantistica come un equilibrio dinamico di particelle di materia e di antimateria in continua generazione e annichilazione. Ciascuna di queste particelle va interpretata secondo la dualità onda-particella... per cui ecco, proprio a proposito di onde, è giunto il momento di descrivere un fatto teorico (verificato dalle esperienze di laboratorio) veramente straordinario!


In uno spazio vuoto di dimensioni infinite, qualsiasi particella, reale o virtuale che sia, può vibrare a qualsiasi lunghezza d'onda. Ma in uno spazio limitato, come in una camera a vuoto, le onde-particelle possono vibrare solo a lunghezze d'onda che siano multiple e sottomultiple della distanza fra le pareti.

Immaginiamo allora la seguente situazione: all'interno della camera a vuoto poniamo una coppia di placche conduttrici, molto vicine fra loro. Le onde che si possono generare fra le placche (quindi in uno spazio stretto) sono soggette a maggiori vincoli rispetto a quelle che si generano in tutto il resto della camera a vuoto; in altre parole, sono molte di più le lunghezze d'onda consentite all'esterno delle placche che al loro interno:

Effetto Casimir

Questo vuol dire che la densità di energia all'esterno delle placche è superiore alla densità presente al loro interno, cosa che si traduce in una differenza misurabile di pressione: questo fenomeno ha il nome di "effetto Casimir", dal nome del fisico olandese Hendrik Casimir (1909-2000).

Ricapitolando, se in una camera a vuoto mettiamo due placche sufficientemente vicine, si riesce a misurare una differenza di pressione fra l'interno e l'esterno delle placche stesse. Ma come può il vuoto generare una differenza di pressione fra un "dentro" e un "fuori" che sono in comunicazione fra loro? Misteri... della meccanica quantistica!

Dell'effetto Casimir sono state fatte varie misurazioni sperimentali; ma date le difficoltà pratiche (dovute alle distanze fra le placche, che devono essere nell'ordine del millesimo di millimetro, e al bassissimo valore delle forze in gioco) la conferma definitiva non si è avuta prima del 1997: il Casimir ha quindi fatto in tempo a vedere confermata la sua teoria!     

Prossimo capitolo: Birifrangenza e Polarizzazione