Numeri Transfiniti: l'ipotesi del Continuo

Sommario:

+ I numeri Naturali
+ Ancora Aleph-zero
+ Il contesto storico
+ Oltre Aleph-zero: il Continuo
– L'ipotesi del Continuo
      Numeri transfiniti più grandi
      c & Aleph-uno
      L'ipotesi del Continuo
      Questioni... teologiche!

Riassunto delle puntate precedenti:

— La Cardinalità, o Potenza, dell’insieme dei Numeri Naturali si indica con la sigla Aleph-zero.
— Aleph-zero è il più piccolo Numero Transfinito.
— Esiste un insieme di numeri (i Numeri Reali) che ha Potenza maggiore di Aleph-zero: si tratta del "Continuo", che si indica con la lettera c.

Numeri transfiniti più grandi

Georg Cantor, nel Teorema che porta il suo nome, afferma che dato un insieme di qualsiasi potenza (ovvero contenente un numero qualsiasi di elementi), esiste sempre un insieme di potenza maggiore. Quindi da un punto di vista logico non c’è limite alla potenza o cardinalità degli insiemi infiniti: così come nei Numeri Naturali esiste sempre il successore di qualsiasi numero, anche da qualsiasi insieme infinito si riesce a ricavare un infinito "più grande"; e dato che la potenza degli insiemi infiniti viene identificata con i Numeri Transfiniti (Aleph-zero, Aleph-uno, Aleph-due e così via), è logico dedurre che i Numeri Transfiniti... sono infiniti anch’essi!

Vediamo da vicino questo Teorema di Cantor. Dato un insieme A, la dimostrazione viene fatta prendendone in esame le "parti", ovvero i possibili sottoinsiemi di A: questi ultimi saranno sempre in numero superiore rispetto agli elementi di A.

Iniziamo con un esempio semplice: diciamo che l’insieme A contenga due bocce, una rossa e una blu. Se ci venisse detto di prendere da questo insieme "le bocce che vogliamo", potremmo sceglierne una sola (la rossa o la blu), entrambe (la rossa E la blu), oppure potremmo decidere di non prenderne nessuna. Totale: quattro possibili "parti", o sottoinsiemi, a partire dall’insieme A di due elementi.

Allo stesso modo, se le bocce fossero tre, rossa blu e verde, potremmo sceglierne una soltanto (rossa o blu o verde), due (escludendo la rossa, la blu o la verde), prenderle tutte e tre oppure non prenderne nessuna. Totale: otto sottoinsiemi a partire da un insieme contenente tre elementi.

Le parti, o sottoinsiemi, di un insieme contenente n elementi, sono quindi sempre in numero di 2ⁿ. Infatti 2² = 4, 2³ = 8 (casi già visti); ma anche 2¹ = 2 (se l’insieme ha un solo elemento, possiamo prenderlo o non prenderlo). Infine 2º = 1: se l’insieme è vuoto, possiamo solo scegliere di prenderne una "parte" costituita da un altro insieme vuoto; comunque è una possibilità reale: insomma, da un insieme che ha 0 elementi si può sempre ricavare 1 sottoinsieme (vuoto).

Sottoinsiemi

In questa immagine sono rappresentati tutti gli insiemi di cui abbiamo parlato, di 0, 1, 2 e 3 elementi, i cui contenuti sono indicati fra le parentesi graffe in nero; il numero in nero alla loro sinistra indica la potenza, o cardinalità, dei rispettivi insiemi.
I numeri in grigio a destra della riga verticale indicano il numero delle Parti, o dei possibili sottoinsiemi, degli insiemi suddetti: ciascun sottoinsieme è racchiuso fra parentesi graffe di colore nero, mentre le parentesi graffe di colore grigio indicano che ogni espressione a destra della riga nera verticale rappresenta un insieme di insiemi.


Ricapitoliamo quanto detto finora: nessun insieme finito può essere messo in corrispondenza biunivoca con l’insieme delle sue parti (sottoinsiemi), poiché le parti sono sempre in numero maggiore degli elementi dell’insieme.

Resta ora da capire se questo sia vero anche per gli insiemi infiniti. Sembrerebbe ovvio dire di sì; ma abbiamo già visto come, quando si ragiona di infinito, non si può dare niente per scontato: infatti i soli numeri pari, o i fattoriali e qualsiasi altra serie infinita di numeri apparentemente meno numerosi; e i numeri razionali, i numeri algebrici e altre serie via via "più numerose", hanno tutte la potenza dei Numeri Naturali, ovvero danno tutti luogo a insiemi equipotenti di cardinalità Aleph-zero. Non potrebbe allora essere che abbia la stessa cardinalità anche l’insieme delle parti (sottoinsiemi) dei Numeri Naturali? Ovvero, non sarà che le parti di un insieme di potenza Aleph-zero possano essere tranquillamente contate?

La dimostrazione di Cantor è assolutamente simbolica (direi "astratta"): per far capire come funziona ne illustro solo un esempio "pratico", più facilmente comprensibile.

Ammettiamo di creare l’insieme B di tutti i possibili sottoinsiemi dei Numeri Naturali A, e di averli messi in corrispondenza biunivoca con i Numeri Naturali stessi. La cosa potrebbe essere così:

A — B
-----------------------------------
1 — { 1, 2 }
2 — { 3, 5, 6 }
3 — { 7 }
4 — { 1, 2, 4, 8, 9 }
5 — { 2, 6, 7 }
6 — { 5, 6, 7, 8 }
....................................

A sinistra l’insieme dei Numeri Naturali (identificato in alto dalla lettera A); a destra l’insieme (identificato dalla lettera B) di tutti i possibili sottoinsiemi di A (le parentesi graffe come al solito indicano un insieme); i trattini indicano la corrispondenza biunivoca fra i membri degli insiemi A e B.

Possiamo ora creare un particolare sottoinsieme dei Numeri Naturali: questo dovrà contenere solo quei numeri che non sono presenti nel loro sottoinsieme corrispondente. Quindi (vedi la tabella sopra): il numero 1 è presente nell’insieme { 1, 2 } e non ne farà parte, mentre il 2 non è presente in { 3, 5, 6 }; allora i primi numeri di questo nuovo insieme saranno { 2, 3, 5 ... }.

Questo nuovo insieme, identifichiamolo con la lettera Z, contenendo solo Numeri Naturali, è un sottoinsieme dei Numeri Naturali stessi, quindi fa senz’altro parte di B (che è l’insieme di tutti i possibili sottoinsiemi dei Numeri Naturali), quindi deve comparire da qualche parte nell’elenco di destra della tabella mostrata sopra; di conseguenza, sarà anche associato a un qualche Numero Naturale, tra quelli presenti nell’elenco di sinistra: diciamo che tale numero sia Y.

Ora ci dobbiamo porre la seguente domanda: il numero Y fa o non fa parte dell’insieme Z, ovvero del suo insieme corrispondente?

— Se diciamo che Y è compreso in Z, in realtà non dovrebbe farne parte (per come è costruito Z);

— Se diciamo che Y non è compreso in Z, in realtà dovrebbe farne parte (per come è costruito Z).

Ecco quindi una contraddizione, che ci fa capire che il numero Y non può esistere. Allora esiste almeno un elemento B che non può essere messo in corrispondenza con un elemento di A: l’insieme B quindi ha potenza maggiore dell’insieme A.

Questo nuovo insieme ha cardinalità Aleph-uno; e da questo, applicando lo stesso procedimento, potremo ricavare altri insiemi di cardinalità Aleph-due, Aleph-tre... ecc..     

c & Aleph-uno

Ricapitoliamo:

— Aleph-zero è la cardinalità dell’insieme dei Numeri Naturali
c è la cardinalità del Continuo
— Aleph-uno è la cardinalità dell’insieme delle parti di un insieme di potenza Aleph-zero

Domanda: che rapporto c’è fra c e Aleph-uno? Ebbene, si può dimostrare che rappresentano insiemi assolutamente equipotenti, quindi c = Aleph-uno.

Riprendiamo in esame gli insiemi definiti più sopra: A (dei Numeri Naturali) e B (delle parti, o sottoinsiemi, dei Numeri Naturali stessi). Ogni elemento di B è un insieme costituito da uno, o più (o tutti, o nessuno) elemento di A. Associando a ciascuno dei possibili elementi di un sottoinsieme di B due valori: 0 – assente, 1 – presente, possiamo tradurre gli esempi mostrati sopra nel seguente modo:

{ 1, 2 } — 110000000... (presenti solo primo e secondo elemento)
{ 3, 5, 6 } — 001011000... (presenti terzo, quindi e sesto)
{ 7 } — 000000100... (presente solo il settimo)
{ 1, 2, 4, 8, 9 } — 110100011... (presenti il primo, secondo, quarto, ottavo e nono)
................

Così come gli elementi di B erano tutte le possibili combinazioni (sottoinsiemi) degli elementi di A, così queste serie di cifre 0 e 1 rappresenteranno tute le possibili combinazione di zeri e uni, impacchettati in "stringhe" di lunghezza infinita.

Ora possiamo fare il passo conclusivo: davanti a queste stringhe di zeri e uni mettiamo un "zero-virgola".

0,110000000
0,001011000
0,000000100
0,110100011

Tutti questi possono essere intesi come numeri frazionari espressi nel sistema binario. A differenza dei numeri in notazione decimale, in cui la prima cifra dopo la virgola rappresenta i decimi, la seconda i centesimi, la terza i millesimi e così via, nei numeri binari la prima cifra rappresenta metà, la seconda un quarto, la terza un ottavo e così via. Quindi i numeri qui sopra valgono:

0,110000000 — 1/2 + 1/4 = 0,75
0,001011000 — 1/8 + 1/32 + 1/64 = 0,171875
0,000000100 — 1/128 = 0,0078125
0,110100011 — 1/2 + 1/4 + 1/16 + 1/256 + 1/512 = 0,818359375

Abbiamo convertito quindi tutti i possibili sottoinsiemi dei Numeri Naturali in tutte le possibili stringhe di lunghezza infinita di zeri e uni. Nella loro rappresentazione binaria, queste stringhe di zeri e uni rappresentano ogni possibile Numero Reale compreso fra zero e uno: ecco quindi com’è che la potenza, o cardinalità, dell’insieme delle Parti (sottoinsiemi) dei Numeri Naturali è esattamente la stessa del Continuo, ovvero dell’insieme di tutti i Numeri Reali compresi fra zero e uno.     

L'ipotesi del Continuo

Adesso viene una domanda molto interessante. Siamo sicuri che questi numeri trasnfiniti c = Aleph-uno siano l'immediato successore di Aleph-zero?

Possiamo porre la domanda in un altro modo. Si potrà mai trovare un insieme infinito che abbia una potenza strettamente compresa fra gli insiemi dei Numeri Naturali e dei Numeri Reali? Ovvero, un insieme che non possa essere contato dai Numeri Reali, ma che non possa a sua volta "contare" il Continuo?

Cantor ha passato gli ultimi anni della sua vita a cercare di dimostrare questa che i matematici chiamano "ipotesi del Continuo", cioè che non esista nessun insieme infinito compreso fra quelli dei numeri naturali e dei numeri reali, ma senza riuscirci. E abbiamo già accennato come David Hilbert abbia incluso proprio questo teorema al primo posto fra i suoi "23 problemi" al Congresso di Parigi del 1900.

Il problema si è rivelato davvero difficile da aggredire, tant’è che solo nel 1940 Kurt Gödel (toh, chi si rivede!) ha dimostrato che non è dimostrabile la falsità dell’ipotesi del Continuo. Sembra un passo incoraggiante: se non è possibile che l'ipotesi sia falsa, allora dovrebbe essere vera...

... Invece nel 1963 Paul Cohen ha dimostrato che è impossibile dimostrare che l’ipotesi del Continuo sia vera! Ecco quindi saltar fuori un’antinomia, un enunciato che porta a conclusioni contraddittorie! Solo che, a differenza del paradosso di Russell, che rivelava un’antinomia in una cosa che sembra (almeno a noi comuni mortali) più una pignoleria che un problema reale, adesso l’antinomia salta fuori dallo studio dei numeri, cioè al livello più basilare di tutto ciò che è matematica.

L'unione dei risultati di Gödel e di Cohen diviene un esempio "pratico" di quelle proposizioni indecidibili che Gödel aveva precedentemente dimostrato esistere nel suo Secondo Teorema di Incompletezza. Per il suo risultato, Cohen ricevette nel 1966 la Medaglia Fields, ovvero la massima onorificenza per matematici di età inferiore ai quarant'anni.

A proposito delle dimostrazioni di Gödel e Cohen, ho chiesto lumi a un professore universitario mio amico che insegna proprio questo genere di cose. In sostanza la domanda era se tali dimostrazioni potessero essere comprese anche da uno come me, non del tutto digiuno di matematica, ma pur sempre un dilettante. La risposta è stata le seguente:
Le dimostrazioni di Gödel e Cohen sono difficili anche per me... Le idee le conosco, ma certi dettagli tecnici nemmeno io li afferro completamente. Certo, studiandoli per bene, penso che ce la farei!

L'idea di Gödel si puo' anche descrivere abbastanza facilmente, ma dimostrarla con tutti i crismi non è una passeggiata. L'idea della dimostrazione di Cohen invece si puo' dare solo vagamente e, per apprezzarla appieno, bisognerebbe entrare in dettagli sofisticati; dare poi la dimostrazione completa... non ne parliamo!
Ho deciso di lasciar perdere...


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L'insieme di idee che i personaggi di cui ho parlato in queste pagine è riuscito a mettere insieme è una delle vette massime raggiunte dall'umanità. Non ha importanza se il risultato alla fine sia un apparente "nulla di fatto", con queste antinomie che saltano fuori da tutte le parti. Sono assolutamente d'accordo con Carl Jacobi, che scrisse:
"L'unico scopo della scienza è l'onore dello spirito umano; a questo titolo una questione sui numeri vale quanto una sul sistema del mondo"
La potenza dei procedimenti logici avviata da Cantor con il suo approccio agli insiemi infiniti si è rivelata davvero formidabile, anche se molti matematici suoi contemporanei non l’hanno subito apprezzata. In mezzo a dispute anche aspre su questo argomento, David Hilbert ebbe a dire:
"Nessuno ci scaccerà dal Paradiso che Cantor ci ha procurato!"     


Questioni... teologiche!

Voglio finire questa dissertazione con un paio di aneddoti che riguardano Galileo e Cantor alle prese con l'infinito, questo concetto non solo numerico, ma anche filosofico e, soprattutto, teologico.

Il concetto di infinito inizia ad essere sfruttato in teologia da Nicola Cusano (1401-1464) che confronta in varie occasioni l’infinità di Dio con la finitezza degli uomini, e l’intelletto (finito) con la Verità (infinita). A lungo andare quindi l’infinito ha condensato un sacco di attributi divini... diventando un termine da usare con le molle.

Come abbiamo visto Galileo Galilei si è imbattuto in alcuni ragionamenti logici che riguardano l’infinito; ma la sua mancanza di coraggio nell’arrivare alle loro estreme conseguenze forse è da ascrivere al timore di dare altri argomenti all’inquisizione... con cui aveva già i suoi bei problemi! Non va dimenticato che pochi anni prima, nel 1600, Giordano Bruno era stato condannato al rogo anche per aver detto "È dunque l'universo uno, infinito, immobile...", mentre secondo l’inquisizione (il cardinale Roberto Bellarmino, Dottore della Chiesa, è quello che condannò sia Giordano Bruno che Galileo) l’universo è finito e gira, mentre è la terra a stare immobile.

Anche Cantor si pose qualche problema al momento di divulgare le sue teorie sugli insiemi infiniti, soprattutto per quanto riguarda l’esistenza di infiniti di varia grandezza. Da buon cristiano si chiese se usare il termine infinito non avrebbe disturbato la gerarchia ecclesiastica; era la fine dell'ottocento, non c'era più pericolo di andare al rogo, però volle comunque sapere che cosa avrebbe pensato di questo fatto la gerarchia cattolica. Andò in Vaticano, portò i suoi lavori al Santo Uffizio, che era governato da un cardinale tedesco, a cui disse: "Eminenza io ho qui lavori di matematica che mi dicono che ci sono più infiniti, in realtà tanti infiniti". Il cardinale disse: "Insomma io la matematica non la conosco... mi lasci i suoi lavori, che li faccio studiare ai miei segretari".

I segretari erano dei domenicani, che si presero due anni, perché ovviamente hanno dovuto cominciare a studiare la teoria degli insiemi da zero. Dopo due anni dissero al cardinale: "Secondo noi non c'è problema, non c'è pericolo per la fede". Allora Cantor venne convocato in Vaticano e il cardinale del Santo Uffizio gli disse: "Guardi lei può parlare di questi infiniti, purché non li chiami infiniti, perché effettivamente questo darebbe una brutta idea teologica, cioè farebbe una connessione con la divinità". Allora Cantor scelse il nome "transfiniti"; ma, per ironia della sorte, i matematici preferiscono chiamarli con il nome di... numeri Cardinali!

Il cardinale del Santo Uffizio si era anche fatto l’idea che dopo tutti questi transfiniti, là, alla fine, ci fosse il vero infinito assoluto. Chiese a Cantor cosa ne pensasse: "Per noi matematici quello non c'è. Non esiste un infinito assoluto per i matematici, perché ciò sarebbe contraddittorio". Al che il cardinale rispose: "Va bene: quello lì è nostro!".     

4 commenti:

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  2. MODIFICA:
    OPOTESI DEL CONTINUO
    Cantor dimostra che l’insieme dei numeri razionali è numerabile e assegna primo grado di cardinalità , dimostra che l’insieme dei numeri reali non è numerabile e assegna secondo grado di cardinalità.
    Ipotesi del continuo:
    non esistono sottoinsiemi fra i razionali e i reali
    Kurt Gödel prova che l ‘ ipotesi del continuo non può essere dimostrata come falsa.
    Paul Cohen prova che l’ ipotesi del continuo non può essere dimostrata come vera.
    Lemma:
    Ogni numero reale può essere approssimato per eccesso e per difetto da numeri razionali.
    Se conveniamo di rappresentare i reali in terne di tre elementi così composto:
    1. (Numero razionale minore di R), Numero reale , (Numero razionale maggiore di R)
    Questo insieme è numerabile con lo stesso procedimento usato da Cantor per l’insieme dei razionali.
    Gli irrazionali sono un sottoinsieme numerabile fra i razionali e i reali e quindi l’ ipotesi del continuo è falsa.
    Chi pensate che abbia ragione ?

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    1. Per mappare i reali in questo modo non ti basta prendere un intervallo tra due razionali (in cui cadono infiniti irrazionali) ma dovresti poter prendere il piu piccolo razionale che approssima un numero irrazionale per eccesso ed il più grande che lo approssima per difetto, che non esistono perchè i razionali non soddisfano l'assioma di Dedekind. Avevo pensato anch'io ad un processo del genere, ma purtroppo non è così semplice!

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  3. L'insieme che ha veramente la potenza del continuo sono gli irrazionali trascendenti, gli irrazionali algebrici sono numerabili(I razionali si possono vedere come un caso particolare di numeri algebrici). Bisogna poi distinguere il numero irrazionale in sè dalle sue approssimazioni.

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